sabato 30 giugno 2018

DÜW 221 LA SVEGLIA POTREBBE ANCHE NON SUONARE

A casa non mi riesce mai di svegliarmi prima che la sveglia mi suoni dentro le orecchie, anzi deve suonare a lungo prima che io apra un occhio. Qui, in questo silenzio radioso, riuscirei perfino a finire di raccontarmi la favola che mi sto sognando e poi a saltare fuori dal letto in tempo per anticipare gli squilli.
Io sono del secondo turno, per me le operazioni iniziano alle otto e quindici con il Frühstück. Ma io potrei partecipare alle sette e mezza al primo turno. 
Ignoro il motivo di questo mezzo miracolo, visto che alla sera mi infilo sotto le lenzuola più o meno alla stessa in cui lo faccio a casa mia.


DÜW    221    XX


Da lontano giungevano i latrati
dei cani. Il gregge era altrove,
i lupi dappertutto.
Ma i cani abbaiavano alla luna.
Infibulare le giovani fanciulle,
togliere loro tutto
il desiderio del mondo e di conoscenza;
sacrificarle a divinità concupiscenti,
occhi, orecchi e sensi nutriti
solo di sangue giovane e verginale;
sgocciola sui gradini dell'altare
fino alle fauci dei lupi.
Il gregge è salvo e può rientrare
nel recinto, i lupi sazi,
i cani tranquilli
e forse stanotte si dorme.
Solo le vergini giacciono ai piedi
degli altari e nessuno si preoccupa
di darle una sepoltura.
È proprio indegna di essere osannata
questa divinità che nessuno
ha mai incontrato.


01   06   18

venerdì 29 giugno 2018

DÜW 221 UNA VOLTA IN PIZZERIA

Capitava anche in un pomeriggio sul tardi di trovarsi fuori a passeggiare in città e ad un tratto veniva fame a me ed al collega che si era avventurato con le sue stampelle ad una escursione nel Borgo. Si girava l'angolo pensando a quanto tempo occorreva per rientrare alla base. Ma una diecina di metri distanti c'era l'insegna di una pizzeria. La fame aumentava immediatamente e si decideva all'unanimità di mangiare fuori.
Un bel piatto di spaghetti Napoli al dente dentissimo, ecco quello che mi mancava,  poi osservare le loro facce mentre io li arrotolo con la forchetta, e poi sbudellarmi dalle risate a vedere i loro tentativi per riuscire nell'impresa.
Valeva la pena di venire a Bad Dürkheim.


DÜW  221   XIX

Mangiavano spaghetti e fricadelle
nel locale più á la page del paese.
Tiravan su uno spaghetto per volta
succhiandolo e facendolo scivolare sul mento.
Noi ridemmo sguaiati e paraguli.
Ignoravano l'uso del cucchiaio,
ma comunque
hanno due mani anchilosate
e non ce l'avrebbero mai fatta ad arrotolare
spaghetti ed a portarli
alla bocca, senza farseli precipitare
sui vestiti, come me, seduto nel mio seggiolone
in una vecchisima foto in bianco e nero
che mi scattò mio padre,
dove agguantavo avidamente con le mani
i maccheroni al sugo, strofinandomeli
sul muso non trovando mai la bocca
spalancata, coi capelli nel piatto
unti e bisunti. Si disperava certamente
mia madre, mentre mio padre
rideva a crepapelle.
Come noi nel locale quella sera.
Il giovanotto venne con me col suo piatto.
"Se lei è italiano ci insegni
come si fa". Presa una forchetta pulita
e un cucchiaio, ingoiai due o tre forchettate.
S'eran fermati tutti a guardare me
che mi ingozzavo di pasta,
dopo averla arrotolata veloce prima 
e lentamente poi perchè capissero bene il movimento.
Ci fu chi applaudì. Risero tutti.
Andò a finire che andammo via
insieme a loro a scoprire dove
si beveva il vino buono.
Ora sono diventati 
amici nostri. Ci ospiteranno nella loro
finca a Tenerife.


31   05   18

mercoledì 27 giugno 2018

DÜW 221 DOMENICA GIORNO SPECIALE

La domenica è un giorno speciale, perché arrivano in visita gli amici, le mogli, i figli adulti che portano i loro marmocchi. Tutti vogliono vedere dove alloggio, cosa si vede dal mio balcone, dove mangio ogni giorno e dove faccio le mie passeggiate. Ci vado per la prima volta alle Salinas perché finora l'ho ammirate dal balcone, ma non glielo dico, anzi faccio il cicerone raccontando a pappagallo quello che ho letto nel depliant che ho in Zimmer.
Bene: allora lo avevano scoperto i Romani, gli stessi che piantarono i vigneti, poi una tromba d'aria mandò tutto all'aria. I Romani non c'erano più e così passarono più di 400 anni prima che qualcuno si accorgesse delle proprietà teraupetiche di quelle acque. Nell'Ottocento andò a fuoco pr via di un fulmine. Fu ricostruito, ma era un posto sfigato, infatti ai primi anni del Novecento andò nuovamente a fuoco ma non accidentalmente. Di nuovo rifatto e da allora gli incendi finirono, misteriosamente come erano incominciati. Fabio ed Alessia sapevano già tutto, perché erano schizzati via lontano da noi ed avevano letto una targa bronzea dove erano scritte le stesse cose che io avevo raccontate.
-Non le avevi ancora lette? Mi chiese mia madre.
-Passo di qua solo alla sera, quando è buio, rappezzai. Ma va, Iacopò! Qui fa buio alle ventuno; dì piuttosto che tu qui non eri mai arrivato. 


DÜW   221   XVIII

Verranno domani nel primo 
pomeriggio, a prosciugarmi la noia di dosso,
a soffiarmi dentro le orecchie
rumore d'erba appena tagliata,
a ruminarmi le ultime notizie
dei telegiornali, mitragliate rapidamente
da conduttori scaltri, sorridenti e di lingua
veloce. Mai lasciare riflettere: bombardare
a tappeto schizzando da un argomento
all'altro, senza requie.
Noi non si vuole pensare, noi non
si vuole capire, solo ascoltare
il martellare delle doppie, dei comgiuntivi,
l'equidistanza dei fiati dell'annunciatore,
i sorrisetti all'inizio di ogni sua 
frase, perché la gente pensi che tutto
vada bene. È ora di pranzo e siamo felici
e sazi. Che si veda.
Ma loro tre verranno dopo mangiato:
i volti tesi, la notizia mal digerita,
strapazzata dal lungo viaggio
come una borsa vuota.
Me la lasceranno ai miei piedi,
oggetto usato e sudicio, porcellana fesa,
lavandino sozzo
dove aggiungere vomito a vomito.
E poi se ne andranno
lasciandomi più abbandonato e solo
di quanto sia stasera.


30   05   18

martedì 26 giugno 2018

DÜW 221 NUVOLONI COME UN BRANCO DI PECORE AL GALOPPO

Avete mai avuto la fortuna di vedere spuntare da dietro la cresta delle colline nuvoloni ammonticchiati gli uni agli altri, che si scavalcano in disordinato assalto ai vigneti sottostanti come un branco di pecore furiose e tracotanti? A me è capitato in questo bucolino di mondo tranquillo come un lassativo. Te ne stai lì sdraiato sul lettino e il lassativo fa effetto: i nuvoloni appena spuntati già hanno divorato le creste e la chiesetta con campanile dove non credo ci sia più campana, oppure il campanaro ubriaco dorme perennemente. I nuvoloni si azzuffano, i pecoroni belano tetramente e fra un attimo saranno dentro la mia stanza e già più non so se sono loro a fare codesto mormorio oppure la mia pancia in preda alle convulsioni. 
Gente, ve lo garantisco io: uno spettacolo.


DÜW   221   XVII


Un geroglifico al posto della luna,
un'autostrada intorno all'Equatore,
un ponte con duecentomila arcate
dal Polo Nord al Polo Sud,
la spremuta di una stella
inonda l'Africa,
poi la risucchia in alto
che non se ne scorga più nulla.
Resta solo il Sahara con un mucchietto
di palme: un'oasi silenziosa che non protesti
mai, che non si indigni
della sua solitudine.
Se si potesse scomporre in piccoli
prismi la Terra e l'Universo,
come forse fece Iddio col suo Big Bang,
ce la potremmo rifare ogni cent'anni
l'isola nostra, a galleggiare
tra sistemi solari e galassie multicolori,
cercando il modello che meglio
si incastra negli altri
e non avremmo bisogno di lamentarci
sempre e di tutto.
Il tempo giacerebbe piatto e immobile:
solo la nostra mente
immaginifica
produrrebbe rumori, suoni, colori
e movimento.


30   05   18

lunedì 25 giugno 2018

DÜW 221 SCIVOLA ACQUA SALATA SU MISTERIOSE RADICI

È un insolito spettacolo il luccichio di rivoli di acqua su radici a me sinceramente ignote finora, che unito all'odore acre e pungente del sale di primo mattino stuzzica entrambe le narici, ma non provoca starnuti. Ecco la stranezza. Soffro da anni di estemporanee esplosioni soprattutto di primo mattino, appena tocco terra con un piede, tre, quattro, anche cinque impellenti starnuti in crescita, che culminanano con uno stranutone finale, alla Eolo di Biancaneve, cui nessuno specialista ha mai dato una spiegazione o trovato un rimedio soddisfacente. Da quando sto qui e mi affaccio al mio balcone, circa cento metri in linea d'aria dalla parete di radici perennemente annacquate, non stranuto più.
Questo è per me sensazionale.


DÜW   221   XVI


Spiaggia, scogliera, un'altra breve spiaggia,
ancora scogli, terreno avverso, non si può
attraversare a piedi scalzi.
Qui venivamo quando marinavamo
la scuola, senza ragazze, solo Leonardo,
Marcello ed io, un paio di volte
con Pietro, e Maurizio solo per criticare
con la puzza sotto il naso, antipatico, pieno
di brufoli, ma è stato lui a insegnarci
il cha cha cha, e a me anche 
la samba figurata.
Poco lontano da lì una pozzanghera piena
di cristalli di sale. Sotto il sole
rifletteva il più bel cielo del Tirreno.
Ogni tanto passava un cane
randagio, vedeva quella
meraviglia e si fermava a bere.
Ci teneva un po' d'occhio, poi veloce
buttava giù il muso e immergeva
una linguata poderosa a mollo.
Sbavando litri di schiuma schizzava
via tossendo e starnutendo, inseguito
dalle nostre risate crudeli.
"Il passo della bava e delle vomitate"
avevamo battezzata la marana.
Veramente l'idea fu di Marcello,
ma noi per tanto poco
mai litigammo.


30   05   18



domenica 24 giugno 2018

DÜW 221 RIVOLUZIONE NEI CERVELLI

Forse è questo lo scopo non dichiarato di queste "cure" in cui tutti fanno le stesse identiche cose: fare tornare i vecchi, notoriamente individualisti, dei soldatini servizievoli ancorché lentissimi, ma forse questo è il segreto: un cervello che naviga veloce mal si adatta ad una vecchia carenatura piena di fessure da cui circolano orrendi spifferi. Se resto qui un paio di mesi ancora divento anch'io un trottapiano e voglio vedere dopo, al ritorno alla cosiddetta vita normale, quanta me ne resterebbe da investire a ritmi accettabili.


DÜW   221   XV


"Non hai un soldo, ti si legge in faccia.
Che gusto ci provi a chiedermi quanto voglio
da te questa sera?"
La puttana si è fermata sotto un lampione;
si abbassa per guardarmi bene, indugia.
"Costo salata: duecento euro col guanto,
non faccio niente senza preservativo."
Ridacchia, si gira, non le interesso più.
Lei non sa che non sono
i soldi il mio problema, è la sifilide
che mi ha massacrato. Non funziona
più niente, tutto marcio il mio sangue
e da lì sotto esce soltanto pus.
Un Maserati biturbo se la tira dentro.
Dove vado con la mia Abarth?
Mi fermo al buio dopo cento metri e aspetto.
Ci mette un'ora. La biturbo sgomma.
Lei mi vede e si avvicina.
"Ci hai ripensato? Dai, ti faccio per la metà.
Sei l'ultimo stanotte; poi me ne vado a casa."
"Dove hai la macchina?" chiedo.
"Chiamo un taxi". "Ti accompagno io stanotte."
"A casa non ti faccio entrare."
"C'è il tuo amante? Un russo? Un marocchino?"
"C'è il mio bambino con mia sorella
che lo guarda. Non ho il lenone."
Sta un attimo zitta, poi siede accanto a me.
Non le chiedo nulla, solo dove devo portarla.
Incomincia a parlare senza pause.
"Avevo sedici anni, andavo al liceo e lui
era bello come il figlio di Dio. Trenta anni,
sposato, il mio professore di latino.
Mi sono presa i calci di mio padre ma non gli
ho fatta la spia, altrimenti lo ammazzava.
Noi siamo di Olbia e lui era sposato.
Per questo mio padre lo avrebbe fatto
campare poco. Sono stata 
cacciata da casa. Arrivai con la nave
una mattina. Sono venuta a Roma
a fare la serva in un Bar, ma si vedeva
troppo la pancia. In ospedale ho presentato
documenti con dati falsi.
Dopo un mese già battevo. Mia sorella,
più piccola di me, scappò di casa, ma lei non
fa la mia vita. Fermati
che sono arrivata."
Casa carina, a tutto penseresti ma non
che dentro c'è una prostituta di nemmeno
venti anni.
"Ripassa domani sera dopo le ventidue.
Non pensare ai soldi: te la regalo, e grazie
per tutto."
Scende. Parto subito, ma vedo che saluta
alzando un braccio e agitando la mano
leggermente, come la pala
di un mulino a vento.


30   05   18




sabato 23 giugno 2018

DÜW 221 NOTTE CON E SENZA LUCE

Detesto dormire a luci spente totalmente nella casa. Deve filtrare un po' di luce e allora lasciare le serrande leggermente allentate, oppure, ancora meglio, lasciare la porta della camera socchiusa e un lumino blu acceso, come si faceva una volta coi santi o le madonne.
Dimenticai a casa il lumino, non sapevo come procurarmelo, per cui risolsi di lasciare una delle tantissime luci accesa, ma mi dava fastidio, così risolsi il problema aprendo le tende al centro della finestra che occupava tutta la parete in basso. Filtrava sempre un tiepido chiarore fin dalla notte profonda, così potevo addormentarmi fissando la cresta delle colline di fronte.


DÜW  221  XIV


Snocciolando orazioni o bestemmie
si riesce sempre a venire a capo
di un problema, basta tirare dentro molto fiato.
È una vita che ingozzo e che rilancio
in costante attesa di incontrare chi
sia della mia categoria di smoccolatori,
oppure un prete, un frate, un monaco,
basterebbe un buon chierico,
un musulmano culo all'aria e piedi nudi
che sforni preci e giaculatorie.
Poi la festa finisce. I monocigliati si raddrizzano,
riassettano i panni, rinfilano pantofole
e corrono a nascondersi al buio per farsi due
buoni bicchieri di vino, un panino col prosciutto,
due costolette di porco. Al buio
perché Hallah non li riconosca e non li possa
maledire. Io scantonavo da ragazzino
quando vedevo avvicinarsi il mio confessore:
avevo sempre segreti da occultare,
magagne almeno pensate,
se non riuscite a realizzare,
falsi d'autore, bestemmioni solidi
pronunciati sonoramente in silenzio,
solo tu e io, grande Iddio, e il vento
a farne testimonianza, che tu esistessi 
o meno importava sempre assai poco:
una buona bestemmia o un pater noster
non vanno mai perduti.


29  05  18




venerdì 22 giugno 2018

DÜW 221 LO STRAMERITATO RIPOSO

Lo strameritato riposo arrivava poco dopo le 21, quando la maggioranza stava a letto a guardare la TV, oppure, come me, a fare quello che gli veniva meglio e più spontaneo: scrivere. Qualsiasi cosa, sopratutto poesie.
Durante la giornata, che finiva in pratica dopo cena, c'era appena il tempo di correre -si fa per dire- da un ambiente all'altro per eseguire gli esercizi prescritti. Chi era integro come me cercava di sgattoiolare muro muro, addirettura facendo uso delle scale, gli altri strascicando i piedi, ma il risultato era l'affaticamento di tutti.


DÜW  221   XIII


Un cuculo stanotte
cercava la sua femmina
con lamenti sempre più fievoli,
chiedendo ragione della 
sua scomparsa
all'opaco lunare.
Lei in quel momento,
solo pochi alberi lontana,
andava nascondendosi sotto un'ala
del nuovo compagno,
spegnendo il suo rimorso
dentro la speranza di un prossimo
accoppiamento.
Quando l'avventura sarà conclusa,
il desiderio appagato,
il nuovo svolazzato alla ricerca
di altri nidi inesplorati,
incontaminati,
acerbi,
lei indifferentemente scuotendo
le penne della coda,
per sgrullarsi di dosso cattivi odori,
rientrerà nel vecchio nido
come se nulla fosse accaduto
e si accoccolerà giacendo in attesa
dell'antico corteggiatore.
Troppo debole per protestare,
poco intrepido per discacciarla,
per paura di perderla definitivamente,
lui dopo una breve attesa
scenderà nel nido
e la coprirà con una sua ala capace
benevolo e pietoso.


28   05   18


giovedì 21 giugno 2018

DÜW 221 IL MISTERIOSO ZOPPICATORE

Giuro che non lo avevo mai incontrato prima, un vecchietto che camminava solo con le grucce tanto per cambiare e che la prima volta che ci incontrammo si fermò, stava per apostrofarmi come se mi conoscesse da anni, ma poi tirò dritto con estrema lentezza.
Il mio tavolo era il numero 34, il suo in terza fila, tra i sessanta e i sessantacinque. Arrivava sempre dopo di me, passando aveva un attimo di titubanza, poi mi faceva un cenno di saluto e via. 
Giovedì 7 giugno, due giorni prima della mia partenza, toccava a lui. Terminata la colazione tornando indietro il claudicante misterioso si fermò davanti al mio tavolo, mi tese la mano e mi augurò un miglioramento tangibile al termine del mio periodo di cura. Chissà per chi mi aveva scambiato.


DÜW   221   XII


Sentirti nuda in trasparenza
dentro una cabina di plexigas
mentre facevi la doccia,
immaginare di baciare ogni
rivolo d'acqua dai capelli alle caviglie tue,
acqua salata come onda
del mare sulle tue squame di sirena,
e qualcuna delle più minute
mi si è introdotta in mezzo agli incisivi.
Non volerti girare intorno,
vederti solo il lato posteriore dal collo
ai piedi; chiudere gli occhi
sognando di asciugarti anteriormente
succhiandoti le schiume millimetro
per millimetro dalla tua pelle
più impervia e impegnativa.
Quante volte lo facemmo e quante
le volte che nostalgicamente
lo ricordavamo?


28  05  18

mercoledì 20 giugno 2018

DÜW 221 SALINAS

Avevo già sentito parlare delle Salinas, le terme di Bad Dürkheim, ma non avrei mai pensato ad una parete lunghissima -oltre 400 metri- di una costruzione di mattoni e legno con radici mai viste prima, che la ricoprono da entrambi i lati, lungo i quali scorre in continuo acqua salatissima di sali assai vivaci. Anna Maria aveva una vecchia cicatrice accanto ad un occhio che continuamente perdeva la crosta per riformarla di nuovo. Qualsiasi medicinale non aveva sortito effetto. Ha bagnato la superficie della vecchia ferita con quell'acqua ed il giorno dopo ha cominciato a star meglio. Adesso è liscia come il culetto di un bebè. Non solo, per tutta la settimana dopo avermi fatto visita ha respirato a pieni polmoni -lei è asmatica da quando aveva poco piú di un anno- senza bisogno di inalatore ogni sei o sette ore. Da parte mia, forse a causa di una rinite o qualcosa di simile io ogni mattina appena alzato e poi schizofrenicamente ogni pomeriggio a casaccio piazzo lì da una vita una serie di starnuti giganteschi ad imitazione di quel nanetto di Biancaneve, Eolo, che faceva volare via tutto. Nel periodo passato lassù non è successo mai una volta. Incredibile no? Penserete che sono oramai guarito e invece appena tornato a casa ho ricominciato a sternutire.


DÜW  221   XI


Sulla nudità della parete del buio
vedo scritto il mio nome in trasparenza.
Le mie generalità, la mia razza,
il colore degli occhi, una data,
forse due. Riconosco la prima. Vorrei
riuscire a leggere l'altra, ma è come
se qualcuno versi in continuazione
un liquido caldo e detergente
sopra una pittura fresca
che poi scola in fondo dove presumo
ci sia un pavimento, e dove i diversi segni
e le parole si assorbono
in un unico impasto illegibile
come un liquame organico
che galleggia sopra una superficie
liquida, che si muove appena.
Giusto così.
Potrò cenare tranquillamente stasera
senza dover singhiozzare,
tendendo orecchie a passi inesorabili
in avvicinamento.


27  05  18

lunedì 18 giugno 2018

DÜW 221 UN PASSO DOPO L'ALTRO

Sapete quanti passi ad andatura normale occorrono per completare un percorso di tre giri di giardino in cui ogni giro misura 330 metri, cioè 990 metri in tutto?
Ad un uomo che non zoppichi occorrono 1.820 passi.
Quell'uomo sono me.
Sapete quante pulsazioni al minuto avesse quell'uomo all'inizio di ogni prova? 
Sempre le stesse: 54 pulsazioni.
E quante ne avesse alla fine dei 1.820 passi?
Sempre lo stesso numero: 65.
I maestri facevano scommesse con me...e le perdevano. Mi seguivano passo passo col cronometro. Niente: li buggeravo siempre, ciquita.
Io sono bradicardico: cuore bombastico. Fino ai trenta anni non arrivavo a 40 pulsazioni. Poi se capiss gli anni passano ma il vecchio lazzarone non molla. 


DÜW   221  X

È una semplice lampada accesa
nel buio, ma non illumina la notte,
non illumina nulla.
È solo un punto di orientamento.
Chi cerca di raggiungerla
la vede allontanarsi
e rimanere sempre lontana,
alla stessa distanza
davanti a sé. C'è chi ci diventa matto,
chi dopo un po' ci fa l'abitudine,
ma nessuno riesce a fregarsene
perché quel lumino mai raggiungibile
non lascia capire il suo misterioso
segreto. Non posso
fare a meno di parlarne,
forse per esorcizzarlo.
per ammansirlo, perché neutralizzarne
l'influsso nella mia mente
non mi è concesso,
e non mi interessa sapere se qualcuno
ci sia mai riuscito
né se altri più fortunato di me
lo farà in futuro.
Cui prodest scoprirlo?
A me no, per cui amen.


27   05   18

DÜW 221 QUELLO CHE NON TI AUGURI DI VEDERE

Erano arrivati la sera precedente, ma nessuno di noi se ne era accorto. Marito e moglie, Herr und Frau Fischer ce li trovammo seduti al nostro tavolo, di fronte a noi, Herr Schmidt ed io. Il tempo di scambiarci un veloce gud Morgen. Poi ci si alza e si va al solito angolo a procurarci la colazione. Una vetrina rettangolare come in un negozio e ci si deve girare intorno, accumulando cibarie nel nostro vassoio. Herr Fischer stava proprio davanti a me ed avevamo quasi completato il giro. Ad un tratto caccia un semiurlo, un urletto breve, barcolla, lascia cadere il vassoio e mi crolla su un piede, il destro. Non si muove. Tutti guardano. Nessuno agisce. La moglie che era arrivata un po' più avanti, urla come una disperata, butta via tutto il vassoio e si precipita su di lui. Gli spalanca la giacca e allora lo vedo, il salvavita, quello che tutti chiamano il defibrillatore. Lei preme il pulsante rosso e quello entra in attività con sibili altissimi. Ho capito tutto. Pochi secondi e Herr Fischer ricomincia a respirare con molto affanno. 
Era ricoverato in un Ospedale a Mainz per infarto. Oggi ne ha avuto un altro. Il medico di servizio lo ha rimesso in piedi. Poi è arrivato il Not Arzt con un'ambulanza specializzata e un'ora dopo era in Ospedale qui a Bad Dürkheim. Ci hanno poi detto che lo avevano trasferito nuovamente all'Ospedale di Mainz in elicottero.
Quello che mi è sembrato buffo è che io, una volta liberato il piede imprigionato sotto il corpo di Fischer sono stato preso dalla risarella. "Roba da matti, mi dicevo, guarda te come si muore in un attimo: uno strilletto e via, sei morto. Vale la pena di prendersela tanto?"


DÜW  221  IX


Perché sconvolgerti la testa
per capire cosa avviene dietro la cresta delle colline?
Di là partono le nuvole e le ombre,
scendono fuggendo a precipizio
i filari del Müller Thurgau,
inseguiti dai temporali.
Che avviene là dietro?
Quale doloroso evento spazza la valle
e vomita oltre le colline tutto
il marcio del mondo nella nostra
minuscola vallata?
È sempre stato così
oppure avviene da quando
io soggiorno qui?
Vogliono che me ne vada
più rapido di come sono giunto,
che liberi quest'aria notoriamente salubre
dal puzzo del mio sudore e dei miei fiati?
I boschi emettono flatulenze
che il vento spinge tutte dentro la mia stanza.


27  05  18


sabato 16 giugno 2018

DÜW 221 A PROPOSITO DI FRAU STAUB

Che poi Frau Staub -tradotto la signora Polvere- è l'unica che fin dall'inizio ha pronunciato correttamente il mio nome, cosa che sembra impossibile in questa terra dei Crucchi, e che se lo è fissato bene in mente. Così ogni volta che fa l'appello mi fa un cenno: "Herr Iacoponi hab' ich". Magari, penso io, e subito scaccio l'idea, ché a qualcuno non vengano idee suine in testa.


DÜW  221   VIII

Non mi era mai capitato
di provare il passo lento del vecchio
che segue un gruppo senza fine
lungo corridoi di poche decine di metri
come se andasse all'ultimo
abbeveratoio.
Passo lento, ho detto.
Non è così: spento piuttosto 
e claudicante, dove il peso del corpo
grava ora su un piede ora sull'altro,
a dondolo, come camminano
i marinai dopo mesi di alto mare.
Neanche ai tempi in cui
mi accompagnavo a mia madre ottantottenne,
quando lei ogni tre metri si fermava
ad osservare un fiore, una pianta,
un insetto. Curiosità femminile, pensavo.
Invece no: riprendeva fiato
e non voleva darmelo a vedere.
Io ripeto adesso quel trucco
da consumato istrione,
ora osservando una crepa sul muro,
or rimettendo al suo posto un ciottolo uscito
dall'allineamento perfetto del giardino
della casa di cura
che mi ospita,
e mi permette benevolmente
di tirar fiato, sdraiato sulla poltrona
a piè del letto,
stravaccato e stravolto, 
una volta sfilati i pantaloni
e slacciate la scarpe.


26   05   18


venerdì 15 giugno 2018

DÜW 221 ATTENZIONE ALLE VECCHIETTE

Me lo raccomandò A.M. sghignazzando quando mi lasciò da solo in quella selva di stampellanti dei tre sessi. "Quella che hai ti basta e ti avanza". In effetti al 223, una porta più in là nel corridoio c'era già da due giorni Frau Wander, una vecchietta assai carina, di appena 79 anni, ma chiacchierona quanto poche. Mi ero seduto fuori sul balcone -erano appena le diciannove- e mi ha tenuto inchiodato alla poltroncina oltre due ore. Tutto mi disse del suo ginocchio starnazzante, e voleva sapere come mai fossi appiedato, cioè niente carrozzina, niente crucce, solo scarpe. Da evitare come la peste. Cosa che ho fatto poi sempre.
Ma una ce n'era che mi sarebbe garbata almeno come diversivo alla lungaggine di giornate sempre uguali: Frau Staub, una che insegnava a noi come ci si dovesse muovere senza farci strappi muscolari et similia, nel fare i nostri quotidiani esercizi. Mi sarebbe piaciuto portarmela a spasso alle terme, mano nella mano dandole la sensazione di navigare nel futuro, sí perché Frau Staub raggiungerà la mia età nel 2076, povera anima.


DÜW  221  VII

Annuire senza sapere per cosa;
parlare con te stesso senza un senso preciso,
non sapere a che serve tutta quella fatica
che ti costringe a fare senza badare
al tempo che ti costa, che ti fa sentire
stracco come chi ha scaricato da solo
un battello fluviale;
non rifiatare un attimo, non speculare
sull'idiozia di chi è pronto a dare
sempre un senso ad ogni azione
di quell'eterno istrione che è
un uomo a metà, tale e quale a me.
Vedi adesso se riesci a coagulare tutto
in una frase intelligente e intrigante
che possa infilarsi nel cranio
di chi legge, come una spada
acuminata che scalfisca
e produca riflessioni a catena,
profonde e contingenti.
Perché, mi chiedi?
Perché tu possa almeno vantarti
di avere sollecitato curiosità
in qualcuno che non ti conosce
e che forse domani verrà a leggere
cose nuove scritte da te, oppure
che butti lontano queste poche note
senza arrivare alla fine.

26  05  18

giovedì 14 giugno 2018

DÜW 221 SE CI SCOPRONO CHE CI FANNO?

Un culo tanto. Gli rispondo.
Il mio vicino di tavolo si preoccupa. Gli ho indicato l'ascensore che ieri scoprii. Lui è stato operato all'anca sinistra e quando cammina saltella. È un fine dicitore, sposato con una francese di Lyonne, che sa di storia franciosa e di tedesca come me, e noi due si discute ogni giorno, sparlando di Adolf, di De Gaulle e anche della Merkel.
Mi mancherà quando me ne andrò, questo già so.


DÜW   221   VI


La noia
di un giorno appiccicoso
e sudaticcio, uno dei tanti inutili,
insolenti, cola dall'alto.
I miei pensieri, attorcigliati lungo
binari perennemente mai paralleli,
si aggrovigliano in una
matassa incolore.
Questa sprofonda nell'orizzonte
da cui tangenzialmente si distacca
profanando lo spazio
dove anelavo di trastullarmi in riposo
dalle mie quotidiane stravaganze.
Questa sera saprò
se stanotte avrò un sonno tranquillo
oppure tu salterai sulle corde tese
delle mie immaginazioni fantasiose
fino a spossarmi della tua presenza.


26  05  18

DÜW 221 HO SCOPERTO L'ASCENSORE VELOCE

In effetti è un montacarichi, che non viene quasi mai usato. Nessuno lo sceglie mai, perche tutti temono che sia difettoso e che qualora si fermasse rimarresti lì dentro come Ramsete II.
Errore, erroraccio:c'è anche lì dentro il tasto rosso dell'allarme. Solamente non deve vedermi nessuno.
Già percorso una volta, senza problema.


DÜW 221   V   Roma Termini

Il manrovescio sibila
attraversando l'arco della finestra
al primo piano: si abbatte
sul volto femminile. Una giovinetta?
Un'anziana? Lei precipita, una sua mano
agguanta aria.
Dal finestrino del mio treno quasi fermo
ho captato il lampo del gesto
di violenza e mi sono sentito dentro
esplodere lo schiocco. Poi una schiena
si piega in basso e un braccio
viene nuovamente alzato. Ma il treno
è ormai lontano.
Inafferrabile il seguito.
Quanti altri nel mio vagone
hanno veduto il gesto?
Quanti? Uno, nessuno, mille?
Al mattino alle sette siam tutti
mezzo addormentati
e chi male vede può anche non capire,
chi no si astiene dal chiedere e in stazione
qualche minuto dopo
ha tutto dimenticato.
L'Indomani torno; sfilano davanti
i vagoni a passo d'uomo.
La finestra oggi è chiusa, dentro è buio.
Dal giornalaio acquisto "Il Messaggero".
Pagine locali. Nessuna donna
ammazzata ieri mattina
a sganassoni o a legnate.
Il tempo di correre al tram e il giornale
finisce nel cestino delle cartacce.
Non succede mai niente 
nelle case incollate
a Roma Termini.


26  05  18



martedì 12 giugno 2018

DÜW 221 E ADESSO POVER'UOMO?

Sono appena le 19,15 e già ci sbattono fuori dal Ristorante, dato che abbiamo finito e che il personale vuole andare a casa. Splende il sole. Troppo presto per andare a letto, troppo tardi anche per la caffetteria, perché adesso la macchina del caffè espresso è già stata disattivata ed il caffè alla tedesca è una nota ciofeca.
Che si fa amico mio? Andiamo in giardino: io ti ciuccio il tuo alluce destro e tu a me il mio sinistro? Poi si cambia piede.
Ti sta bene? 
Allora si va.


DÜW   221   IV

Offuscati i bagliori degli occhi
e messo freno agli slanci della mente
solo mi resta la furia dei segni,
il rombo dei colori e delle malte
che si impastano vivide
col residuo dei lampi giù in fondo,
acquiescenti e benigni
perché nella loro rapidità non rivelano
che il superficiale, mentre
la sostanza degli oggetti ghigna coperta
d'ombra.
Ho già dovuto ricredermi
sull'efficienza delle mie difese naturali:
salda e tranquillizzante.
Stanotte proverò ad ascoltare
se dal buio dei vigneti spalmati
sul dorso delle due colline,
che scavalcandosi si avventano
sulla mia clinica,
scendesse anche un vapore di muschio
e l'impeto delle biade
che prorompono tra gli schizzi
di questa pioggia monotona e sferzante,
come le ultime note
di una sonata di archi di Beethoven.


25  05  18
  

lunedì 11 giugno 2018

DÜW 221

Si può anche scendere per le scale. Lì almeno non trovi carrozzelle e claudicanti, al massimo ruzzolanti, ma la cosa non ti riguarda, ché tu sei un ospite non un inserviente.
Perfetto: abbiamo scoperto una soluzione, solo per scendere perché la salita sarebbe troppo faticosa. E poi diciamolo solo perché io abito al secondo piano e il reparto Ristorazione è al primo e anche le sale mediche di controllo, ma a me va benone così. Quelli del quarto l'avranno dura, ma sono assi di bastoni loro.
Mi sorge un dubbio: ma cosa c'è su al quarto?
Soste oltre misura, schiamazzi e troppi uomini soli. Non ci sarà mica un bordello?


DÜW  221   III

Quando alla luce degli occhi
mi guizzò il tuo viso
non potevo certo immaginare
che fosse come osservarti
dalla sella di un cavallo che l'erba del prato
brucava sotto un mare di luna.
Il liquido spermatico più fresco
e incontenibile
zampillava senza pudore
nei condotti inguinali più remoti,
e il suo acre sapore
si spalmava di odore selvaggio
sotto i rami dei pini, al riparo
di sguardi curiosi;
travolgendo le naturali barriere
defluiva nella tua gola
come un torrente calmo,
non più una promessa
ma una cauta
verginale astinenza,
una sofferenza tirata fino allo spasimo,
un'attesa di qualcosa che ti
era sempre stato
permesso solo di sognare.

25  05  18

domenica 10 giugno 2018

DÜW 221 WEITER WEITER

Ti puoi ruzzolare per terra, ma qui gli orari sono da rispettare ancora più che nelle Hauptbahnhöfe. Ehi, giovane hai dimenticato che siamo nella Bundesrepublikdeutschland?
Ricordi quali fossero le prime parole che udisti in tedesco e che ti disse quel poliziotto vicino a München dopo che avevi sorpassato senza mettere la freccia? "Bei uns liegt Ordnung" più 40 Marchi di multa. 
"Da noi regna l'ordine". Becchite questa Iacopò. 
E allora, se te lo ricordi, guarda che sono le 12,29 e quindi sloggia: qui si entra (si trase) alle 12,30!


DÜW  221  II

La bislacca è una frase
scaraventata sul muro,
rimbalzata
sul marciapiedi fino a tagliare
ramoscelli e foglie
di una quercia, l'unica,
cresciuta lì da decenni.
La bislacca
non ha fortuna, non ha
santi protettori, nessuno
che la preservi
dai denigratori
che vorrebbero ammutolirla
e renderla inoffensiva.
La bislacca è una preghiera,
un rantolo, un'ovazione
ad un gol della squadra di casa,
un peana, un bagno di pace,
una chimera che sorvola la città
sospesa dentro il becco
di un gabbiano.
La bislacca è la vita putrefatta
che si lascia annusare,
palpeggiare, 
e regurgitare ogni momento.
La bislacca è "una cosa"
da non prendere sul serio,
distesi sulla vecchia poltrona di casa
con le gambe accavallate
e gli occhi socchiusi.

24  05  18

sabato 9 giugno 2018

DÜW 221 I (NUMERO ROMANO)


Se dovessi dar seguito alla promessa fatta di narrarvi la storia del mio soggiorno rischierei di farvi crollare col muso sul tavolo dove tenete appoggiati i gomiti per puntellarvi.
Mai sbadigliato tanto.
Tra l'altro qui la pignoleria crucca rifulge nel suo splendore: se l'ingresso in Ristorante è alle 08,15, la sala è vuota e sono le 08,14 non ci si può azzardare ad entrare altrimenti c'è il plotone di esecuzione.
Poi il ritmo prosegue alla crucca per gli esercizi, mezz'ora l'uno; poi può essere mezz'ora o tre quarti d'ora di pausa e di nuovo altri esercizi, dai più semplici ai più combinati.
Dopo una settimana sei un fazzoletto sporco, una mutanda spisciata, uno scatarro antico.
Dopo pranzo due ore minimo di relax, poi tutti di corsa.
DI  COOOOORSA?
Siamo impazziti?
Sono stato inviato nella clinica per malattie vascolari (non ne ho), per insufficienze renali (ce l'ho cronica di 4° grado), e per infortuni alle articolazioni. Una cinquantina camminavamo con la nostre gambe, tutti gli altri coi due bastoni -stralentissimamente-, corridoi larghissimi ma colonne in marcia che si incrociavano. Insomma poi c'erano gli ascensori per cinque piani. C'era da calcolare sempre dai cinque ai sette minuti, otto perché la gente qui alla mia età è totalmente rinco.
NESSUN COMMENTO PREGO!
Trattamento da hotel a cinque stelle, semplicemente divino. 
Mangiare tedesco, e qui casca il sumaro.
Comunque io ho trovato il modo di passare le serate: scrivendo poesie, che mi sono venute nu pocorillo ermetiche.
Ho deciso: vi scrivo ogni giorno un commento di cose effettivamente accadute e una poesia, intitolandola 
DÜW  221  I 
e seguenti II III IV eccetera.
Düw è la targa automobilistica di Bad Dürkheim, 221 il numero della mia stanza.
OK?
Allora incominciamo.

DÜW  221   I

Il grosso gatto rossiccio
passò atraverso le mie gambe larghe
inseguito dal ratto inferocito:
un topone anonimo
schizzato di melma essiccata
e puzzolente.
Ansimanti entrambi
col terrore negli occhi
il grosso gatto.
Sembra un cartoon di Walt Disney
invece è tutta verità:
l'anonimo topone
s'era ingozzato 
di marijuana e forse
anche di coca.
Sbranò il gatto in un portone.
Peli rossi volarono
fin sulla scale del secondo piano.

23  05  18