venerdì 29 dicembre 2017

IN MORTE DI L.P. VECCHIO AMICO


Speravamo tutti
in un'ultima parola,
un soffio di speranza,
il flash di un ricordo,
un'occhiata profondamente lanciata
tutt'intorno,
un battere di ciglia,
un segnale di complicità
l'accenno di un sorriso;
invece nulla,
solo mani contratte,
gelate, dita adunche abbarbicate
alla grinta dell'ultimo
minuto, e quel tuo
"sento la morte"
sputato attraverso i tuoi denti
e poi subito la testa
arrovesciata all'indietro
sulla spalliera della tua poltrona,
niente più forza
nemmeno per respirare
che già finiva in un brevissimo rantolo
la tua vita di randagio
del mondo.
Sgoiattolavi via nascondendo
l'ultimo tuo dolore
a chi da te più nulla attendeva
se non una lacrima
dispersa tra i folti peli bianchi
della tua barba antica,
dei tuoi baffi orgogliosi
a nasconderti le labbra ridotte
a un taglio breve
sulla tua faccia,
ultimo stampo di giovinezza
arguta e di disprezzo 
di tutto quello che tanto
orrore metteva
nei tremebondi e pavidi
peccatori pentiti,
aggrappati alle mille preghiere
giornaliere e notturne
nella speranza
di prolungare un soggiorno disperato
tra le umane miserie.

Tu, per nulla intristito
dalla certezza della fine sempre
imminente in questi ultimi anni,
non ti baloccavi in inutili
pretese di salvezza.
Così sei morto come sei vissuto
come voglio che sia per me,
senza un lamento,
con la fronte eretta
e un lampo di disprezzo
dentro gli occhi
a non mendicare compassione
a non implorare nulla,
e così sia.



*****

Maximiliansau   26 dicembre 2017

*****

martedì 26 dicembre 2017

DONO PREZIOSO


Dono prezioso
il naso adunco: il tuo 
lieve catturo

odore buono,
il tuo pesante pure
odor di rabbia;

e non ti dico
del tuo rancido puzzo
della gelosia,

quando che tutta
vorresti strapparmi la
pelle avvizzita

pezzo per pezzo
e gettarla al tuo cane
secco e bastardo

per farne scempio,
colei che mi difese 
da tempo morta.

Ma tu fai finta
di non aver veduto,
per una volta,

quel che vedesti. 
Era soltanto un gesto
di cortesia,

dopo un attimo
già avevo dimenticato
il suo bel viso

ed il tuo sempre
che riaffiora ogni volta
dentro di me.

*****

Maximiliansau,  24 dicembre 2017

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venerdì 22 dicembre 2017

DI NUOVO HAIKU PER FAVORE

1.  Fu caput mundi
     Roma. Crollò in un anno.
     Ombra l'accoglie.


2.  Epaminonda
     nascose i Teucri al sole:
     volo di frecce.



3.  Ascende il sole,
     sgorga il paesaggio all'occhio
     dove mi affaccio.


4.  Occhio ceruleo
     copre la curva fronte.
     Stampo di cielo.


5.  Vagisce il neonato;
     rantola il moribondo.
     dura un attimo.


6.  Lui baciò lei
     mentre pensava un'altra.
     Gelide labbra.


7.  Sogno precoce:
     l'abat jour è rimasto
     sempre acceso.


8.  Sogno tardivo:
     prime luci dell'alba.
     Gli morì in cuore.


9.  Soffiava il vento
     zigzagando tra i prati
     violentemente.


     Strappava fiori
     come un bimbo malvagio.
     Vuoti rimasti


     dondolavano
     steli recisi e muti
     senza altra vita.


10. Donna lontana
      fervida la preghiera.
      Cuore assente.


11. Sonno interrotto,
      incubi deliranti.
     Tace la mente.


12. Pioggia notturna,
      flagellate imposte
      crudo livore.


13. Pegaso vola
      cavalcando la luna,
      riporta indietro


      animale focoso
      la ragione di Orlando
      a volo lento.


*****

Maximiliansau, Natale 2017

Omaggio natalizio dedicato a tutti i miei amici vicini e lontani; che possiate tutti in queste feste avere ogni bene, quello che nel profondo del vostro cuore, magari anche sottovoce, vi augurate. Non farò nomi, sappiate che siete tutti nel mio cuore.
VINCENZO





domenica 17 dicembre 2017

ACCOPPIAMENTI RINFUSI



A1

La nave salpò
carica di emigranti.
Giace sul fondo.

A 2

Qualcuno a lungo
lottò da solo al buio:
tornò alla nave.

B 1

Sento un vagito:
non c'è bimbo nel bosco,
solo sangue.

B 2

Cerco là dove
si agita il fogliame:
branco di lupi.

C 1

Feroce è il vento
però qui non lo sento
e me ne pento.

C 2

Voglia di fumo:
lo vedi all'orizzonte.
Vento crudele.

D 1

Certezze certe
incertezze sicure
vibra la vita.

D 2

Sta in bilico
sulla fune distesa.
Cadrà di certo.

E 1

Un fazzoletto,
bagnato tutt'intorno:
c'è un buco in mezzo.

E 2

Posto sul viso
guardo dal buco e vedo
che fai la doccia.

F 1

Voglio vivere
la vita senza fine:
sono già morto.

F 2

Perché mai nato,
disperso in infiniti
strati di vuoto.

G 1

Tu prova all'ombra
la tua virtù ché al sole
sempre risplende.

G 2

Non illuderti
se risplendesse all'ombra:
fu acceso un faro.


Maximiliansau  17 dicembre 2017

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mercoledì 13 dicembre 2017

HAIKU FUSI

Chi va con lo zoppo impara a zoppicare; io cerco di imparare sto haiku classico col 5-7-5

A) Tacitamente
     qui rulla il tamburo.
     Siam tutti sordi.

B) No tinc por pour moi:
     für dich liebling, nur für dich,
     io so resister.

C) Non mi servono
     le chiacchiere che sento.
     Lo so: sei loca.

D) Io mi son un che
     quando amor m'invade
     subito cedo.

     Ben lo coccolo,
     lo accarezzo e mi
     lascio ferir.

     Ma poi finisce
     e allora in un baleno
     mi trovo un'altra.

     E ricomincio:
     stavolta colpisco io
     e lascio il segno.

*****

Maximiliansau, dicembre 2017

*****

mercoledì 6 dicembre 2017

HAIKU SFUSI


Mi ci avete fatto pensare voi, amiche mie, e io non ci penso mai troppo a lungo.
Incomincerò da quelle tre brevissime in risposta al commento di Anna Piedinudi


*
Dentro di te
trovavo mare,
pioggia riflessa.

**
Invidio
tenermi asciutto,
cuore assolato.

***
Dormiveglia,
vita vissuta,
morte annunciata.

ALTRE A GOGÒ

1.
Di notte al buio
ho calpestato un fiore.
Ora germoglio profumando la stanza.

2.
L'uomo che uccisero venerdì
sabato raccontò la sua storia, ma nessuno
gli credette perché erano tutti morti da anni.

3.
Una caraffa di caffè svuotata;
il fornaio addormentato all'alba;
puzza di vino stanco la caraffa.

4.
La margherita è ancora da sfogliare
tra le dita della ragazza timorosa.
Scaramantica gronda sudore.


5.
pensare non fare non dire...
tanti puntini di sospensione...
accumulare consensi...


6.
La fievole luce dell'alba carezza le onde.
Non erano marosi adirati all'orizzonte
né gobbe di cammelli, solo africani morti galleggiarono.


7.
Incominciò Pietro rinnegando Cristo. Si propagò 
il contagio. Or rinneghiamo tutti l'uomo che predicò
l'uguaglianza e di proteggere i deboli e gli esiliati.


8.
Luce piatta a dicembre, grigia e opaca.
Dardeggiano fari di auto tra gli alberi del bosco,
il tempo di cogliere la fuga di alcuni cerbiatti.


9.
Da mattina a sera poche ore appannate.
Quello che sognasti stanotte era un falso d'autore.
Or che l'autore dorme tu riprovaci.


10.
La tortora pigolò dal ramo più alto chiedendo aiuto,
intirizzita dal freddo e morta di paura.
Il falco la teneva d'occhio stiracchiandosi.


Maximiliansau, 6 dicembre 2017

venerdì 1 dicembre 2017

NOVE EPIGRAMMI


Tregua murfica, prego.
Potrebbe sembrare eccessivo lo spazio concesso e rompere la forza della parola riportata all'antico.
Vi regalo questi nove epigrammi, che sono altrettante boccate d'aria.


I


Sole.
Splendidamente sorge.
Si nasconde e scompare
un attimo dopo.

*****

II


Carme brevissimo.
Mi assopisco e taccio
tutta notte,

*****

III


Tuffata dietro l'orizzonte
la luce del tramonto;
rimane
l'ombra del sole sulla schiuma
dell'onde.

*****


IV


Viola il pensiero
il lampo di un'idea.
Svanisce. Pallidamente.
Pallido vuoto lascia.

*****


V


Mare mosso,
cielo rannuvolato.
Pioggia.
Poi sole,
un rapido raggio
su mare calmo.

Che altro occorre per vivere?

*****

VI


Mani
contratte sul cuore.
Amore tradito
o infarto?

*****


VII


Scorre la vita,
il fiume,
scorre la terra
e il cielo sotto il volo
dell'aereoplano;
tutto scorre,
Solo tu resti qui.

*****


VIII


Quando mi sono allontanato
era un limpido addio.
In fondo alla strada
mi sono voltato:
le tue labbra si muovevano mute.
Erano preghiere,
bestemmie,
forse solo maledizioni.

*****


IX


Non voglio illuderti,
è solo sesso.
Ti ridono gli occhi e il cuore
ti sorride e si spalanca,
perché pensi
di potermi fermare per sempre.

Mi piaci da matti,
ma niente
di più.

*****

Maximiliansau, 1 dicembre 2017

















lunedì 20 novembre 2017

MURFICO E IMPEROCCHESE


Alcuni giorni fa ragionando sul blog di Marina Guarneri, il taccuino dello scrittore, per dare forza ad una mia teoria ho riesumato un modo di scrivere che usavo ai tempi del liceo. Lo avevo chiamato murfico e ne andavo particolarmente fiero, tanto da averlo adoperato in alcuni miei temi, col dovuto rispetto per il mio professore molto conservatore, di cui però già avevo aggirato le difese obbligandolo a mettermi dei nove per temi in classe letterari o storici poco importava, che io svolgevo sotto forma di racconti. Costretto nel senso che erano scritti troppo bene e rimanevano col racconto nell'ambito del tema voluto.
Marina è troppo intelligente e preparata per fare una piega, tanto più che già conosceva il gliglico di Julio Cortázar. 
Nei commenti salta su Luz, blogger col suo io, la letteratura e Chaplin, che facendo riferimento a Fosco Maraini mi invitava a scrivere ancora in murfico.
Naturalmente ho immediatamente esaudito quel desiderio, che era anche il mio, perchè il murfico mi incolla ancora alla pagina, mi riporta indietro ai tempi beati del liceo e già ci avevo scritto in non so più quale blog un paio di poesie.
Ne cito una sola frase per lasciarmi capire

Katiloffando came nen los kotriones de la rubenta  orcheqquando al cupido pesiquamente ardilloso s'impriolò di biavida lacca.

Una cosetta così. E oramai mi era entrata nella penna e nella tastiera fuoriuscendo dalla capoccia mia. A quel punto però mi risovvenne che non solo di murfico vivevo, ma addirettura in quella meravigliosa stagione avevo iniziato a scrivere in imperocchese, diverso dal murfico, ma altrettanto stupefacente, al punto che dopo aver iniziato a scrivere poesie in quel linguaggio, che recitavo io stesso in classe con la voce di Ruggero Ruggeri il maggior attore teatrale dell'epoca, mi decisi, sollecitato dallo stesso professore diventato oramai un mio ultras da curva di stadio, a scriverci una commedia, che rappresentammo nel teatro Traiano a Civitavecchia.
La gente non sapeva se ridere o piangere, ma la serata era a scopo benefico e ne uscimmo tutti vivi e tra gli applausi.
Ieri sera sul tardi ero in apnea sprofondato nei miei ricordi ed ho scritto la mia ultima poesia in imperocchese.
Non vogliatemi troppo male, por favor, anche io ho tra i miei lati deboli quelli proprio deboli forte. Io comunque mi ci sono divertito alla memoria.

SQUINTERNANTE  IMPEROCCHESE  ARGUTO

La rimpinguata stoppa
s'arrovellava nella scarnita cappa
argomentando enfatiche scansie,
brusche effigiando allocuzioni
acquatiche a mo' di meritevoli
scalinate dalla sostanza
illuminata e bifora per la bisogna.

Volgevasi le gote da groppa a groppa,
piovasco il calibro de la sempreviva
calorosamente succube di una
trivella, biascicando notturne
preci ampollose di condimenti
allucinanti, a guisa di bretelle
caledoscopiche nonché raffinate.

Mungevano vacche bianche e variopinte
il proprio latte, svernando con
le brache a tracolla, cavernose
muggendo stancamente nei labbroni
dei mitili abbandonati
al vento della notte.

"Sorgi Petrillo e se vuoi essere
il primo della classe, dillo".
Fu il coro sottopassato dalle poppe 
argute delle donne minute
che cercavano motti altosonanti
per sbatacchiare ortaggi e fuorviare
melanzane brucate a tutto spiano.

S'avvilupparono insieme tutti quanti
gli sbattichiappe e si leccarono i baffi
ciondolando dai rami nord e sud
del lago Trasimeno in piena
rivoluzione astrale, mentre
il gorgo  si umiliava in processi
dispendiosi. Amen, disse il prete.
Fottiti, rispose il sagrestano.

*****

Poesia avveniristica numero uno
20 novembre 2017

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