mercoledì 13 febbraio 2019

IL COLORE DELL' ACQUA


L'odore della sabbia
si è impossessato del nostro cielo
e lo comprime tutto entro di noi.

Il colore dell'acqua diventato bianco
in un sogno angoscioso,
i rumori del bosco, tiranni in marcia
pronti alla distruzione.
Tutto combacia.

Le scarne impronte delle mani e dei piedi
scalzi nel fango raggrumato,
la pioggia a dirotto era di ieri
ghiacciò tutto stanotte,
la strada della collina tra filari di viti
tutta un pantano, noi soli e indifesi
rattrappiti sotto una coperta livida
della luce lunare che non ci diede scampo
tutta notte. Le gelide vesti
diventate un viatico tra sogni e incubi,
delusioni e promesse;
tutto si muove asciutto e crudo
dentro la nostra nuda immobilità
senza fare rumore e non produrre
entrambi più suoni, né clangori
di flauto come certe tue antiche parole
e certe mie discussioni,
e tali e tanti abbandonati programmi
che tralasciammo insieme senza rimpianto.

La serie incontaminata di speranze
coltivate selvagge, nemiche
apparenti, mai rivelate
e poste ogni volta in luce di soppiatto
come fosse un tradimento
rivelarne provenienza e significato futuro
di un mondo che può disfarsi
meccanicamente solo a volerne interpretare,
un passo dietro l'altro, gli avvenimenti
immediatamente successivi a quello
in cui siamo rimasti immobili, impauriti
della nostra velocità dei pensieri con cui
dopo essercisi costruiti il passato
ci ritrovavamo incapaci
di intravedere il nostro possibile futuro,
tanto da dimenticare follemente
il momento presente.
Tutto ci ha condotto a negare come non
autenticamente concluso il percorso che abbiamo
iniziato insieme, di cui poi perdemmo
l'orientamento e la ragione.
Dire adesso di ricominciare dall'inizio
non avrebbe alcun senso visto che a strati
la nostra storia si incrocia
con una follia costante e progressiva
sfaldando giorno dopo giorno
le basi in turbolento trasformarsi
di quel che pensavamo fosse roccia e invece
è solo sabbia trascinata dal vento.
Sabbia che catturiamo sul pelo dell'acqua
e sulle punte dei fili d'erba
calpestati oramai in direzioni
oblique e diverse come viaggiatori
che incontrandosi non si salutano volgendo
ostentatamente le nostre teste 
da parti opposte.

È una storia che finisce e che noi tentiamo
di mantenere in vita solo per nostalgia.

Per ripicca di fronte ad un doloroso traguardo.

Per testarda ostinazione.

Per non voler darla vinta.

Per un errore.

E basta.


21  gennaio  2019


*****









12 commenti:

  1. Ti ci sei addormentata?
    Buon segno.
    A me a volte dormendo vengono su buone idee.
    Prova a scrivere la tua ZZZZZZZZZZZZ ZZZZZZZZZZZZZ.

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  2. Immagini vivide naturalistiche usate come metafore di vita. In questo caso una storia che finisce, che deve finire anche se non lo si vuole ammettere perché troppo doloroso. Chissà se ho inteso il senso profondo dei tuoi versi anche questa volta, non ne sono così sicuro.

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    1. Lo hai perfettamente inteso, come sempre ti capita.
      Sto alludendo ad un amore che si è estinto da molto tempo, per colpa di entrambi, per essere chiari. Lo osservo da lontano senza fare paragoni col mio presente, non era questo lo scopo, ma partendo da questo mio presente riesco a rivalutare quello e ad esaltare ancora di più la mia vita con Anna Maria.

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  3. Sabbia che catturiamo sul pelo dell'acqua... fa pensare a ricordi che diventano minuscoli col tempo.
    La fine c'è per tutto, che lo si voglia o no. Della vita, come delle storie d'amore.
    Bella!

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    1. La sabbia sul pelo dell'acqua sono le ceneri della stravalutata roccia, un amore ritenuto eterno, che si è corroso alle basi troppo in fretta, lasciando fortunatamente lo spazio ad un cammino diverso, quasi infinito.

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    2. Allora in un certo senso sono anche ricordi di un amore lontano e che col tempo diventano come granellini di sabbia. Piccoli

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    3. Certo: l'ultimo prima del definitivo, di quello che non e sabbia ma autentica roccia.

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  4. Perché a volte trasciniamo amori e situazioni all'infinito? Perché non le interrompiamo prima che si trasformino in sabbia mobile?
    Perché siamo stupidi, noi uomini, profondamente stupidi.

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    1. Perché "NOI UOMINI" non siamo capaci di dire addio, ma solo "arrivederci". È una forma stretta di egoismo. Questi anni d'amore fanno parte della mia vita, tu li respingi, io non posso.
      Quei tuoi sospiri, quei tuoi baci, quelle tue carezze erano per me, SONO rimaste mie e le faccio rivivere quando voglio io, anche se tu non vuoi, perché quella parte della tua vita è legata indissolubilmente a me. Il ricordo non si trasforma MAI in sabbia mobile.
      Questo concetto lo capite, ma non siete in grado di apprezzarlo, perché noi uomini centelliniamo la nostra vita passata come una cosa sempre viva, e non diciamo mai "fu" bensì "è stato".
      PS. Da quando in qua ti senti di dire "noi uomini".
      Ben entrata nel mucchione. Non siamo solo porcelloni, abbiamo anche un grande cuore.
      Bacio.

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  5. Però devo ammettere che ti preferisco quando canti d'amore piuttosto che d'amori finiti. Sono egoista pure io, non riesco a farmi andare quello che non mi va.
    Mi piace il concetto qui sopra: Quei tuoi sospiri, quei tuoi baci, quelle tue carezze erano per me, SONO rimaste mie e le faccio rivivere quando voglio io, anche se tu non vuoi, perché quella parte della tua vita è legata indissolubilmente a me.
    Mi provoca subbugli interiori, questa affermazione, magari perchè l'ho sempre pensato ed affermato a mia volta. Alla fine, tutti gli amori rimangono eterni, la vita la puoi tirare via ma rimane comunque incastrata ad un'altra vita. E' filo spinato, la vita.

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    1. Aggiungo una cosa alla frase che ti è piaciuta: gli amori, anche quelli tumultuosamente conclusi e per lungo tempo riposti in uno dei cassetti della memoria, tornano a farsi vivi e lucenti quando sono definitivamente terminati. È il ricordo, la rimessa a nuovo del bel tempo che fu che affascina e commuove, e amore per se stessi.
      Un paio di anni fa, visitando le tombe dei miei genitori mi capitò di passare in un vialeto accanto alla mia tomba di famiglia. Lessi il nome in alto e la trovai lì, dove giaceva da oltre dieci anni. Era un pallidissimo ricordo, ma istantaneamente mi arrivò la sua garrula voce di sedicenne, quando Lei amava me ed Io amavo lei.
      In un paio di minuti, non di più mi fu davanti viva e giovane, con tutta la freschezza di cui mi ero innamorato.
      Uscii dal cimitero, entrai nella macchina, con quel dolce suono nelle orecchie, col suo sorriso nei miei occhi, che ancora adesso sento inalterato. Riassaporo il gusto di lei e non provo nemmeno a togliermelo di torno.

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