lunedì 4 febbraio 2019

LA NOTTE PRIMA DELLA DOMENICA


Tua nonna ed io dormivamo su un fianco
sulle due sponde esterne del letto.
In mezzo c'eri tu, trionfante, come l'uomo
vetruviano di Leonardo all'inizio del tuo sonno, 
poi scavallante e scalpitante che saresti precipitata
sul pavimento senza di noi due a farti da barriere.
E al mattino avrei dormito sicuramente a lungo
perché era sempre domenica, ma come avrei potuto
con te nel letto che mi piantavi le tue ginocchia
su un fianco e mi sollecitavi a farti il solletico
sulla tua nuda trippetta, e sempre dopo insistevi
"noch Mal, noch Mal, ancora, ancora".
E questo tutti i fine settimana oppure quando
c'era una festa infrasettimanale, e i genitori tuoi,
che volevano avere un po' di pace, scaricavano a noi
l'animaletto che non stava mai fermo, 
che non stava mai zitto,
che mai stava tranquillo.
Eppure mai ho dormito più beatamente
di quelle notti pensando a quando
tu m'avresti risvegliato a ginocchiate
e col tuo "noch Mal, noch Mal, ancora, ancora".


13  gennaio  2019


*****

22 commenti:

  1. Questo genere di ricordi provocano una grande tenerezza , ma più che nostalgia, provo il desiderio di avere un'altra occasione, per merito delle mie nipoti.
    Spero che si spiccino, con o senza marito.
    Cri

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    1. Te lo auguro, con o senza marito, perché sono grandi soddisfazioni. Da padre le ho provate ma non a pieno capite, da nonno è tutta un'altra cosa.

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  2. Cristiana mi ha rubato le parole, "profonda tenerezza" con quella bimba simpaticissima e vivacissima che ti ha riempito la vita e quelle notti.

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    1. Veramente una profonda tenerezza che, adesso che ha tremta anni non è passata, tutt'altro.
      L'ho detto sopra: da padre ero forse impreparato, boh, ma da nonno ho avuto la fortuna di avere come prima nipote la persona giusta per strizzarmi energia da tutti i pori.

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  3. Ogni estate, quando torno a casa dai miei, si ripetono queste meravigliose parentesi familiari. I nonni fanno finta di dormire e i tre nipoti rendono la finzione impossibile. Con gioia di tutti, compresi noi adulti ,che rubiamo la scena dalla porta della camera accostata.

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    1. Sono tornato adesso dalla Clinica oculistica dove mi hanno inoculato con una iniezione dentro l'occhio sinistro un medicinale per eliminare una trombosi causata da una caduta capitata a luglio delo scorso anno. Questa è la seconda e ce ne sarà una terza fra un mese. Poi speriamo sia finita.
      Dunque i nipoti qui sono tre, che cercano di minare la tranquillità dei nonni, riuscendovi. La mia da sola ci è sempre riuscita. Sono grandi soddisfazioni, credimi.

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  4. La dolcezza di questa scena, che mi sono figurata in mente mentre leggevo le tue parole, mi ha regalato un sorriso.
    E ho ripensato a quando io da piccina mi rifugiavo nel letto della mia nonnina materna, che era vedova e viveva in casa con noi, quando c'era il temporale e avevo paura dei tuoni... la mia testa sul suo petto, sentivo il battito del suo cuore e questo mi calmava e mi faceva sentire al sicuro.
    Che cosa grande, i nonni!
    E che cosa bella che tu abbia avuto la fortuna di esserlo e di vivere a pieno questa esperienza, diversa come tu stesso dici, dalla paternità.

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    1. Mi fa piacere immenso averti ricordato momenti irripetibili.
      La paura tipica del lupo o dell'orco Cristina e gli altri dopo lei non l'hanno avuta perché io, memore delle stupide paure insinuatemi ai miei tenerissimi tempi, proibii a tutti -mia moglie in testa- certi orribili racconti.

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  5. Io ci sono stata in mezzo. In mezzo ai miei nonni, intendo. A dormire. I miei nonni belli e sempre stanchi dall'andare per campi che mi hanno cresciuto nella loro casa, come la loro figlia. Grazie per questo rimando che è tuo ma che è carico d'amore per tutti.

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    1. Ricorderai allora come i nonni dormivano con un occhio solo e il culo scoperto per non disturbare il tuo sonno, mentre tu appena svegliata incominciavi a pretendere e questo e quello e niente ti soddisfaceva. Nessuno vuole bene spassionatamente come i nonni, lo sai vero?

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    2. Nonno mio sapeva sempre di terra, sai quell'odore stantio che ti penetra sottopelle e non lo lavi via neppure con il più profumato dei saponi... Nonna era ed è ancora analfabeta, però guidava il pulmino Fiat. Nonno aveva conseguito la terza elementare, la domenica mattina, ancora nel letto, gli leggevo le favole o le poesie in dialetto e poi andavamo a messa con il motorino, un garelli arancione con i pedali... Lui la patente non l'aveva mai presa, diceva che il motorino era più che sufficiente per scorazzare, io e lui... Sono cresciuta con questi due, il mondo mi sembrava così bello ^_^

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    3. Perfetto per una bambina. Un nonno che sapeva leggere e scrivere soltanto, ma gradiva la lettura di poesie in dialetto fatta con la vocina della nipotina; la nonna analfabeta che di sicuro si alzava di notte per controllare se la piccola respirasse bene...cose bellissime da ricordare.
      "Nonno mio sapeva sempre di terra". Bellissima. Avrei voluta scriverla io col tuo stesso sentimento. Bravissima Irene.

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    4. Adesso ti regalo una cosa.
      Una volta, avevo un pò più di dieci anni, scrissi una poesia in vernacolo per il nonno, estrapolandola dai suoi racconti di immigrato a Milano. C'era stato poco più di un anno, e mi raccontava di come non venisse assolutamente visto di buon occhio. Lui, l'italiano perfetto non riusciva a parlarlo, tuttavia era un uomo di ampie vedute - tanto che aiutò mamma a divorziare all'inizio degli anni 80 e in un paesino di tremila anime, dove ancora il divorzio non era arrivato e ad ogni modo era contemplato come uno dei massimi disonori - ed ha sempre fatto un discorso razionale sul pregiudizio, adducendo in particolare una base di veridicità relativa al pregiudizio sulle persone del sud. Perché, diceva lui, la terra da cui proveniamo è tanto bella ma è pure tanto maledetta e per varie questioni.
      Così, gli scrissi questa, e quando gliela lessi non ci credeva neppure che l'avessi scritta io. Poi, però, pianse.
      Me la ricordo a memoria, come tutte le poche poesie che ho scritto - è che dopo che le scrivo per l'emozione me le recito per giorni tra me e me -:

      Terruni, mi chiamasti,
      e pecchì?
      Di cani mi cacciasti,
      chi ti fici?
      D'assassinu mi dasti,
      cu ammazzai?
      Mancu na musca mi fidarria,
      parimai!

      Eppuru, tuttu chistu cuminciau
      quannu jeu ti dissi:
      Di lu paisi, vegnu.

      Allora li to occhi
      di vitru diventaru
      e na parola sula mi dicivi
      cu chidu bell'accentu di Milanu:
      Vattinni!

      E oji chi tornai a lu paisi,
      nta la me casa e lu suli paisanu,
      nci dissi a carcunu chi non 'ntisi:
      Ah, se potarrissi parlari paisi,
      'nci diciarrissi tuni a chidu dani.

      Eppuru mentri scrivu
      chisti quattru paroli
      na lacrima mi spunta
      intu all'occhi,
      e tuttu pe nu sparu chi ruppiu
      lu silenziu in chista randi notti.

      E la matina, nta chida vineda
      lu sangu ancora c'esti,
      lu sangu i chidu bonu cristianu
      chi pe' nu motivu o l'autru l'ammazzaru.

      Li spari rovinaru u meu paisi,
      e non 'nciu pozzu propriu perdunari.

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    5. Provo a raccontartene il senso, perchè una traduzione alla lettera è quasi impossibile per questioni di musicalità:

      A parlare è in maniera evidente un uomo del sud. Si rivolge ad un'altra persona, evidentemente di Milano - cu chidu bell'accentu di Milanu. Chiede di primo acchito perché mai si è meritato delle ingiurie e perché è stato cacciato come un cane e addirittura tacciato di assassino, lui non riuscirebbe a fare male neppure ad una mosca - parimai! è un intercalare per esprimere sgomento, repulsione, amarezza: vale quasi quanto un giuramento su Dio. Io non riuscirei a fare male neanche alla più piccola delle creature, lo giuro su Dio! -

      Tornato a casa, nella sua terra, l'uomo si rivolge direttamente al suo luogo natio, come fosse un'entità in grado di ascoltare ma senza che nessuno lo senta veramente. Dice: se potessi parlare tu, Terra mia, sapresti cosa rispondere a quel tizio che mi ha offeso, sapresti come convincerlo della mia onestà e ammaliarlo con la tua bellezza.

      Tuttavia, mentre è assorto in questo pensiero, nel cuore della notte ode degli spari che squarciano il silenzio. Sa già cosa è accaduto, il suo cuore è ferito.
      La mattina dopo vi è ancora del sangue innocente sparso in una piccola strada appartata - vineda. Nessuno sa perché si sia consumato quell'omicidio, forse per un motivo qualsiasi. L'uomo invece sa bene quale sia il male, il cancro della sua terra, e sa che anche lui ne porta le stigmate, ovunque vada: e per quello non concede perdono, per quello non può esistere nessun perdono.

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    6. ehm...PERDONA LO SPROLOQUIO! Ti ho ammorbato con un post nel tuo post :P PERDOOONOOOOOOOOOO
      ^_^

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    7. Ma figurati! L'ajo scoperta solo adesso che stavo riguardando i post che non ho ancora pubblicati. La fatica di tradurre in lingua te la potevi risparmiare: tra servizio militare a Udine dive venivano scaricati tutti i terruni e 48 anni di Germania dove trovavo solo siculi, calabri e napoletani e pure pugliesi
      sono sicuro che almeno l'accento lo imito bene assai.
      La poesia mi à piaciuta molto, Col tuo permesso me la ricopio.
      Sei molto brava e capace. Perché non posti qualcosa sul tuo Blog?
      Almeno in vernacolo sei assai divertente, ma penso pure in lingua. Dai, prova.

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