domenica 17 febbraio 2019

LA PORTA CHE RILUCE


Adesso che ho quasi superata
la sorpresa di incanti repentini,
sbiancati in breve e strapazzati
dal tempo, resi diafani da molteplici
tetre giornate di sconfitte
mai riuscite a celare, mai digerite,
mai ammesse con pentimento,
adesso potrei anche pregare per i miei
tanti poveri morti rinnegando
tutte le mie abitudini;
ma dopo dovrei sputarmi in faccia guardandomi
in bagno dentro lo specchio
per avere ceduto alla paura
e al mistero maligno della porta che riluce.

Nei miei paesi antichi
tutte le porte delle case si aprivano
a un metro e mezzo dal suolo.
Per arrivare giù in strada c'erano tre scalini
o quattro, dove nel pomeriggio col caldo
sedevano le donne e i bambini
a raccontarsi storie, mentre le vecchie
filavano la lana con arcolai a pedale sedute
su sedie di legno ai lati degli scalini,
filavano e raccontavano qualche volta
ascoltando, mai senza far niente.
E c'era gente che mai discese fino al lago
nell'imbuto della vallata, a mezzo
chilometro dal naso, mentre quasi ogni giorno
scalavano chilometri per ascendere alle vigne
rientrando alla sera a dorso d'asina
caricata di due bigonce piene di grappoli
d'uva, zappe, paletti e utensili.
Gli uomini tiravano la cavezza, noi bambini
aggrappati alla coda delle asine
in fila indiana come piccoli elefanti.

Rodolfo, Enrico, amici miei
e Maria Albina, la più carina, l'unica ragazza
che mi piaceva un sacco e mezzo
e che mangiava la metà della mia colazione, 
sempre senza chiedermi il permesso.

Princìpi bigotti si alternavano
a piatti voli muti fra l'agognata 
libertà, le frivole scuse ove nascondere
le prime verità che scoprivamo
palpitanti e dubbiosi, accecati
da una curiosità sempre impellente
che premeva per squarciare
luoghi ostili e misteriosi.

Fu lei a baciare me, non il contrario,
fu lei a toccare me, impietrito
dall'emozione. E io baciavo

con labbra serrate morsicandomi
a sangue. Penso che quella prima volta
e la seconda io l'abbia assai delusa.
Poi finalmente mi si sciolse
il blocco dei miei denti e del palato
dove fino allora a stento
penetrava aria.

Ora che tutti recupero i sapori
e i freschi battiti del mio cuore
sto chiudendo i miei occhi
mentre le labbra dischiudo
leggermente, cercando
di trattenere aliti di vento
e un profumo che credevo ormai
dimenticato. Invece è qui.


02  febbraio  2019


*****











12 commenti:

  1. Maria Albina aveva già capito tutto della vita, e tu con lei. O per lei.
    I tuoi versi mi ricordano quelli di Ungaretti che amo molto.
    Buon inizio di settimana.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le femmine capiscono tutto un po' prima; dopotutto esistono navi scuola ma nessun navo scuolo.
      Ungaretti non si discute, si ama. Il tuo accostamento mi onora grandemente.

      Elimina
  2. Bellissima! Spazio ai ricordi più profondi d'adolescenza, credo, preceduti da quel tuo straordinario non rinnegare te stesso non pregando per cedere "alla paura
    e al mistero maligno della porta che riluce."

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Daniele, mi commuovi. Il primo bacio vero -avevo undici anni- non posso dimenticare l'emozione ed il cuore che andava a mille- un macigno da ingoiare.
      Difronte all'ultima scala tutto riemerge e si conclama la determinazione di rinnegare me stesso, costi quel che costi, di fronte al mistero di quella porta.
      Hai intuito, come ogni volta accade, il tema centrale.

      Elimina
  3. Coinvolgenti questi tuoi ricordi adolescenziali o poco più.
    Tutte le emozioni che ci portiamo dentro da quell'età di pura formazione, rimangono i nostri segreti più intimi, quelli che non puoi condividere con nessuno.

    Cri
    Cri

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È vero: non parlai mai di quel primo, primissimo amore che mi aiutò ad ergermi come una montagna di fronte alla vita che voleva ingoiarmi senza che io potessi reagire.
      Grazoe Cri.

      Elimina
  4. No, ma parliamone, quante ragazze ti son piaciute? :D
    Chiamate la Consorte, pleaaaseeee ahahahahahahah...

    Senti, Vincenzo, prima o poi facciamo una cosa two-handed: opere poetiche di Vincenzo Iacoponi a cura di Irene Zavaglia, che ne dici? ^_^... Fammi crescere qualche altro anno i due pargolotti così recupero un pò di tempo, e poi ci diamo sotto! Son troppo belli i tuoi versi per rimanere tra le pareti di questo Blog, concordo con Claudia quando dice che leggerti lascia il sentore dei poeti antichi, quelli veri, quelli migliori.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quante me ne son piaciute? Solo piaciute? Non basterebbe un blocco di mille pagine a nominarle tutte. Diciamo tutte quelle carine, la prossima scacciava la precedente. Il mio cuore aveva accelerazioni da Ferrari 90 almeno due volte all'anno a cominciare dal mio ventesimo mese di vita. La prima si chiamava Elena V. Aveva una sorellona, Mimì 15 anni, innamorata cotta del mio fratellone, Ippolito 15 anni, cotto di lei. Avevano trovato un modo di vedersi tutti i giorni: Mimmì metteva sul seggiolino della sua bici la sorellina e la portava in giro, dopo arrivava Lito con io seduto sulla canna della sua Viscontea da corsa, e si arrivava in un bel boschetto tra gli ulivi dove i grandi facevano gli affari loro e io cercavo di fare il despota con lei. Due anni andata avanti così. Mi piaceva proprio forte. L'ho rincontrata a Milano 26 ani dopo nel giardino di Piazza Napoli, lei col suo marmocchio di un anno, io con Monica dentro il passeggino.
      Mi guarda e io stavo parlando con mia figlia anche lei di un anno, ma parlava meglio del maschietto che farfugliava. Mi ascolta un po', poi mi fa: "Scusi, lei è di Roma?"
      "Di Civitaveccchia"
      "Ti chiami per caso Enzo?"
      "E tu chi sei?"
      Rispose: "Viale Baccelli, 82 io, tu al 59, terzo piano. Sono Elena"
      Non è carino?
      Per quanto riguarda la tua proposta, mica male come idea.
      Claudia ha detto che gli ricordavo Ungaretti, che onore. Tu perli di poeti antichi, quelli veri. Cresci i pargoletti, Irene Zavaglia, ma non aspettare troppo. Ciao e buona settimana.

      Elimina
  5. Ciao, passavo per caso.
    Incuriosita ho letto questi bei versi che sanno di antichi e piacevoli ricordi.
    "Nei miei paesi antichi
    tutte le porte delle case...oome piccoli elefanti."
    Sai mi rifletto in questi versi, poichè anch'io ho vissuto in un paese di montagna.
    Buona settimana
    Rakel

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ben arrivata Rakel.
      Per caso a volte si fanno incontri interessanti.
      Ti ha afferrato quel ricordo antico che mi trascino nel cuore, intravedendo ancora il profilo dei monti che osservavamo in alto oltre la groppa dell'asina, rimarcato dal tramonto che lanciava lampi rossastri verso il blu fondo del cielo. Qua e là già qualche stella e poi tutto quel silenzio.
      Visioni che non ci lasceranno mai più.
      Buona settimana anche a te.

      Elimina
  6. Versi davvero belli, chissà perché dei ricordi si serba la parte più bella? A me capita così. Buona serata.
    sinforosa

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perché coi ricordi brutti resusciti il dolore, che riproposto ti fa capire che non muore mai.
      Grazie Sinforosa.

      Elimina