martedì 28 marzo 2017

QUELLA NOTTE


Cos'era quella notte?
Una come tante, ci mancherebbe;
si piegava l'erba nel prato fuori casa
compressa tra i fogli asciutti del vento
appena tinti di luna,
perché ci doveva essere il colore della luna
a sbiancare un po' tutto, la memoria
è lontana, troppo tempo passato
e certo era nuvolo o addirettura
sereno e senza luna e in cielo
quasi nemmeno stelle, ma vento
basso e teso ad avvolgere le radici
dell'albero di fico al centro
del cortile; una parvenza di tempo
sospeso tutto intorno in un'attesa
di qualcosa di diverso quella notte:
scendeva dai tetti lungo le
scarne facciate delle case,
si disperdeva al suolo penosamente.

E in quella notte c'eri tu
con entrambe le mani rattrappite 
sul calcio delle tua pistola d'ordinanza,
nel buio della tua cantina ad attendere
il coraggio di premere il grilletto.

Lei non più ad aspettarti, a consigliarti,
a seguirti, a vegliare su di te,
a consolarti col suo calore, a farti vibrare
col suo amore, la sua fedeltà;
lei sepolta un mese prima, andata via
senza potersi accomiatare
dai rottami della sua Alfa nuova
piantata dentro un camion.

Riesco soltanto a immaginare quale momento
della vostra vita comune tu cavalcavi
insieme a lei quella notte.
Indovino? La sera che io te l'ho presentata
sulla scalinata del Pincio. Pensavo
di farne la mia ragazza, ma ho visto
come lei ti guardava, e nei tuoi occhi
ho letto l'entusiasmo, tu che eri
il mio migliore amico di sempre.

Ho indovinato, sono sicuro. A quel momento
pensavi quando hai premuto con forza
il grilletto, tenendo gli occhi chiusi
per continuare un sogno.


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Maximiliansau, 14 marzo 2017

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domenica 26 marzo 2017

LE IMPRONTE DEL DOLORE


Non dovremmo mai seguire le impronte del dolore,
né percorrere la linea d'aria dell'odio
senza fermate intermedie per riflettere,
perché allora arriveremmo allo scontro
senza attenuanti qualunque fosse la ragione
della nostra sofferenza, senza poterci
tirare più indietro.

Si dice con linguaggio sonoro che non
vogliamo perdere la faccia, che troppo
già abbiamo sopportato, che non si può sempre
offrire l'altra guancia a chi ci assale
da tergo, a chi ci sovrasta con la sua potenza,
a chi ci preme la testa sotto una sua scarpa
con violenza, con rabbia, con sadismo.

Ma nemmeno vogliamo soltanto perdonare
e dimenticare chi ci ha offeso,
nemmeno possiamo voltare altrove la faccia.

Allora è senza uscita questo vicolo cieco
fangoso e oscuro, allora conviene battersi
ed esaurirsi in una lotta senza quartiere
destinata a non avere mai fine

perché quelli di noi che non sopravviveranno
potranno contare sui figli, sui nipoti,
che prenderanno il loro posto
e che questo sia il senso del progresso
o della decadenza non è motivo
sufficiente di ripensamento o di dubbio,

perché non ne abbiamo il tempo, perché questo
è oramai un lusso che non
ci possiamo permettere, e combattere si può
senza sapere per cosa. Lo abbiamo sempre
fatto, lo facciamo ogni momento. 


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Maximiliansau, 13 marzo 2017

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venerdì 24 marzo 2017

SOCIALMENTE PERICOLOSO


Socialmente pericoloso il migrante
che attraversa il Mare nostrum aggrappato
a un gommone stracarico di pezzenti come lui
senza avere mai nuotato, divorato
dalla salsedine, dalla paura, dalla fame.

Sulla sua pelle il marchio della negritudine
che in questo Continente di visi pallidi
viene evitato come colera.

Le sue mani a stento reggono la fune
gettata dal marinaio della Guardia Costiera
che indossa una maschera per non
ingoiare il suo fetore
e una tuta tutta bianca per non infettare
le sue unghie curatissime del sudore del negro.

È l'accoglienza che la terra dei civilizzatori
offre al miserabile che scappa dagli stenti;
poi a Lampedusa un centro di raccolta
con baracche fatiscenti, un materasso logoro,
acqua fredda, una latrina in comune,
per cibo pasta scotta, lunga, corta, sempre
col sugo di pomodoro a pranzo e a cena.

E poi la schedatura, le sbarre, le cancellate,
le impronte digitali e l'inumano disprezzo
di chi guarda pantegane da fogna
e non uomini giovani sempre e comunque
separati dalle loro donne, senza un possibile
contatto, senza calore umano: fraternizzare
in queste condizioni non si può.

E cosa sono queste frivolezze? Mangi pure
il nostro cibo, negro bastardo, chi ti ha chiesto
di venire? ma noi ti abbiamo strappato al mare
che voleva ingoiarti e adesso cosa chiedi,
cosa vuoi, cosa cerchi qui da noi?


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Maximiliansau, 12 marzo 2017

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martedì 21 marzo 2017

CORPI DENTRO DI ME


Corpi si liberano dentro di me
prendono forme diverse dalla mia lontano
da me, non riesco a fermarli,

mi piovono dentro 
da un cielo che non posso misurare per intero,

corpi che mi sfuggono davanti
in un prato recintato
da una muraglia di pali aguzzi.
Li rincorro, si fermano, ma quando
li raggiungo essi con un balzo spariscono
oltre la palizzata.

Entweder si beffano di me
oder non mi ritengono degno di stare
in loro compagnia.

Squame liberatesi dal mio guscio
le sento andar via al piccolo trotto
mormorando rimproveri
e accuse contro di me.

Da lontano mi arrivano
le loro risate di scherno mescolate
ad oscure maledizioni.


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Maximiliansau, 11 marzo 2017

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sabato 18 marzo 2017

ISPIRAZIONE


Sopra una tela appena pensata
si spande un colore inesistente,
traspare il niente che resta sospeso
davanti agli occhi all'infinito;

parole senza suono si rincorrono,
si incontrano, si legano
sgrammaticate, serie
di avverbi senza
punteggiatura.

Il limite estremo dell'intelligenza
non si lascia scoprire.

Sono vicino al punto di rottura,
raggiunto il quale rimarrò
lontano da tutto,
battello senza scafo all'orizzonte:

veloce scende una notte senza luna.


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Maximiliansau, 10 marzo 2017

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venerdì 17 marzo 2017

QUANTO BASTA


Ama la donna quanto basta, mai di più,
lascia una riserva del tuo amore per i giorni
migliori, un'altra per quelli peggiori.

Incomincia da quando galleggi
nel suo liquido, appena ti accorgi
del ritmico suono che permette al tuo
guscio di vibrare, ora lentamente,
ora velocemente, quel tum tum tum tum
che non si arresta mai, che ti sveglia,
che ti addormenta, che tranquillizza le tue
paure, che ti rende tanto felice.

Attento: quell'odore che annusi così delicato,
è lo stesso che ti indica la strada
della luce, la strada dei suoni convulsi,
compressi, delle grida che feriranno
le tue tenere orecchie quando
il tum tum tum tum sarà sparito;
quell'odore scomparso per un attimo
infinito lo sentirai di nuovo intensamente
per non staccartene più
quando sarai nella luce.

La tua prima donna.

Poi le altre,
sempre odori diversi, mai lo stesso. Allora
avrai imparato che l'amore è un momento
che dura il lampo di un fulmine;
poi l'intero giorno. poi la notte,
e tu continua ad amare questa e quella,
tutte però rispetta come se fossero 
una sola, la prima oppure l'ultima
non importa, purché tu tutte le rispetti dopo
averle tutte amate. E se qualcuna
di esse ti volesse odiare, tu rendile onore
in cambio, mai disprezzandola,
mai sparlando di lei. So che è difficile.
Tu prova però, vedrai che ci puoi riuscire.
Occorre allenamento, per questo cambia spesso
così eserciterai il tuo senso dell'onore
e del rispetto, e lascia che dicano che tu
sei uno sciupafemmine. Non importa.

Insegui la tua spiaggia ultima
che è quella del buon ricordo
di un lungo percorso che non hai macchiato
della tristezza delle donne che hai
abbandonato. E non cercare mai di vendicarti
se qualcuna ti lascia all'improvviso,
ma riserbale il tuo sorriso più bello
e falle capire che non
la dimenticherai mai, che lei per te
è come se fosse l'unica.

Ama le donne finché sei in grado di farti
amare da loro, di farti desiderare
e odiare, perché amore e odio
camminano mano nella mano
in questo spicchio di Universo.


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Maximiliansau, 9 marzo 2017

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mercoledì 15 marzo 2017

UOMINI BOCCA DI MIELE


Uomini bocca di miele,
parole mandate a memoria come poesie
declamate con indifferenza
a donne diverse per un unico scopo:
l'esaltazione dell'ego,
la voglia di volare sopra le teste
di tutti senza nessuno sforzo
solo pronunciando poche parole
fritte e rifritte.

Sono specchi lucidati
per occhi sbarrati dall'entusiasmo.

Io invece solo una pozzanghera dove bagnarti
i piedi, perché specchiarti non puoi
nell'acqua sporca;
eco lasciato dell'ombra come quando
si rattrappisce il vento dentro
una caverna con grida sommesse.

Si estingue in un attimo.

Con lui il sentimento della leggerezza,
la voglia di ghermire della vita
almeno un palpito
e tentare invano
di abbattere questa incapacità
di gioia, di esternare la gioia,
di viverla insieme trasmettendone
il flusso a chi non si è mai stati 
capaci di dire "amore mio".

Solo ingobbirsi
in un angolo al buio
silenziosissimamente.

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Maximiliansau, 8 marzo 2017

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lunedì 13 marzo 2017

VERA AMICIZIA


Conserva il dono della fedeltà
nell'amicizia, tu che hai avuto la sorte
di scoprirlo incastrato tra le pietre
che lastricano il selciato
della tua freschissima anima.

Lo hai sradicato pian piano
dai sassi che lo serravano tra loro,
ferendoti le giovani dita
rovinando le tue unghie ben laccate,
ma ne valeva la pena.

Niente è più importante di questo
dono, niente è più prezioso.
Ma il difficile ti sta adesso davanti:
scegli di dividerlo solo con coloro
che come te han lacerato
le pelli delle dita e incrinato le unghie,

coloro che possano mettere accanto
alla tua la loro pietra ben levigata,
e poi l'amore per la verità,
e che possano prometterti
quella sincerità che tu sai offrire
guardandoti dritto negli occhi.


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Maximiliansau, 5 marzo 2017




sabato 11 marzo 2017

HO VISTO


Ho visto delicata posarsi
su di te l'ombra
del mio desiderio,
credo fosse una spalla
che ti toccava,
ed ho provato io il brivido
che doveva essere il tuo.
Ma tu dormivi.

Quando però ti ho svegliata
hai protestato e insultato
perché io avevo interrotto
un tuo bellissimo sogno.

Brevissimo è il percorso tra il sogno
e la realtà. Quanto è sgradita
questa, tanto era bello
il tuo sogno.

A volte l'infelicità
è un sogno che non continua
oppure un desiderio
che non si può rivelare.

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Maximiliansau, 5 marzo 2017
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martedì 7 marzo 2017

OGGI SEI LIBERA


Oggi sei libera Katrye.

Inchiodata in un letto nove anni fa
da un dio malevolo che ti ha odiato;
non vendicata da una polizia inetta
che mai smascherò chi aveva
tentato di ucciderti nel campo
dove ti aveva violentata
e abbandonata sicuro 
che tu fossi spirata,
mentre invece la pietra
con cui ti aveva massacrata
aveva frantumato il tuo cervello
ma non il cuore che impavido
continuava il suo lavoro.

Diventata albero, pianta, vegetale,
attaccata a una macchina,
gli occhi sbarrati a non vedere nulla,
la bocca semiaperta a consumare aria,
mai più una parola, un lamento,
una risata, un segno
di appartenenza a questa Umanità,
anche coloro
che più di tutti ti amavano,
tuo padre e tua madre, lentamente
avevano accettato che tu
non esistevi oramai più.

Inutile richiedere un gesto di pietà,
un atto di giustizia, la liberazione
da una sofferenza senza fine,
la tua, che contraevi
tutti i tuoi muscoli, aggrediti
dai crampi, manifestando la tua pelle
l'orrore per tutti gli altri che vivevano
una vita animata dal pensiero;
la sofferenza di chi aveva cura di te,
di chi a ogni tuo respiro sentiva
un coltello trapassargli l'anima
perché vi riconosceva il tuo tormento.
Niente. Chi doveva ascoltare era sordo.
Tu ti consumavi,
ridotta pelle e ossa, ma nessuno
accettava di discutere, proprio coloro
preposti al bene, 
che battono un ginocchio
sul pavimento facendosi la croce
e mugulando giaculatorie,
i conservatori del Tempio
i testimoni della misericordia divina,
costoro i più accaniti preservavano
la tua agonia
in sconto dei peccati degli assassini
e degli stupratori, perché sostenevano
che la vita soltanto il dio
che occupava i loro altari
potesse avere il diritto di riprendersi,
visto che lui l'aveva donata.
Insomma una semplice equazione:
io ti tolgo quel che ti ho dato ma tu
intanto mi paghi gli interessi.
Come un conto in Banca, tale e quale.

Ma qualcuno di nascosto questa notte,
sia benedetto il nome di sua madre
che lo ha generato,
ha staccato la corrente
della maledetta macchina.
E tu sei andata libera per sempre.
E io l'ho visto sul tuo viso
dopo nove anni allargarsi
il sorriso della felicità, distendersi
la tua pelle e gli occhi riempirsi
per un attimo solo di cose,
di tutte le cose che avevi
fissato senza riconoscere:
il soffitto bianco, la finestra con le tende
tirate a metà, le pareti verde chiaro,
le tue mani diafane e ossute
e l'aria che si apriva per accoglierti.

Oggi sei libera Katrye.

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Maximiliansau, 4 marzo 2017

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domenica 5 marzo 2017

VITA SENZA TRAGUARDO


Guardatemi ma non toccatemi:
sono infetto. Troppo dolore ho visto,
troppa aria ho respirato che sale
da questa terra che brucia.

Tante mani ho stretto sudaticce
e gelide, mani di traditori,
di bari, di falsari,
di colpevoli di delitti immaginati,
solo pensati, mai compiuti per viltà
da gente che cambia paese ogni notte
inseguita da rimorsi,
da creditori e da usurai

perché queste sono state le mie frequentazioni
quotidiane per mesi e per anni.

Ho banchettato insieme ai ladri,
coi lenoni ho giocato a carte,
eterne partite a scala quaranta,
Goriziane con spacciatori di cocaina
che tra una giocata e l'altra
vendevano anfetamine e puntavano
tutti i soldi dell'incasso giornaliero;

che poi forse erano tutta gente perbene
come te, come lei, come voi e allora
il malfattore ero solamente io
mascherato da prete, da poliziotto,
da giudice, da condannato innocente,
ma solo tu occhi di cane per me,
solo tu senza scappare mai via.

Ho infangato il buon nome di mio padre
calpestato i ricordi di mia madre
per essere apprezzato come un uomo di mondo

perché la famiglia non conta, anzi ti lega
mani e piedi se vuoi far carriera;
e se vuoi fare un sacco di soldi
conta piuttosto quanti figli di puttana
conosci, quante mogli di pezzi da novanta
ti porti a letto, o quante marchette
fai coi loro mariti, coi loro amanti.

Ho concluso il mio ciclo due o tre volte
per tutte le vite che mi sono inventato
galleggiando sempre come un sughero
inaffondabile in un mare di sterco
e di immondizia, senza insudiciarmici
perché chi gronda merda non può
sporcarsi di più.

E adesso tuffarsi nell'ultima ondata
di veleni, tra fumi acri che serrano la gola,
fare un'ultima curva, tornare
indietro, lasciarsi dimenticare
per tentare di raddrizzare
questa vita ormai senza traguardo,
e che finisca sto schifo
in qualche modo,
in qualunque modo,
purché finisca.


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Maximiliansau, 03 marzo 2017

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venerdì 3 marzo 2017

LA MIA FACCIA MACULATA


Questa mattina incastrata tra le nuvole
laggiù in fondo ho visto la mia faccia.
Sono stato a pensarci un po' su, poi
ho ricordato. Mi sei venuta in sogno
questa notte. Potevo averti ma non l'ho voluto
allora mi sono preso a calci in faccia
e lei è volata laggiù. Ma non voglio,
non posso ingannare me stesso
anche questa volta. Non è vero. Questa notte
tu mi hai fatto l'elenco di tutte le volte
che ti ho tradita; poi mi hai mollato
uno schiaffo e io non sopportavo di vedere
l'impronta rossa della tua mano
sulla mia guancia. Allora ho tirato via
con un calcio la mia pallida faccia maculata.


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Maximiliansau, 01 marzo 2017

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mercoledì 1 marzo 2017

KEIN TRAUM


Nella fattispecie di un essere superiore
mi sono risvegliato respirando velocemente.

Hai fatto un brutto sogno, mi sono detto,
è finito, stai calmo, non ti insegue nessuno,

nessuno ti vuole agguantare. Ma intanto
i passi si avvicinano da presso, gli stessi

che mi sentivo nel sogno rimbombare
di dietro, gli stessi che adesso si sono

fermati fuori la porta, mentre qualcuno
bussa con insistenza, sempre più forte.

"La sua colazione, signore. Sono le otto
come lei voleva. Un panino, marmellata

e caffè senza zucchero". Mi sono alzato,
gli ho aperto. L'ho fatto entrare. Ha deposto

il vassoio sul piccolo tavolino a piè
del letto. Se n'è andato. Tutto OK.

Ho fatto la doccia, mi sono asciugato,
ho indossato un accappatoio e mi sono seduto

per mangiarmi il mio panino e bermi
il mio caffè. Appena bevuto fino all'ultima

goccia ho visto la mia strada per l'inferno
che mi si spalancava sotto i piedi. Anzi

era una scalinata. Cercavo di resistere
ma qualcuno mi spingeva: un uomo, un

esercito di uomini tutti vestiti come me,
tutti con la mia stessa faccia, il mio ghigno

la mia volontà. E laggiù in basso altri
uomini, un esercito di altri uomini, tutti

vestiti come me, tutti con la mia stessa faccia,
il mio ghigno mi aspettavano a braccia

aperte. Mi toccano, mi agguantano, mi
trascinano in mezzo al mucchio, mi ci lasciano

scomparire. Adesso non vedo più nulla, sento
solo unghie conficcate nella mia carne

dalla testa ai piedi. Sollevato in alto
viaggio veloce dentro un buio accecante.


***
Maximiliansau, 27 febbraio 2017