venerdì 29 marzo 2019

CHI SEI TU ?


Chi sei tu

che ogni notte

mi cerchi?

Non ti vedo ma so che sei

presente,

e al mattino prolunghi la tua ombra
sconfiggendo il sole e tentando di agganciare
subito la notte di domani.

Chi sei tu che cerchi di abbrunarmi tutti
quanti i miei giorni, il mio tempo, la mia vita
frazionandola e riducendola a lampi
di luminosità occasionale,
microlampi dove
non distinguo se quel che vedo sia l'oggetto
o l'ombra di sé,
oppure nulla
riflesso
dal nulla?

Qui vicino 
qualcuno sta morendo,
lontano anni luce;

qualcuno sta tentando di nascere:
sento l'urlo insanguinato di una
giovane madre che si sgretola
negli ultimi istanti della 
sua vita,
sento il quieto e sfinito
abbandono di chi sa
di agguantare la sua ultima giornata;

più forte di così non riesce
che a trattenere ancora per qualche 
strappo di minuto, poi niente
più lamenti
per un parto non necessario
non voluto,
e in quel momento il destino
del non desiderato
è pur scritto,
e tutto si avvera nello spasimo.

Temperatura ambiente: nero assoluto.

Chi sei?
Sento che inizi ad allontanarti
lentamente 
da me.



22  marzo  2019



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martedì 26 marzo 2019

DELLA TUA PRIMA MARLBORO


Venimmo in questi tre ettari di fave novelle,
adesso solo case popolari, le uniche col tetto,
a fumar la tua prima sigaretta -una Marlboro-
per i tuoi quattordici anni, io coi miei diciotto ero
un esperto in confronto a te; ingoiavo il fumo
a pieni polmoni. e tu tossisti disperata
alla prima boccata, rossa in viso fino ai capelli.
Potevi anche morire, pensai, per la paura,
ma tu eri tosta e mi strappasti di mano
la Marlboro continuando a tirare
e a tossire, e a tirare e a tossire,scoppiata,
ma l'avesti vinta tu; la cicca era oramai
ridotta a niente, solo fuoco fino al filtro
che bruciando puzzava, la tenevi tra i denti
per salvarti le dita. Te la fumasti proprio tutta
e scuri i denti davanti. Bevesti acqua minerale 
dalla bottiglietta e mangiasti il tuo panino
e uno dei miei, entrambi con formaggio
pecorino a fettine per succhiar via la puzza
del tabacco. Tua madre ti fiutava sempre tutta quando pensava fossi stata con me, ti fiutava
profondo come un cane da caccia,
ma non aveva prove perché tu eri tosta
e inventavi bugie da premio Oscar,
non ti imbrogliavi mai. Tra noi due quello
debole ero io che subito perdevo il filo
del discorso, mi si asciugava la gola,
claudicavo affannato mentre tua madre spietata
mi strappava frammenti di verità,
e io nuotavo nel sudore gelato, e tu ti mordevi
le dita, maledicendo colui che ti tradiva.
Ma in quel campo di fave sdraiati nessuno ci aveva mai trovato e l'idea fu mia, tra una Marlboro
e un bacio, ma troppo alto era il sole
per poter andare oltre tranquilli, sempre vigili
e pronti a saltare nel fosso che ci copriva
come una trincea. Poi di sera, sul lungomare
tra la scogliera non fumavamo, chè una sigaretta
che arde è come un faro ogni volta che aspiri.
Manca il fascio di luce ma l'effetto è lo stesso.
Una volta scoperto non hai più un metro nella
scogliera dove nasconderti. Allora niente mozziconi
ardenti: solo cercarsi sotto stelle che affondano
nella passione di baci silenziosi senza più respirare,
cercando con le mani pelle ancora innocente,
mai toccata, senza nulla pensare, nè capire.

Ora, passati anni a decine, a centinaia,
dimmi dove posso venirti a cercare.
Il sogno è terminato, ma io, chiudendo gli occhi,
potrei far sparire le case coi tetti e rinverdire
il campo di fave novelle e il fosso delle fughe,
mentre la scogliera, che ricordavo asciutta
adesso è allagata di mare vigoroso di schiuma.



09  marzo  2019



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sabato 23 marzo 2019

ATTESA DI FINALE



Agguatamente attende l'ultimo Cavaliere
il tuffo liberatorio dell'effigie del sole,
che splendeva poc'anzi
smaltendo in luce opaca
come ferro rovente in acqua immerso.

La nebbia che produce nell'impatto
con l'onda all'orizzonte
in riverbero di rosa e oro
compiendo il miracolo di ogni
limpida sera controlla l'ultimo

eroe sfinito di battaglie,
che più non cura ormai le sue ferite.
In ginocchio dentro la battigia
sfiorato dalle membra galleggianti
dei nemici abbattuti, spento l'occhio

li conta. Uno manca all'appello.
È ancora vivo e lento si avvicina:
ne ascolta il respiro pesante, 
cadenzato. Basterà ancora per attimi,
sufficienti ad arrivargli alle spalle.



20  febbraio  2019



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mercoledì 20 marzo 2019

ALLA FINE DELLA NOTTE


Un cavallo nitriva nel buio della notte
galoppando sfinito inseguito da un lupo affamato.
Un barbone disteso sulla terra ghiacciata
si lasciava morire senza alcuna reazione.
Un bambino vecchio di quasi due ore
galleggiava su sacchi di plastica dentro un cassonetto
immerso nella puzza appestante.
Una donna di media età abbandonata seminuda
nel suo mini appartamento di triste periferia,
dove si era portata l'amante occasionale
per avere un lampo di luce e invece 
aveva trovato uno stupro atroce
e colpi di cinghia su tutto il corpo nudo,
così, per sadismo e per gusto del sangue.

La suora che aveva vegliato tutta notte
in ginocchio sui duri mattoni del pavimento
la vecchia madre superiora, per la quale
aveva implorato ancora uno spicchio di vita,
alla fine della notte si accorgeva
che era già fredda e muta.
Il bambino nel cassonetto aveva ricevuto
dieci, cento buste di plastica piene
che gli avevano tolto il minimo di aria
da respirare ancora ed il calore dei pochi stracci
avvolti intorno alla sua nudità;
il barbone aggredito da ratti e pantegane
sul suolo ormai ridotto un blocco ghiacciato;
il cavallo sventrato dal lupo;
la donna di media età aggrappata
al suo giaciglio di dolore, rimasta
senza brividi tutto il tempo;
il tempo, quel tempo, oramai per tutti estinto.

Alla fine della notte, il primo sole sarebbe tornato
a riscaldare tutto quel sangue rattrappito.



5  marzo  2019


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sabato 16 marzo 2019

FOLATA


Una folata antica
rimasta impigliata ai rami
del nostro cipresso.

C'ero tornato
dopo un'eternità,
forse per nostalgia,
forse per liberare un pianto
rimastomi in gola
tutto questo tempo:
e l'ho sentito
il profumo del tuo volto,
delle tue labbra, 
del tuo sorriso, 
il sapore della tua bocca
era rimasto.

Non mi vergogno: l'ho gustato
a lungo lentamente.

Un profumo che certo
ricordavo solo io.

Ora
vorrei solo vedere
la tua faccia,
se tu pure 
godessi a respirare
il mio profumo
che adesso
ho copiosamente
depositato sui rami
del nostro cipresso.



22  dicembre  2017



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lunedì 11 marzo 2019

SCENDERE SCALE


Scendere due alla volta centinaia di scalini
impervi senza corrimano; risalirli fino
all'ultimo piano con una mano sul cuore
e l'altra a slacciare il colletto della camicia
tenendo la conta del numero dei battiti
sempre più sordi; perderne memoria
mentre ingolfato ingozzo bava e un tremito
mi assale dai fianchi alle tempie,
dubitare della mia tenuta, distendendo
la smorfia del dolore sul mio iniziale
sorriso da idiota, perché nessuno si accorga
di niente, questo è il mio modo
di adularmi e quello di ingannarmi.

Nessuno sa, nessuno deve sapere che le scale
mi terrorizzano, che quando le scendo
chiudo gli occhi trattenendo il respiro
e quando salgo alzo le ginocchia
perché so che un pessimo giorno con la punta
di un piede centrerò uno scalino
e precipiterò all'indietro in un volo convulso.

Ho già fatto più e più volte la prova generale:
andrà tutto bene alla prima, senza difetti
e tutto sarà finito senza balbettii,
sarò bravo e discreto, neanche un grido;
nemmeno un lamento, né un tonfo
rumoroso:un paio di colpi con la nuca, 
poi solo silenzio e così sia.



23  febbraio  2019


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mercoledì 6 marzo 2019

MILLE PAROLE


Mille parole si incastrano ascendendo come aria calda
in un cielo piatto e incolore, garrulo di migratori,
uccelli che mai prima si erano incontrati
e adesso impavidi, con sghembi tuffi tagliandosi
la strada, appena arrivano a sfiorarsi.

Parole morbide, espirate da liberi cieli,
ormeggiano a fianco di mille pensieri assonnati
ma pronti a librarsi in tutte le direzioni
sotto molteplici forme sconosciute ma reali,
che mai riuscii a realizzare compiutamente.

Quante volte ho tentato di arrampicarmi
per questi pendii mai riuscendovi, mai abbandonando
l'impresa, mai rinunciando, preparato
a ritentare da capo, ancora una volta da capo,
ignorando dove trovare le energie, mai pago.

Un sogno ibrido, scalzo e piagato nell'anima
ho inseguito. Mi sfuggiva tenendomi a distanza
beffardo, sapendo che io ostinatamente
mi sarei mantenuto sempre nei suoi paraggi,
inseguitore scalcagnato e ansante. Mi ero infilato
nel tunnel della vergogna, della beffa

che io stesso dalle sue orme succhiavo,
il disprezzo anelando dei miei cinque
alter ego: quello buono e pietoso piangente sopra
le mie disgrazie; quello livido di bile
oltreggiante che lui mi inoculava nelle arterie;

quello capriccioso e frivolo che sghignazzando
bloccava i cento messaggi che inviavo chiedendo
aiuto; quello indifferente che solamente segna
nel suo quaderno l'evolversi delle disgrazie
che aguzzano le unghie contro di me;

quello bastardo che tutto l'odio scava e divelle
dalle piattole del mio pube peloso, viscide, maleodoranti, conficcate le teste dentro la mia pelle,
producendo altro odio, mormorando bestemmie,
liberando da me tutto il mio impavido fetore.

Ma non mi accascio da vinto e sprovveduto
che raccoglie in un unico talamo le attese inconfessabili, i tepori della pelle ansimante,
le gravide gioie dei primi contatti prosciugate dall'ansia di una pagina scritta soltanto
firmata con un cauto autografo dall'esile profumo,
mentre cupe martellano le pietre
che vi abbiamo accumulate da giovani e che integre ancora ritroviamo adesso.

Noi che non siamo senza peccato siamo pronti
a scagliarle veloci e sicure a spezzare
le ginocchia dei nostri aguzzini.


14  febbraio 2019


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domenica 3 marzo 2019

PELLE DI DONNA


Pelle di donna levigata e odorosa
di essenze, di prati rasati di fresco,
rivestita di un guanto di mandorle amare
che si addolciscono al contatto lieve
della bocca di un amante.

Piedi di donna che timorosi comprimono
muschi e velluti d'erbe piegate ad arco
che li tengano sospesi perché l'arida
terra gelata non arrivi a sfiorarli.

Cosce di donna rigogliose di curve,
che solenni salgono ad afferrare il cielo
abbracciando tutto quel che sospeso vi sta,
nuvole sobrie e raggi della luna,

che si avviluppino insieme
in cerchi voluminosi e spirali,
da nuovi profumi sollevate  e spinte
avvicinandole a lembi di orizzonte
senza un angolo, senza una barriera.

Qui vi ho cercate, qui vi ho trovate,
qui chiudendo gli occhi e spalancando
narici frementi ed assetate
di novità, qui ho adagiato
la mia innocenza e la mia virilità.

Esposte state come in un museo ove devoti
coloro che vive e morbide vi sognano
affacciate ai balconi dei ricordi
sugli ultimi rettilinei del cammino
ancora nuovo rimasto.


11  febbraio  2019


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