lunedì 28 novembre 2016

GRAVE PUZZA DI BRUCIATO

Contrariamente alle mie idee ed a quanto già ampiamente dichiarato non spedirò i miei tre voti per il Referendum di domenica prossima. Non servirebbero a niente quei tre NO scelti legittimamente e democraticamente da me e dalla mia famiglia. Hanno già deciso tutto loro cosa farne dei nostri voti.
È in atto una farsa incredibile e una buffonata che batte tutte le precedenti. Lo si deduce dalla sicumera con cui soprattutto la Boschi si dichiara sicura della vittoria del SI.
Facciamoci un paio di conti.
Gli italiani residenti all'estero iscritti all'A.I.R.E. sono circa quattro milioni e duecentomila. Tenuto conto che il 50% non partecipa al voto rimangono due milioni e centomila votanti. Il voto viene raccolto dalla Sedi Consolari sparse per il mondo dove arrivano buste già indirizzate, non affrancate, che contengono il certificato elettorale anonimo, ma con una serie di numeri corrispondente ad un preciso nominativo e una busta bianca chiusa dal votante con dentro la scheda elettorale.
Fin qui sembra tutto perfetto.
Le Sedi Consolari non hanno da fare altro che inviare in pacchi sigillati le buste a loro pervenute. Non possono contarle né verificarne il contenuto. Quindi non è nei Consolati che possono essere manipolate, troppo casino e troppo rischio.
Tutti i pacchi vengono inviati a Roma. Dove? Nessuno lo sa. Un Centro di raccolta.
Allora, visto che con la percentuale di voto ci siamo, come detto il 50%, andiamo adesso a vedere cosa succede.
Semplicissimo. Nel famigerato Centro di Raccolta di Roma sono già pronte le buste bianche contenenti i voti "nostri", prefabbricati con un 90% di voti per il SI e un 10% per il NO.
Gli originali vengono facilmente messi al macero.
I conti si fanno in fretta: il 90% di due milioni e centomila fa un milione e novecentomila.
Rapportando questa cifra ai 23 milioni di votanti -corrispondente al 50% degli aventi diritto- che è la media nazionale, si ha un 9% abbondante, capace di far vincere qualsiasi Referendum.
Hanno già deciso tutto e noi non riusciremmo MAI a dimostrare l'imbroglio.
Prodi vinse col voto degli italiani all'estero, dichiarazione ufficiale del Ministero degli Interni di allora -col ministro del governo Berlusconi-; il Referendum dei pozzi petroliferi nell'Adriatico non raggiunse il quorum ed ebbe un bassissimo contributo degli appartenenti all'A.I.R.E. vedi caso.
Questo vorrebbero vincerlo coi nostri voti.
Oltre la metà dei nostri connazionali in Germania, telefonicamente contattati da me, non ha ricevuto la scheda elettorale, me compreso nonchè mia moglie e i miei due maschi e le loro consorti. Mia figlia Stefania ed i miei due nipoti suoi figli invece sì. Questo conferma la discriminazione originale.
Perché altrimenti alcuni ricevono ed altri no? Addirettura dallo stesso Consolato di Francoforte dove tutta la mia famiglia è registrata?
Noi non possiamo fare niente.
Voi invece potete fare molto, perché le vostre schede NON le possono far sparire come faranno con le nostre. Per cui andate a votare, andate a votare, andate a votare.
E votate NO, perché questa gentaglia altrimenti vi toglierà ogni possibilità di esprimere la vostra volontà in futuro.

giovedì 10 novembre 2016

FRANGAR NON FLECTAR

Facile da intendere per i tanti che sanno di latinorum. Traduco per chi se lo sia dimenticato oppure ce l'abbia sulla punta della lingua ma non gli riesca di farlo schizzare fuori. Equivale al nostro "mi spezzo ma non mi piego".
È sempre stato il mio motto fin da quando appena riuscivo a farfugliare mozziconi di italiano e mia nonna Michelina, l'abominevole colonnella come la chiamava il mio divin fratellone, pretendeva con la violenza che io ingurgitassi verdure cotte.
"MURF  KARF  GRUMM  PROTT" biascicavo allora, insomma appunto "FRANGAR  NON  FLECTAR" in enzese strettissimo e senza congiuntivi, ma cum abundantia di sputazzate in ogni direzione, con preferenza se capiss per la camicetta ben stirata di mia nonna.
L'effetto sputazzo funzionava sempre. Dopo un po' la colonnella mollava la presa, pardon la scodella, e si dileguava nel suo sancta sanctorum, la sua misteriosissima stanza dove a noi bambocci era severamente vietato entrare nonché transitare nei paraggi della porta, sempre rigorosamnte chiusa a chiave. 
Povera nonna quante gliene ho combinate, quanto l'abbiamo tartassata io e il mio fratellone. E pensare che quando lei trasse il mortal respiro -aveva un'insufficienza cardiaca e stava allettata oramai da un paio di mesi- mamma era in bagno a farsi bella non ricordo per cosa, papà era al lavoro nella sua Banca, il mio fratellone era ancora disperso in Russia, e a far la guardia a nonna c'ero solo io delegato da mamma. "Avvisami immediatamente se vedi qualcosa che non va", era stato l'incarico che mamma mi aveva dato. Leggevo Topolino ai piedi del suo letto. Un'occhiata e lei si faceva aria con un antico ventaglio. Due righe di Topolino, un'altra occhiata e lei giaceva con la testa rivolta al soffitto reclinata sui due cuscini. Un breve rantolo. Poi niente più.
"Mamma, guarda nonna" gridai, ma quando un attimo dopo apparve mia madre era già tutto finito.
Anche mia nonna si era spezzata e non piegata alla sua malattia. Insomma ce l'ho nel sangue, mi è chiaro.
Se adesso penso a tutte le volte che solo piegando la testa per un attimo avrei risolto sull'immediato e nei tempi a venire situazioni che poi si sarebbero incancrenite fino a distruggere di volta in volta, lentamente ma inesorabilmente quell'atmosfera di cosa bella, di cosa buona, che io ogni volta ricostruivo; se penso quante volte sarebbe bastato un va bene, un OK o magari un grugnito di assenso e non certe folli prese di petto, certi dinieghi con contorno di sorrisi di scherno sulle labbra che dispensavo magnanimamente a chiunque stesse a tiro mi verrebbe a volte l'impeto di sbattere la capoccia al muro. Poi mi dico che tale io mi sono e tale resterò anche probabilmente al cospetto di chiunque mi aspetti dall'altra parte e tiro avanti.
Non me ne sto vantando, gente, credete a me. Sto facendo una rapida confessione al muro che mi sta di fronte, a me stesso, a voi tutti che leggerete questo mio balzello, non per giustificarmi, certamente no, solo per documentare me e voi e chi lo volesse su quel che io in effetti sia.
Mi chiedo perché proprio adesso e non so darmi una risposta. Anzi no, credo di aver capito. Proprio l'elezione del 45° presidente degli Stati Uniti, cosa che a me non interessa proprio, dopo quello schifo di campagna elettorale fatta di odio e di accuse e controaccuse assurde, proprio il veder premiato uno scellerato borioso, un bullo del quartierino, un misogino presuntuoso che va in giro con un vagone di belle donne a bordo di un personalizzatissimo Boeing da 200 milioni di dollari, capace di sparare il doppio della cazzate che spara il nostro ducetto, il trumpino nostrano, accumunabile all'originale non solo per le stronzate che vende come oro colato, per il velivolo trasformato in villa e per il contorno di femmine dal culo prominente che accosta alle sue pietanze elettorali, ma appunto per il metodo che adesso scopiazza all'amerregano visto che a lui ha portato la Casa Bianca nella speranza che al nostro porti una vagonata di SI al referendum, proprio in queste serie e accozzaglia di circostanze mi sta venendo questo rigurgito di memorie, e sto facendo questo breve -vi garantisco che durerà poco- esame di coscienza. 
Ma io non posseggo né i soldi né il culo di Trump e forse sarebbe meglio dire che io non ho il pelo sullo stomaco che lui ha finora sempre mostrato e per arrivare là dove sta lui tanto ce ne vuole, ma proprio tanto. O forse è questo il tanto decantato senso degli affari? Allora no, non ce l'ho e forse non mi sarebbe bastato nemmeno essere un poderoso leccaculo. Ma poi che c'entra questo con me? Volevo forse diventare un politico amato e odiato? Io volevo essere proprio quel che sono: un individuo controcorrente non per elezione o per mostrarmi diverso dagli altri, ma solo per andare lungo la nia strada, lo Jack Frusciante che non esce dal gruppo perché nel gruppo non fu mai.
E allora? Allora è tutto OK ed io ho quello che ho sempre voluto. Di che blateri dunque Vincenzo Iacoponi Malavisi? Posta sto schifo e lascia in pace i tuoi amici.







mercoledì 9 novembre 2016

DA OGGI MI FIRMERÒ VINCENZO IACOPONI MALAVISI

Nel fottutissimo giorno in cui dall'altra parte del mondo una popolazione di trinariciuti e di guerrafondai orbati di materia grigia elegge al massimo potere un pazzoide misogino e ottuso maschilista furioso, buttando nel cesso un candidato antipatico soprattutto per essere di sesso femminile (bedda matri! Io amerrecano sottomesso a una fimmena, mai e poi mai) per fortuna dall'altra parte del mondo, proprio là dove non te l'aspetteresti, in questa nostra lingua di universo la Consulta dichiara anticostituzionale l'uso a prescindere del cognome paterno a discapito di quello materno. Ben arrivato questo rigurgito di intelligenza, tardivo e per questo assai ben accetto almeno da chi, come me, non considera la donna come un sottoprodotto, bensì come la parte dell'Umanità più importante sine qua niente avverrebbe, e non sto parlando esclusivamente della costituzione femminile atta alla procreazione, ma di tutto quel che avviene post partum, dall'allattamento all'edificazione del futuro individuo, che dura -ahimé- fino alla morte della madre.
Così siam fatti noi uomini: assatanati da quel che le femminucce nascondono in mezzo alle cosce, le consideriamo prima la migliore cosa al mondo, insostituibile, inarrivabile "intuttabile" se posso usare questa mia orribile invenzione nel senso che tutto il resto non conta più nulla, ma solo quella cosa dà un senso alla nostra vita. Ma appena abbiamo goduto il frutto e appagato lo sfrenato desiderio ci disinteressiamo -non tutti a dire il vero, ma in tanti, in troppi- di quello che succede a lei ed al baccello che sta mettendo radici profonde nel seno di lei, della nostra lei.
Così può avvenire quel che è successo a me, generato da un uomo libero -mio padre- e una donna sposata con un altro e legalmente separata -mia madre- che non poteva dichiararsi madre del rampollo se non a costo di una denuncia di adulterio con conseguente affiliazione coatta del nascituro -udite udite- ad un marito distante da anni di oltre 500 chilometri, perché questo prevedeva la iniqua legge fascista e vatikaliana uscita fuori dall'orrore del Concordato del 1929. Insomma il mio riconoscibile padre doveva avere un pisellone lungo quanto l'Autostrada del Sole da Roma a Milano cui era rimasta attaccata mia madre. 
Il 9 di febbraio di quell'anno il mio vero padre -l'uomo libero- andò a denunciare la nascita di un figlio maschio, nato da -e qui posero il suo nome e cognome bello in chiaro- e da "donna che non vuole essere nominata".
Quindi scomparso il nome anche ufficialmente da un documento di identità, il primo della mia vita. E come me un esercito.
Cosa fa in fin dei conti una madre? Quello che sanno far tutte: mette al mondo il bambino. Basta. Scompare immediatamente dopo, anche quelle regolarmente sposate secondo i riti di nostra madre chiesa, basta basta si tolga dai piedi, non conta più nulla, qui siamo in regime di patria podestà e che diamine, cosa vuoi tu femmina?
Questa sentenza, che farà raccapricciare i baciapile e leccapalle nostrani, mette finalmente un po' d'ordine e proclama una verità inconfutabile: la madre è tutto, prima durante e soprattutto dopo la nascita del nuovo giunto.
Penso a Picasso, che da buono spagnolo portava due cognomi di entrambi i genitori, Ruiz Picasso, ma scelse quello di sua madre per rivelarsi genio al mondo dai suoi giorni all'eternità.
E io ho deciso immediatamente: anche se la legge italica non si spinge tanto fino all'obbligo del doppio cognome ma lascia alla comune decisione dei coniugi la scelta di quello da imporre al neonato, io fin da subito mi firmerò con entrambi i due cognomi: Vincenzo Iacoponi Malavisi.
Sono sicurissimo che mio padre non avrà nulla in contrario e che mia madre ne sarà felice.











sabato 5 novembre 2016

ALLORA ANDIAMO AVANTI PIANO, MA ANDIAMO AVANTI COSÌ

Ho già detto nel mio commento al bellissimo post di Mariella che considero tutti questi guai dovuti alla vendetta di un Dio pagano di cui non sono devoto, ma in cui da un po' di tempo credo, che ha voluto vendicare i miei followers per i quali stavo preparando uno scherzetto bastardo, di quelli che piacciono tanto a me. Sarei sparito dal web per due o tre settimane e poi mio figlio -che di questo non avrebbe mai saputo niente, naturalmente- avrebbe dato notizia della mia dipartita, facendo anche un breve epitaffio. Volevo in fondo solamente distrarvi dalle schifezze di tutti i giorni, dall'imminenza del Referendum renziano, dalla lurida campagna elettorale americana, dagli sbarchi quotidiani di presunti esuli, dandovi modo di riflettere sulla caducità della vita, che si prende sempre i migliori di noi, me per intenderci (ah ah ah ah). Naturalmente "il terzo giorno resuscitò", quello originale benedicente, io naturalmente sghignazzante e ci saremmo fatti tutti una bella bevuta ed io una bella grattata di palle.
Ma mentre ero intento a studiare i particolari della "defunsione" questa cassetta malefica che attualmente sto spremendo cercava di fregarmi -prime avvisaglie della vendetta del Dio vendicatore- segandomi la connessione. Per primis diedi la colpa al sistema italiano -mi trovavo a Cervignano a casa di mia figlia- TIM, tre lettere malefiche che significano certamente Ti Impicchi Maledetto, che non ne voleva sentire di ascoltare i dettami del bon ton tipicamente crucco sollazzandosi con alzate e ricadute e mollamento di pappafichi. Un brutto, bruttissimo giorno mollai un poderoso cazzottone sulla cassetta nera proprio là dove, protetta da poco più di un millimetro di materiale plastico, stava il Disco Fisso, il cuore del computer. Immediato silenzio assoluto senza lamenti.
Fino a quando sono rientrato in Germany. Ho consegnato il PC ai tecnici competenti, e sono andato via. Un paio di giorni dopo -forse a causa delle arrabbiature, o sempre per via della permanenza nelle mie vicinanze di quel Dio pagano di cui sopra, ho avuto un improvviso calo di pressione dall'aspetto orripilante con velocizzazione del ritmo cardiaco e sono stato ricoverato in Ospedale per quattro giorni quattro nell'Intensive Station, dovendo per giunta traguardare attraverso le vetrate i musi consunti dalla paura di moglie e figli e nipoti in quantità. E non potevo nemmeno grattarmi gli zebedei visto che le braccia tenevo allargate come Cristo e piene di cannule. 
Finì e tutto tornò normale, ma quei cretini del Media Markt si erano nel frattempo persi il MIO computer e me ne volvano dare un altro. Così passò un'altra settimana.
Quando l'ho riavuto fra le mani lo si doveva riadattare a me, cosa cui è delegata la mia miglior nipote Cristina. Pasticciò alquanto la piccola, ne ho le prove. Tra l'altro scrisse come indirizzo elettronico enzoiacoponi@LIVE.DE al posto del giusto enzoiacoponi@live.de, ponendo nel blog come indirizzo enzoiacoponi@g.mail.com che non c'entrava proprio niente, perché -parole sue- non si apriva nulla.
Quando si è aperto sapete tutti con quale sorpresina.
Basta con le documentazioni. Per il momento ho deciso di rimanere qui, cercando di farvelo leggere a tutti. Poi vedremo se riagguanto Max, italiano quanto noi purtroppo.
Ora vi riabbraccio tutti e domani volevo, ma non so se riesco a completarla, postare una poesia mia nuova.
Insomma siamo di nuovo "auf die Bühne", sulla scena e contiamo di rimanerci insieme il più a lungo possibile.
Ciao bella gente. 






Qualcosa succederà

Solo che non so cosa. Se riuscissi a capire dove cominciano le canestre forse saprei come rattoppare questo schifo. Ho raccontato come sono arrivato allo sfacelo, ma adesso c'è il disco fisso nuovo, tutto funziona meno questo. Mia nipote fa gaffato un bel po' e deve avere mischiato tutto, perché in principio non potevo nemmeno commentare sugli altri, poi non mi dava nemmeno anonimo adesso commento ma non mi dà üiù la ma foto piccola, poi mi chiamoa iacoponivincenzo tutto attaccato e non Vincenzo Iacoponi. Io penso di non capire una mazza di questo, ma secondo me non mi riconosce.
Vediamo chi legge sto testo.
E che cosa ne pensa.