domenica 24 giugno 2018

DÜW 221 RIVOLUZIONE NEI CERVELLI

Forse è questo lo scopo non dichiarato di queste "cure" in cui tutti fanno le stesse identiche cose: fare tornare i vecchi, notoriamente individualisti, dei soldatini servizievoli ancorché lentissimi, ma forse questo è il segreto: un cervello che naviga veloce mal si adatta ad una vecchia carenatura piena di fessure da cui circolano orrendi spifferi. Se resto qui un paio di mesi ancora divento anch'io un trottapiano e voglio vedere dopo, al ritorno alla cosiddetta vita normale, quanta me ne resterebbe da investire a ritmi accettabili.


DÜW   221   XV


"Non hai un soldo, ti si legge in faccia.
Che gusto ci provi a chiedermi quanto voglio
da te questa sera?"
La puttana si è fermata sotto un lampione;
si abbassa per guardarmi bene, indugia.
"Costo salata: duecento euro col guanto,
non faccio niente senza preservativo."
Ridacchia, si gira, non le interesso più.
Lei non sa che non sono
i soldi il mio problema, è la sifilide
che mi ha massacrato. Non funziona
più niente, tutto marcio il mio sangue
e da lì sotto esce soltanto pus.
Un Maserati biturbo se la tira dentro.
Dove vado con la mia Abarth?
Mi fermo al buio dopo cento metri e aspetto.
Ci mette un'ora. La biturbo sgomma.
Lei mi vede e si avvicina.
"Ci hai ripensato? Dai, ti faccio per la metà.
Sei l'ultimo stanotte; poi me ne vado a casa."
"Dove hai la macchina?" chiedo.
"Chiamo un taxi". "Ti accompagno io stanotte."
"A casa non ti faccio entrare."
"C'è il tuo amante? Un russo? Un marocchino?"
"C'è il mio bambino con mia sorella
che lo guarda. Non ho il lenone."
Sta un attimo zitta, poi siede accanto a me.
Non le chiedo nulla, solo dove devo portarla.
Incomincia a parlare senza pause.
"Avevo sedici anni, andavo al liceo e lui
era bello come il figlio di Dio. Trenta anni,
sposato, il mio professore di latino.
Mi sono presa i calci di mio padre ma non gli
ho fatta la spia, altrimenti lo ammazzava.
Noi siamo di Olbia e lui era sposato.
Per questo mio padre lo avrebbe fatto
campare poco. Sono stata 
cacciata da casa. Arrivai con la nave
una mattina. Sono venuta a Roma
a fare la serva in un Bar, ma si vedeva
troppo la pancia. In ospedale ho presentato
documenti con dati falsi.
Dopo un mese già battevo. Mia sorella,
più piccola di me, scappò di casa, ma lei non
fa la mia vita. Fermati
che sono arrivata."
Casa carina, a tutto penseresti ma non
che dentro c'è una prostituta di nemmeno
venti anni.
"Ripassa domani sera dopo le ventidue.
Non pensare ai soldi: te la regalo, e grazie
per tutto."
Scende. Parto subito, ma vedo che saluta
alzando un braccio e agitando la mano
leggermente, come la pala
di un mulino a vento.


30   05   18




6 commenti:

  1. Che dirti, Vincenzo?
    Sei grande!
    Mi hai fatto venire dei dubbi però. Chi è da condannare secondo la stolta morale usuale? La puttana per il lavoro che fa o il padre che l'ha pestata e buttata fuori casa? O il trentenne sposato che si dilettava quasi di pedofilia?
    Oppure cliente che gentile sì ma mi deve spiegare come ha fatto a prendere la sifilide?

    Ciaooooo

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    1. Le dirò gentile fanciulla che la storia non me la sono inventata. Lei si chiamava Rosa Maria. Quando la conobbi io aveva trenta anni, suo figlio dodici. Io NON rto ammalato di sifilide, quella è una mia invenzione. Alle plurime domandi che tu poni risponderò ciò che penso.
      La morale usuale è ignominiosa.
      La puttana non aveva tante scelte ed ha optato per quella più rapida.
      Il padre era di una generazione opposta alla nostra-
      Il trentemme sposato faceva ribrezzo. Doppiamente colpevole: era una minorenne ed era una sua allieva.
      La sifilide si piglia in un unico modo, stella e penso che tu sia in grado di saperlo: andando in giro di notte nei boschi.
      Ciaoooooo.

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    2. Pensavo a realtà ma non alla tua realtà :)
      Sul resto sì, morale ignominiosa, falsa e bigotta.
      La puttana... a volte non v'era scelta diversa.
      Il padre altra generazione e il trentenne... da galera. Magari entrambi. Il trentenne qualche anno di più.
      Per la malattia so come si prende ma tu sai che le streghe si difendono bene... ahahahahahahahahah

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    3. To dirò una inconfessata verità: dopo sposato sono stato attentissimo a chi frequentavo. La cosa più odiosa per un uomo prendersi una malattia venerea ed appiccicarla alla madre dei suoi figli. Meglio un lavoretto solitario allora.

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  2. Straordinaria poesia. Uno spaccato di verità che con ipocrisia il mondo reale ignora catalogamdo tutto per comodi e vili stereotipi.

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    1. Come ho già risposto al commento di Patricia ho preso spunto da una realtà a me nota da tempi remoti. Una donna estremamente bella, educata e colta costretta a fare il mestiere più antico del mondo per mantenersi e soprattutto mantenere un bimbo di pochi mesi. Un bel giorno sparì. Chi sapeva disse che aveva trovato chi se l'era presa in moglie e portata all'estero, per ovvii motivi. Per me una persona non ipocrita ed intelligente, o forse semplicemente innamorato.

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