mercoledì 18 luglio 2018

SENTIVO ANCORA L'INFLUSSO

Probabilmente sentivo ancora l'influsso dei monti e dei vigneti e delle notti trascorse nel più assoluto e miglior silenzio, ma subito ciò che scrissi erano due poesie. Questa la prima:


DEA   RISORTA


Nidi d'erba dolenti
ti attorcigliavi tra le dita, ansante
dopo veloce corsa,
attendendo.
Certo nessuno degli antichi dei
saliva quassù per rivederti
una volta ancora,
tossicchiante,
affannata,
ignara di destini,
bagnata
di luna
fresca, 
imperscrutabile, 
figlia del tempo;
tu stessa
inizio e fine
del tuo
tempo avido.
Caduca la tua divinità
se la gente va di corsa.


13   06   18




4 commenti:

  1. Inno alla vita o alla lentezza? Ammetto io ci ho visto quello ma non ne sono sicuro. Resta la musicalità dei tuoi versi che ipnotizza l'anima, sempre.

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    1. Inno alla contemplazione -finita oramai- della bellezza, e inno all'indifferenza che ci costringerà ineluttabilmente a livellarci tutti al suolo, senza entusiasmi ma solo delusioni, che alla fine svaniranno anch'esse, perché vieni deluso se ti attendi molto, ma NON se non ti attendi nulla.
      Le tue calde parole, però non deludono mai.

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  2. Io ci vedo la vita stessa che si attorciglia nidi d'erba alle dita, affannata, ignara.
    Un inno alla vita comunque sia
    Ciaoooo

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    1. Opinione di tutto rispetto, Pat.
      Io non scrivo infatti poesie a tesi: quello che viene è benvenuto, poi ne discuto con me stesso per primo. Se non dovesse convincermi distruggo. Come coi quadri. Ma sempre, nell'un caso e nell'altro, lascio passare un po' di tempo; poi, passata l'emozione del momento, riprendo il namo il testo o il quadro. Se ancora non mi convince è la sua fine, ma qualche volta recupera ed acquista nuova valenza.

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