venerdì 31 maggio 2019

GIUNTA LA SERA


Giunta la sera monotona
come sempre, sgualciti
i colori lontani dall'altra parte
delle colline.

In discese avvinghiate alle
radici del bosco,
tutto si scioglie nella continuità

del giorno,
traguardo felicemente raggiunto.

L'esausto commento si abbevera
del ricordo insaziabile al richiamo.


23  maggio  2019


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martedì 28 maggio 2019

IL PROFUMO DEI TUOI OCCHI


Il profumo dei tuoi occhi
scandagliò a me
lo spazio dell'anima.

Rinverdiva ogni momento
la sostituzione accavallata
di respiri frettolosi;
resta sospesa quanto una vela
spiegata.

Zampilla un rivo a valle
in trasparenza.

Solo un rapace
continua a controllare dall'alto.



21  maggio  2019


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sabato 25 maggio 2019

PENSIERI NOTTURNI DI UN BARBONE OSPITE PER CASO DI QUESTO MONDO

Ogni notte un guardiano per due euro
distribuisce cartoni grandi come imballaggi
con mezza balla di paglia dentro,
nei vicoli, giù nella sponda alta del fiume;
ancora un euro e ti affitta una coperta,
ancora un euro e ti molla una tela incerata
per la pioggia. Al mattino vuole tutto indietro
e poi controlla che non manchi niente.
Ogni notte da un anno vengo vengo al fiume, pago
e mi lascio dormire fino all'alba.
La mattina cuoce caffè in un secchio
e con venti centesimi ti scalda la pancia.

Prima di mezzatotte tutte le sere passa un prete
con mani piene di geloni. Porta panini ancora freschi,
un po' di salame e di formaggio. Non costa niente.
Se vuoi si ferma insieme a te a pregare in latino
che gli viene bene. Se ti lamenti ti lascia
parlare, ti risponde a tutto, non ha soldi solo parole.
Padre fra poco morirò, non sto più
nelle scarpe, magro che faccio schifo.
Guarda il tuo viso dentro questo specchio,
guarda i tuoi occhi che vi affondano dentro:
questo il volto di Gesù, questi i suoi occhi,
la tua missione è questa,
questo lo scopo della tua vita fortunata, uomo santo.
Ma io vedevo le pulci, che battezzavo nuove
ogni ora, le ossa degli zigomi vedevo, la pelle
tesa come tamburi, le pustole spaccarsi
e i pidocchi camminarmi
sotto le ciglia.

Dentro il cartone la paglia già quasi consumata,
sopra il cartone la tela incerata cede lenta
al passaggio della pioggia.

Portava un borsone rosso il prete tutte le sere:
tirava fuori panini col salame, patate lesse
anche vino un quartino e pomodori freschi,
tutte le notti prima di mezzanotte,
mai mancava.
Tu sei nuovo stasera, da dove vieni?
Da tutti i paesi che attraversai dove bevvi
acqua di grondaia, dove mangiai
erba cotta amara e senza sale.
Queste scarpe di tela ruvide masticarono
chilometri di fango e di asfalto
fino alla tomaia lasciando calli e piaghe
a lavorare direttamente col suolo.
Sai quanti anni sei vecchio?
Mia madre lo sapeva; dov'è mia madre?
Dove mio padre?
Ma vissero costoro almeno un giorno?
Domani sera ripasso con cibo e vino.

Ma l'indomani vennero le ruspe
e portarono via il luridume
che s'accumula su quella sponda di fiume
col suo lezzo mortale.
Dissero che c'erano morti la sotto:
emanavano un lento fetore, morti chissà
da quanto tempo da non riconoscerli più.
Trovammo legni, cartoni pressati e lamiere
invecchiate io e tre albanesi.
Cotruimmo capanne sulla sponda bassa del fiume.
Reggemmo per un po' poi s'allagarono
e sprofondammo.
Bastava ricostruirle un po' più a monte
e non far chiasso, legname non mancava
per un fuoco caldo e vivace e quindi
andammo avanti finché una notte
un sogno non ci liberò per sempre.




20  05  2019



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giovedì 23 maggio 2019

PRECIPITAVA IL CIELO




Precipitava il cielo e non le stelle, 
erette, immobili, dimenticate.
Cristo, o chi per lui, nasceva
già predisposto all'orrenda menzogna.

Un attimo e moriva. 

Solo lo spirito
lasciato al pascolo degli uomini
creduli, attoniti, incerti
affabulava 
e confondeva le menti, le volontà,
il destino di tutti.

Parole, parole, solo
parole.

Qualcuno pensava che fossero
dettami di una dottrina nuova.

Fu inseguito, seguito, ancora oggi aggredito
e mai risolto il suo mistero,
seppure qualcosa di vero avesse
predicato, oppure solamente racconti
bizzarri.


10  maggio  2019


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martedì 21 maggio 2019

ODE ALLE PAROLE


Sono le parole a svegliarmi coi loro mugolii;
ronzano come api, rimbombano nei campi
fin dentro la mia testa in un pianoro fervido
di suoni mescolati in linee e punti
come musica nuova e giornaliera.
Sono le anime delle giovani parole appena morte
restate appese ai rami del bosco degli ulivi
del mio piccolo campo non coltivato.

Aprirò adesso una finestra per distendere
al sole le parole ad asciugare
ancora umide di idee e di intenzioni
intrepide, di sarcasmo e di speranze.

Tu pensi che io sia un incantatore
di serpenti, che dalla mia bocca le parole
scivolino fuori come liquido cheto,
che tutto ammanta, dolcifica,
insaporisce di miele,
mi fai sazio e saziatore di infelici
che in gioiosi trasformo.
Niente illusioni:
non ho poteri magici,
soltanto snido
parole,
le libero dal guscio, 
le lascio fibrillare al tiepido
calore dell'alba,
ruvidi cavalli scagliati al galoppo
in possenti praterie.

Le parole che si incartano in gola
escono dagli occhi come filmati barocchi,
fianchi di chiese antiche e di archi
disegnati su erbe, dipinti
di liquido colore disceso morbido dal cielo.
Nessuno sforzo a pronunciarle,
a ricordarle, a tenerle sospese,
nessuna sorpresa che possano resistere
a lungo come sculture eterne.
È con le parole che io tengo fermi e custoditi
gli architravi della mia vita
e di quella dei figli miei.

Lunghi rettilinei scorgo inabbissarsi 
all'orizzonte. oltre il mio sguardo, oltre
ogni immaginazione, nell'ignoto assoluto
che mi consola coi suoi silenzi.



08  maggio  2019


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venerdì 17 maggio 2019

LA CANZONE DI SEBASTIANA


Entrare senza permesso, scardinare.
Lasciarmi entrare come acqua attraverso i vestiti.
Posso agguantare, posso toccare,
posso anche solo sfiorare.
Se metti una musica io divento musica.
Ti ballo sopra? Come vuoi che suoni?
Vuoi ubriacarti? Bevimi un po'.
Se mi tieni per i capelli io rido, credi di avere vinto
e invece ho vinto io.
Mentre fotti io mangio te, 
rosicchio dove non puoi ancora vedere.
Vuoi ballare? Ti sto ballando da un'ora. Non siamo
da nessuna parte eppure ci piace.
Puoi agguantare, puoi anche solo toccare,
dimmi come lo vuoi. Non credere che non mi
piaccia sentirlo. Mi piace da morire.
A volta anche in ginocchio si sta in un alto
punto di vista, guarda quanto è ampio...si vedono
anche i monti lassù...si vede fino al mare
e il sole che vi muore dentro laggiù.


Ripresa il 07 maggio 2019


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mercoledì 15 maggio 2019

META LONTANA


Una veranda a cavallo del sole
costruisco ad ogni alba
con bagliori rosso fuoco
emergenti all'orizzonte;
chiunque ne approfitti,
non ci sarà domani
più adatto alle promesse,
alle illusioni;
solo all'alba, solo il primo
chiarore valorizza,
rende palpabile,
il sogno che si infrange
nell'acqua
evaporando.
Tutto il resto sprofonda
e si dissolve:
tutto il resto è
come se mai fosse stato
immaginato.

Seduto al sole
ormai da ore
immutevoli
scuoto
la testa come un cane antico,

continuo il viaggio,
meta lontana e impervia.


02  maggio  2019


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sabato 11 maggio 2019

UNA FACCIA NEL BUIO


Impertinente soffoca la luna
una sua faccia nel buio:
è il suo segreto incorrotto.

La voglia di conoscenza troppo
lontana. Immensa domina
la noia.
Tutto coincide.

E noi giaciamo sedotti
dai misteri dei falsi maghi
e ciarlatani,
senza tentare
di vedere dietro la faccia
quel che appare al sole, e pertanto
non riusciremo a vivere,
ma solo
passeggeremo in questo deserto
senza anima né corpo.


27  aprile  2019


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mercoledì 8 maggio 2019

TI RIPORTO IL SOGNO


Ti riporto a piccoli passi il sogno
che mi avevi imprestato
e che io non sono mai riuscito a rivedere
in un'unica notte.
Manca il finale, ma da una delle ultime
scene guizzanti ho veduto la difficoltà
di ricostruirlo al completo:
mi restano lampi anneriti,
fievoli bagliori, semplici
sforzi di mettere a fuoco
delusioni, evasioni tentate di gobbe
nello spazio spellate e convulse,
per cui ho smesso di guardare
senza tentare ancora.

Tu che mi conosci sai che mi piace
camminare al buio intuendo quel che mi attende
senza vedere, senza sapere in anticipo,
col batticuore nella viva attesa.

Sarà ancora così.


27  aprile  2019


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lunedì 6 maggio 2019

IL TEMPO É IL RE


Avvolge il mondo
con fasce colorate, sempre
cerchi in ogni direzione
non solo attraverso i quattro punti
cardinali, ma per tutti
gli altri che noi ignoriamo,
perché il tempo risponde
con altre dimensioni solo a lui note,
che forse si lasceranno conoscere
in una di quelle misure
che ora non significano nulla
per noi, ma che dopo morti saranno
gli equilibri della vita nuova;
e viaggeremo forse sotto
la traccia dei nostri attuali passi,
oppure altrove dove adesso
nemmeno riusciremmo a immaginare
forzando la nostra natura
e le memorie dei nostri antenati più remoti,
le loro speranze, i loro vaticini.
E questo io lo penso da tanti anni,
ma l'immagine è povera,
sbiadisce in fretta
e si conclude troppo presto
l'impronta
del futuribile
al confronto della nuda verità.




15  aprile  2019




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domenica 5 maggio 2019

A CHI VANNO GLI AUGURI?

TANTI  AUGURI ALLA SIGNORA

ANNA MARIA IACOPONI
anche al signor 

VINCENZO IACOPONI
che scelsero lo stesso giorno per sposarsi
56 anni orsono.

Stanno ancora insieme.
Evidentemente hanno usato una buona colla.
In compenso litigano ogni giorno
a pranzo, cena e colazione.
Resistono solo perché si vogliono bene.

venerdì 3 maggio 2019

CONFIGURAZIONE APPARENTE


L'effetto apparve in un angolo di cielo,
mutata la sua forma scomparve:
lasciò la sorpresa
come gelido soffio al suo posto
in un pulviscolo di scintille
e una nube rosata all'orizzonte.
Nessuno interrogò: tacquero tutti
che indirizzarono lo sguardo
in direzione opposta
timorosi di una risposta;
l'ombra della nube rosata
rimase nello spicchio d'orizzonte
ancora ogni notte,
affievolì in una riga sanguigna
ma nessuno
osò avvicinarsi.
Rimase il tum-tum di cuori affannati,
brevemente, poi nulla.

L'intelletto umano normalmente
si ferma cauto fuori della porta
rimanendo sempre nell'ombra;
schiva la verità
non ha fiducia del nuovo, che sospetta
sempre ambiguo e periglioso
concedendo il suo buonumore
al vecchio oscurantismo
della sua fanciullesca età,
dove tutto veniva
risolto da altri
più astuti e coraggiosi.

La mia infanzia dorata, inconsapevole
dei rischi delle curve a gomito,
che seguii sempre nei tumultuosi
strappi di luce, nelle frequenti ombre
addensate tutte sopra le mie
calzature, a salirmi fino oltre le tempie,
ai capelli, alla tacita nuvola
che mi inghiottiva al mattino
opaco di ogni giorno, restituendo
me alla mia realtà quotidiana quando
più desideravo di rimanere occulto,
quell'infanzia mi è rimasta
attanagliata addosso, mai come un orpello
bensì una liberazione.

Nel retaggio di questa
avanzo tranquillo verso la conclusione
senza affanno, né timore,
perché tutto, ma proprio tutto, ho avuto
in sorte gioiosamente per sperimentare
ogni anfratto del mio ancora
impalpabile futuro.



15  aprile  2019



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