mercoledì 25 ottobre 2017

VENDETTA TREMENDA VENDETTA

Domenica pomeriggio allo Stadio Olimpico di Roma è stata giocata la partita di calcio di Serie A Lazio - Cagliari. Ai cosiddetti ultras laziali, solitamente occupanti una delle curve, per punizione la Federazione Calcio italiana aveva inibito di assistere alla partita, Infatti la loro curva era vuota.
Ma qui ha brillato la ultraconosciuta furbizia di mister Lotito, l'esimio presidente della Lazio. Per la modica somma di un euro ha venduto ai tifosi ultras i biglietti della curva opposta, dove vanno sempre i tifosissimi della Roma, l'odiata nemica dei laziali. 
Onde procurare nuova luce alla loro già preclara fama di imbecilli e non soddisfatti di avere raggirato il regolamento con una furbata del loro degno presidente, gli ultras hanno tappezzato la curva "nemica" con l'immagine di Anna Frank con indosso la maglia della Roma.
Quale oltraggio a sentire quegli immondi fascisti e guerrafondai dei laziali. Ancora li sento:
"Javemo messo la maja de la Rometta a quella giudea. Lavemo smerdati sti stronzi de merda"

Questo il riprovevole fatto.
Siamo tutti d'accordo: uno schifo volgare da parte di gente che ha sulla coscienza Ciro, un tifoso del Napoli ammazzato come un cane rognoso un anno fa, prima della sfida Lazio-Napoli. Altre infinite porcherie hanno sulla coscienza costoro, come la trasferta a Livorno di qualche anno fa eccetera eccetera. Dovrebbero stare in galerissima e invece stanno liberi.

Da domenica sera i media e soprattutto la TV di Stato ci sta bombardando con questa dolorosa storia in TUTTI i programmi da UNO MATTINA a PORCA A PORCA, dai telegiornali del mattino a quelli della notte.
D'accordo: è stato insultato un simbolo dell'OLOKAUST, una martire di 16 anni, ma ce ne stavano sei milioni di martiri allora da innalzare sugli altari.

Mi chiedo: perché tutto sto casino? Perché proprio adesso? Perché la nostra amata mamma RAI non ci parla delle migliaia di famiglie ITALIANE che vivono cercando cibo e vestiti nella spazzatura? Perché non ci dice che fine hanno fatto le case che dovevano arrivare ad Amatrice, che ancora è un cumulo di macerie? Perché non danno altrettanto risalto a tutte le porcate che stanno accadendo in Italia tra cui sto ROSATELLO bis del controcazzo che imbavaglia il POPOLO SOVRANO obbligandolo a votare un sacco chiuso con dentro tutta l'immondizia dei partitoni e dei partitini?
Perché ci stanno scassando i coglioni con questa istoria di Anna Frank, ricordandosi all'improvviso e solamente adesso di quello che è successo in Italia nel 1938?

Tutta questa gentaglia (sto parlando dei nostri prezzolati e venduti giornalai non degli ultras laziali) va eliminata, scaraventata giù per le scale del palazzo, defenestrati, come nel '600 a Utrech.
Andiamo a votare e cacciamoli via. È gente indegna che approfitta della memoria sacra di una ragazzina innocente per coprire vergognosamente le loro magagne, per coprire anche i fischi e le pernacchie con cui il prode Matteo Cazzaro viene accolto in tutte le tappe del suo lucroso viaggio a spese nostre. Costa 400.000 euro al mese quel carrozzone che va su e giù per il paese portando in giro un buffone da circo. 

E  nessuno parla delle bollette di luce e gas che calcolano 28 giorni e non l'intero mese così il popolo deve pagare 13 volte all'anno una tassa fissa non da niente.
Nessuno parla della legge truffa che stanno facendo per portare la pensione a 70 anni, quando la gente comincerà a morire prima di andare in pensione. Misura necessaria ad ascoltare quella faccia da morto che parla del sedicente ministro dell'economia Padoan, che non si è vergognato di dire che è tutta colpa degli italiani CHE CAMPANO TROPPO A LUNGO. E allora facciamoli crepare sul lavoro, così lo stato (minuscolissimo) risparmierebbe subito il 50% e poi la vedova da sola crepa prima ed il risparmio è del 100%.
Che genio sto ministro, possinammazzallo a lui e all'anima de li mortacci sua. 


Mi assumo tutta la responsabilità di quello che ho scritto e mi firmo pure a la faccia vostra, politicanti
da strapazzo

VINCENZO IACOPONI

sabato 7 ottobre 2017

POEMA SINFONICO


(allegretto)

In un sottofondo di corni inglesi
rimbalzano note sui ritmi scuri
dei contrabbassi e dei violencelli in doppia fila;
danno voce alle foreste appena toccate da venti
discontinui che lasciano vibrare
soltanto i rami più alti.
Un coro di bassi profondi accompagna
la notte che scompare,
rimbalza sulle creste delle cento colline
che circondano la vallata dove
continuo a vivere incontinente e fioco
a dispetto dei miei tanti non estimatori
riuniti in centurie attestate ai lati
delle strade in attesa del passaggio
del mio funerale.

Ho già sentito nella carne
l'urlo della terra violentata
e maledetta
penetrarmi a fondo dentro le costole;
abusivo in questo territorio desolato
non mi nascondo più
né mi proteggo:
i cani scatenatemi contro mi troverebbero
anche sepolto sotto cumuli di memorie,
di tempeste secolari, di rigurgiti
dei tanti veleni inghiottiti e mai digeriti
in cui galleggio, liquami infetti
dai quali non posso separarmi
e non riesco nemmeno a purificarmene.
Accelerando il ritmo del battito cardiaco
quel tanto che basta
a una semplice sopravvivenza
sento la terra respirare
e fremere e indugiare, inghiottendo
sapori nuovi lentissimamente per meglio gustarli,
e misurare il volume dell'aria
lasciata ondeggiare dal vento
e mai più prendere alcuna
decisione, rimanendo immobile
con gli occhi fissi alle gobbe
delle colline tutte intorno,
trattenendo il fiato
per lasciare inalterate luci e ombre,
trascurando di accorgermi delle cartilagini
di meteoriti di passaggio
che si avventano su di me,
fuoco che non riscalda
di un sole ucciso all'alba.

E adesso che ho trascritto le mie
riflessioni indigeribili la mia anima è perduta,
sacrificata ai mille demoni originali,
venduta ai diecimila santi
elevati alla gloria degli altari da un popolo
di pontefici traditori del vero Dio,
millantatori dei cento Cristi
clonati dal primo e mai crocifissi
nemmeno per gioco il giorno
della Pasqua ebraica,
nemmeno una stilla di sangue versato,
nemmeno una goccia di sudore
spremuto perché mai salirono il sacro monte.
E chi come me li disprezza viene
rinnegato da tutti e bollato di infamia.

(andante)

Cosa pensava quell'angelo
caduto a precipizio a testa in giù
mentre vedeva la terra
avvicinarsi a velocità vertiginosa
infocata meteorite di se stesso?
Gli avevano spezzato le ali,
strappato di mano il segno del comando,
scagliandolo nel vuoto assoluto
solo per avere detto un NO sonoro,
decisivo, a un comando che non riusciva a capire,
che non poteva discutere.
"Pensate con la vostra testa, diceva il despota;
discutiamone pure tutti insieme, siete
liberi di pensarla diversamente,
discutiamone dunque, purché
facciate poi quello che vi ho ordinato io"

Così aveva parlato il grande impostore,
il burattinaio massimo
e i cieli si spaccarono impauriti,
i tuoni e i fulmini si nascosero 
nelle tenebre. E fu allora che l'angelo
più luminoso di tutti oppose il suo diniego
e subito fu scaraventato nel vuoto assoluto.

Nulla pensava l'angelo in caduta, tutto malediceva
chiedendo alla sua Sorte di conficcarlo
nel cuore della terra
dove rimanere in eterno senza più nulla vedere,
senza più nulla sapere, ma il suo
crudelissimo creatore altro aveva previsto
per il suo figlio ribelle, il più intelligente,
il geniale, quello ancora più bello di lui
e lo lascia planare al suolo
che gli divenne soffice sotto i piedi
perché in eterno dovesse
disperare lo splendore della casa perduta.
Da allora ci sono momenti
in cui tutto accade e niente succede
e quella fu la prima volta che da allora
si ripete sempre più spesso.
Santi misteriosi e arcangeli asessuati
si sono infiltrati da quel fatale momento
nello spazio lasciato libero
dall'angelo caduto
mai raggiungendo però le vette
e gli sprofondi del primo e unico
e irripetibile.

(adagio)

L'hanno costruita da tempo questa strada
solamente in salita,
per scendere bisognerebbe retrocedere,
indietreggiare, rinunciare.
Questa è una strada per uomini
decisi, per donne di cosce solide
e carattere ferrigno;
questa è una strada dove non
si può dire ne ho abbastanza, mi fermo
qui, andate avanti voi senza di me.
Più tardi passeranno 
autobotti blindate che succhiano
tutti quelli fermi ai bordi
della strada, nel loro pancione
gonfio li inghiottono e dopo
non se ne saprà più niente.
A questa strada la Sorte
ci ha consegnato ma non dobbiamo
maledire la Sorte, non serve a nulla,
ché tutte le strade qui
sono uguali a questa.
Bisogna arrivare alla fine della
salita senza più chiedere notizie,
senza sapere cosa troveremo.
Forse il palazzo dell'oro,
forse il precipizio definitivo,
ma a nulla servirebbe appurarlo adesso,
ché non si può evitare di salire
fin lassù, inutile qualsiasi 
precauzione, ma avanzare decisi
senza fermarsi nemmeno per bere un sorso
d'acqua, senza chiedere, senza
lasciarsi sorprendere da nulla.

Intanto muore il pianeta soffocato
dall'indifferenza, inaridito
dalle ustioni dell'antica stella
non più amica, che gli succhia
umidità e umori dalle vene,
appiattito dall'effetto serra,
dal mare che si innalza
per via dei miliardi di metri cubi
di ghiacci polari disciolti
mentre appena sotto la coltre dei veleni
enormi schermi oleografici
trasmettono ininterrottamente
le curve della morte che si impossessa
delle ultime prede accessibili.
Alzando il naso potrebbero tutti osservare
la lenta agonia di quello
che fu definito il pianeta blu,
la prima meraviglia dell'Universo,
ma tutti procedono a capo chino
e nessuno sembra avere più voglia
di conoscere quello che capiterà domani.

(vivace)

Discolparsi di fronte al creato
è un atto dovuto quando si prende visione
dei millenari danni arrecati
per ambizioni personali,
orgogliose rincorse all'effimera bellezza
idealizzata magari da artisti inconsapevoli
deturpando tesori naturali,
rapinando al sottosuolo pietre
preziose e metalli raffinati
per questo distruggendo
ciò che in milioni di anni di solitudine
il tempo aveva abbarbicato a rocce
profondissime e silenti.
La natura violentata
non si ribella e non impreca
né condanna.
Si libera dei suoi dolori e delle sue delusioni
emettendo note musicali
coi suoi mille strumenti:
lascia stormire come flauti bassi
le sue foreste
sollecitate in cento direzioni 
da venti modulatori
e consensienti, autori di flessioni
ritmiche, allegre ma non troppo,
audaci, mai ripetitive
non orecchiabili dai silenzi del cosmo;
danzano immagini goffe
irriducibili, smembrate,
sogni decapitati all'alba,
tentativi di cogliere
significati da ombre che nessuno ne danno;
li mantiene vivi
l'illusione di poter sempre uscire vittoriosi
da qualsiasi conflitto,
che è il tallone di Achille
di questo nostro vivere sgangherato.
A guardarle bene sono offuscate
sagome di memorie lontane
profanate ogni notte,
seni vizzi di donne mai esistite
che versano liquido acido e maleodorante
che non è colostro ma veleno
per distruggere neonati.
Nessuno gode di questi immondi spettacoli,
nessuno però se ne duole veramente,
la cosa è accettata per buona,
per una calamità necessaria, come tante
con inumana insensibilità,
con sadica indifferenza, col piacere
di chi vede che il male è comune
e la sofferenza dilaga trionfante,
e poi affacciarsi tutti sul mare della morte
magari per scaricarvi vagonate
di corone di fiori a rinfrescare lo spirito
galleggiante di migliaia di morti annegati
che si lamentano ancora,
e il murmure si fonde allo sciabordio
delle onde sullo scafo del battello che abbiamo
noleggiato con tutta la squadra televisiva
per fare la nostra porca figura
sul telegiornale delle venti e trenta.
Gli occhi puntati sulla cresta delle onde
a catturare ombre di bambini annegati,
i microfoni affondati sotto il pelo dell'acqua
a cogliere l'ultimo borbottio dei morti.

"Mare.
Non avevo mai visto il mare, capotribù.
Pensare che mi avevano detto
che fosse blu.
Invece è nero, nerissimo questa notte
come il colore della
mia pelle.
Il gommone che mi reggeva a galla
è affondato da qualche parte
e in questo mare io non mi ero
mai mosso prima.
Invento tutto e per un po' 
galleggio, ma devo muovermi
non riesco a star fermo
e subito affondo.
Non si riesce a respirare
qua dentro
e io adesso incomincio
a galleggiare dentro questo
mare,
sopra e sotto lo sento
e tanti stanno come me.
Io adesso mi sento mare, capotribù,
ora son io mare, io e questi
fratelli miei
ed è meraviglioso
lasciarsi andare verso il fondo
senza soffrire, senza affannarsi, senza
pensare più a niente,
solo guardare
il mio fondale
del mio mare
che accoglie me abbracciandomi
come un fratello"


*****
Scritta tra aprile e agosto 2017;
finita di assemblare il 6 ottobre 2017
a Maximiliansau