mercoledì 11 luglio 2018

DÜW 221 LA MATERIA PRIMA SCARSEGGIA

Mi accorgo che il materiale ancora a mia disposizione di quello accumulato a Bad Dürkheim si stia esaurendo. Non mi dispiace, anzi. È stato un periodo della mia esistenza, ancorchè breve ma intensamente approfondito mentalmente. Credo mi abbia giovato sotto vari aspetti. Ha creato una breccia. Ci posso infilare un braccio ed una gamba. Non voglio di più. Mi basta di rimanere così infilato a metà dentro questo nuovo spessore di vita, che ignoravo.


DÜW   221   XXVIII


Sempre cercai versi che colpissero in mezzo
agli occhi, che facessero male,
che spezzassero incantesimi,
unissero cielo e terra,
diabolico e santità
senza risparmiare oltraggi né consolazioni.
E mai ne fui sazio.
La mia prima poesia è datata 1951.
Liceale esperto di metrica di Orazio, Virgilio
e Catullo, di alcmani e trimetri 
trocaici, narrai la prima storia d'amore
con una fanciulla intravista dalla mia finestra
tutte le sere dopo le diciassette
quando tornava dalla sua lezione
quotidiana di piano.
Moriva improvvisamente il mio grande amore
imperituro e io l'accusavo
di non avermi avvertita:
"e tu sei morta senza dirmi nulla".
E per lei immaginai in chiusura
il più efficare verso onomatopeico
che mai più scrissi:
"Ora, senza di me, che farai?
Dove andrai? Nessuno
udrà più la tua voce, e forse pel freddo
i tuoi candidi denti tintinnano".
Oppure la purezza espressiva di quando
incominciai a scrivere per te,
subito dopo averti conosciuta,
carne preziosa, inviolata e incorruttibile,
ma le parole restano volutamente
solo nel mio ricordo e nel tuo,
ed ancora non ho immaginato
di scrivere l'ultima riga
e la più lunga.


06   06   18

6 commenti:

  1. Non credo di averlo mai fatto ma ho sentito il bisogno di dividere la poesia in due parti

    1) "Sempre cercai versi che colpissero in mezzo
    agli occhi, che facessero male,
    che spezzassero incantesimi,
    unissero cielo e terra,
    diabolico e santità
    senza risparmiare oltraggi né consolazioni.
    E mai ne fui sazio."

    Per questa prima parte posso solo risponderti che ci sei ampiamente riuscito e non da ora, da tanto tempo forse quasi da subito.

    2) Il ricordo straziante che porti mi lacera l'anima ed una parte di me vuole sperare sia immaginato, pensato non vissuto. L'hai raccontato come sai fare, con lucida ed incalzante disperazione.

    Hai ragione, hai aperto una breccia o se vuoi una nuovo ramo nella tua poetica e non ne uscirai ma ti ci saprai arricchire e gioire unendolo alla tua poetica già esistente e di grande livello.

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    1. 1) Sembra ben fatto anche a me, ciò che tu hai fatto "per la prima volta". Sì, è vero solo così posso scrivere altrimenti tacerei.
      2) Purtroppo è la verità. Ne ero segretamente innamorato. Lei aveva 15 anni io 17. Avevo trovato da troppo poco tempo il coraggio di fermarla per strada andandola ad aspettare all'uscita della sua lezione giornaliera di musica. Suo padre era amico d'infanzia del mio. Ci eravamo incontrati una diecina di volte. Avevamo un "appuntamento" alle diciotto in un giardino a Borgo Odescalchi, un bel posto sulla strada per Santa Marinella, la Statale nr 1 Aurelia e lei stava correndo in bici perché era in ritardo
      Credo che non si sia nemmeno accorta dell'auto che la travolse e uccise.
      Il ricordo è straziante ancora adesso.

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    2. Posso solo provare ad immaginare il tuo dolore.

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    3. "Entravi danzando quando da me tu venivi
      e ti ridevano gli occhi"
      dicevo nella mia prima poesia d'amore e di morte.
      Ridono sempre.

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  2. Dolore e rimpianto in una poesia d'altri tempi e qui riportata. Ma solo fantasia? Troppo vera!
    Sei un genio!

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    1. Come puoi leggere sopra dalla mia risposta al bellissimo commento interpretativo che dà della poesia Daniele, non si tratta purtroppo di fantasia.
      Si chiamava Gigliola.
      Era straordinariamente carinissima.
      Unici i suoi occhi azzurri.
      Solo rideva.

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