lunedì 11 marzo 2019

SCENDERE SCALE


Scendere due alla volta centinaia di scalini
impervi senza corrimano; risalirli fino
all'ultimo piano con una mano sul cuore
e l'altra a slacciare il colletto della camicia
tenendo la conta del numero dei battiti
sempre più sordi; perderne memoria
mentre ingolfato ingozzo bava e un tremito
mi assale dai fianchi alle tempie,
dubitare della mia tenuta, distendendo
la smorfia del dolore sul mio iniziale
sorriso da idiota, perché nessuno si accorga
di niente, questo è il mio modo
di adularmi e quello di ingannarmi.

Nessuno sa, nessuno deve sapere che le scale
mi terrorizzano, che quando le scendo
chiudo gli occhi trattenendo il respiro
e quando salgo alzo le ginocchia
perché so che un pessimo giorno con la punta
di un piede centrerò uno scalino
e precipiterò all'indietro in un volo convulso.

Ho già fatto più e più volte la prova generale:
andrà tutto bene alla prima, senza difetti
e tutto sarà finito senza balbettii,
sarò bravo e discreto, neanche un grido;
nemmeno un lamento, né un tonfo
rumoroso:un paio di colpi con la nuca, 
poi solo silenzio e così sia.



23  febbraio  2019


*****











23 commenti:

  1. Affrontare le proprie paure ogni giorno come fossero tanti scalini. E farli a due a due per combattere quelle paure per esorcizzarle. Esorcizzarle o soccombere.

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    1. Sì, le scale sono le paure. Da giovane per otto o dieci scalini per rampa venivo giù a salti come una cavalletta, un salto e via una rampa; per salire facevo a gara col mio papà estendendo al massimo l'arco delle gambe e facendo le scale a quattro a quattro. Ma gli anni pesano se si superano i sessanta, ed ora ci sto attento tenendomi al passamano tutte le volte in su e in giù. Guardo le scale sempre con gran rispetto, ma non so se riesco ad esorcittare la paura per benino.

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  2. Caro Vincenzo, credo che tutti da giovani abbiamo passato questi momenti, da giovane amavo la montagna, e era sempre una sfida a me stesso, non passava una domenica dove cercavo sempre di superare quella paura che solo il tempo guarì.
    Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Ma noi SIAMO giovani. Io perlomeno ho la freschezza cerebrale che avevo a venti anni. Certo a venti anni "quella paura" non c'era, perché tutto avveniva senza neanche pensarci. Quante figuracce facemmo magari dentro un ascensore dove si stava stretti e pensavi che tutti si acorgessero del tuo temporaneo -mica tanto- stato psicofisico. Ma non si poteva aver paura di qualcosa che accadeva dieci cento volte al giorno. Adesso quella specie di senso di colpa che si prova ogni volta che attendi inutilmente un erezione, che avrò combinato? Di sicuro è colpa mia; troppo ho usato sto gingillo. Ma oramai non si tratta di paura, piuttosto di rassegnazione.
      Siamo giovani, Tomaso, altro che storie. Non ti lamentare: i muscoli tendono sempre a rilassarsi e questa è anche una difesa contro l'usura da invecchiamento. Rallenti l'andatura, hai più tempo per leggere e meditare e per renderti conto di quanto tu sia fortunato, per aver trovato -parlo per me- una donna bella assai e intelligente ancora di più e "buona con un gran cuore" che ti abbia sopportato tutto sto tempo senza mandarti all'inferno.

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    2. Vedi Vincenzo, tu ti sai spiegare molto meglio di me, e di questo ti ringrazio dal profondo del cuore, parlando delle donne, dico siamo fortunati.
      Ciao e buona giornata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
      Tomaso

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    3. Non c'è nulla per cui tu debba ringraziarmi. È la vita: cho nasce fortunato (io in ottima salute e tu pure; moglie buona brava e paziente entrambi); siamo fortunati. Vale per tanti che stanno male da meno dei cinquanta, e che hanno mogli bisbeticche.
      Dalle mie parti si dice:"ciai un bel culo, ma evidentemente te lo sei meritato". Vuol dire che abbiamo buone qualità.
      Un saluto e un abbraccio.

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  3. Comprendo perfettamente la tua paura. E mentre la osservavo attraverso le tue parole, pensavo alle mie. Sono tante, ma una è la più grande di tutte. Quella che a volte la notte mi sveglia e non mi fa più addormentare. È una paura che può sembrare sciocca al pari delle scale. Ma non lo è. Racchiude il limite del mio essere.
    Le paure ci limitano e di delimitano.

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    1. Le paure in fondo sono tutte sciocche; a volte riesci a interpretarle, altre ti rifiuti di tentare di farlo, come succede a te, perché la paura più grande e quella di scoprire di essere deboli e caduchi, allora diventi crudele e spietata con te stessa e pensi di essere un bluff e di valere milto meno di quello che la gente, gli altri, ti credono. Quella tua è la paura della gente straordinaria, che ad un certo momento vacilla e si chiede se per caso non abbia insieme a tanti equivocato, e di essere una minchietta raso terra.
      Tranquillaaaaaaa. Non sei una minchietta rasoterra, ma almeno alla mia altezza.....cioè tre metri sotto il livello del mare!
      ahahahahahahah
      Mi permetto di riderci su, perché sti pensieri mi vengono quando penso di essere un normale e non lo so, come te, te lo garantisco io.
      Bacio

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    2. Mi hai fatto tanto ridere, non è sicuramente questa la paura che mi assale la notte. Non ho mai misurato se io sia o meno all'altezza di quel che pensano gli altri di me. Io sono all'altezza di me stessa. Si, sono modesta.
      Non dico quale sia la mia paura, ma è potente. Resto in silenzio perché è il mio modo di esorcizzarla. Ma se guardi con attenzione, è ben visibile tra le pieghe della paura di una nostra cara amica comune.
      Ciao.

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    3. Se sei a posto con la tua consapevolezza di essere modesta, e di questo me ne hai dato conferma mille e una volta, sei già sulla via della guarigione della tua paura "potente". Sei giovane, quella è spesso la paura dei giovani. Resisti una quindicina di anni, quando questa paura sarà sostituita da altre. È assolutamente umano.
      Küsse.

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  4. E'nitida la paura che racconti, Vincenzo. Fa pure un certo effetto, specie nella strofa finale: sarà che tutti noi viviamo una qualche paura recondita e mentre proviamo a farci pace, a farcela amica, viene puntualmente fuori l'immagine cruenta della medesima paura che si concretizza.
    A me accadde quando divenni mamma per la prima volta, avevo paura a camminare con mio figlio neonato in braccio. Mi dicevo: ecco, ora per strada inciampo, vado giù, mi scappa dalle mani e gli fracasso il cranio... Era una paura forte, che mi paralizzava, riuscivo a vedere la scena persino a rallentatore. Morivo ogni volta. Mi guardavo bene dal confessare un simile terrore apparentemente senza senso. Poi, mano a mano, è passata: solo quando ho smesso di avere paura di essere madre.
    Per questo mi piacciono i tuoi versi, per questo scavare in te stesso ma anche in chi ti legge.
    Un abbraccio.

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    1. Quella paura di riflesso l'ho avuta io quando AnnaMaria è diventata mamma. Pensavo ce non ce la facesse; lei tremava a prendere Monica in braccio per pulirla, per darle da mangiare, insomma aveva paura di essere madre, pensava di non esserne capace. Una volta, un paio di mesi dopo, me lo ha confessato, ma io lo avevo capito: mi bastava vedere il suo pallore e come le tremavano le mani. Per questo sembravo un centralinista telefonico: sempre pronto a telefonare, a chiedere, a domandare, tanto che qualche volta si scocciava e mi chiedeva se pensavo che fosse cretina o deficiente. Per un po'allora la
      smettevo poi ricominciavo a doppia velocità. Ma la bambina era anche mia figlia ed io stavo veramente in pensiero. Andata avanti così finché non l'ho vista col libro di ricette per neonati, studiare attentamente per fare una minestrina. Allora non visto ho assoggiato "la sbobba", visto come cucinava per me. Straordinaria, mi sono detto. Era squisita. Allora c'è un radioso futuro per noi, pensai: in poco tempo non mangerò più da cani pasta scotta e sciapa che ogni fine settimana portavo la famigliola a Civitavecchia da mia mamma, "che poveretta sogna sta nipotina a pranzo e a cena e pure di notte"
      Anche quella una paura durata almeno otto mesi, quando LEI non ebbe più paura di fare finalmente la mamma.
      Non le ho mai detto ma l'aveva capito da sola, non ci voleva poi la laurea.

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  5. Che immagini cupe, mettono paura . Il mondo è fatto a scale, c'è chi scende e c'è chi sale. Ci sono gradini reali e immaginari inconsci, istintivi. Quello reale, che non sono mai riuscita a superare , è la paura di sapere i miei cari in auto, e ora se ne sono aggiunti due . Ho il terrore di ricevere una telefonata. Ricordo , anni fa, mio marito tornava da un viaggio, ricevetti, di notte, una telefonata in cui una voce di donna urlava ' venga, è morto, è morto'. Si trattava di un errore telefonico, ma mi sentii svenire e meno male che ero a letto . Bisogna stare attenti, possibilmente, ai gradini scricchiolanti, scavalcarli per evitare capitomboli.
    Cri

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    1. E non sei corsa a strozzarla la cretina che ti stava a far venire un colpo? Roba da farti venire un infarto.
      Immagini cupe, hai ragione. Ma a me le scale fanno paura, specie adesso che da luglio sono caduto già tre volte come un uccello trafitto.
      AM ha il terrore -ancora- degli aerei che potrebbero cadere. Io no. Semplice è come dire di avere paura della morte. Ma non puoi evitarla, non dipende da te per cui perché temerla? Arriverà. Come pure in aereo se dovesse cadere. Non ci puoi mettere una pezza e non si salva mai nessuno, perché un bisonte di oltre mille tonnellate quando viene giù anche frenato al massimo sono almeno 5000 tonnellate che cercano il suolo. Va in migliaia di pezzi, aereo e persone a bordo. Ma lei da questo orecchio non ti ascolta.
      Il mondo è fatto a scale: c'è chi le scende e chi le sale. Giusto. E prima o poi tocca a te morire.
      Anche a noi, ma non subito, Cris. C'è tempo c'è tempo.
      Bacio.

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  6. Le scale come una metafora delle paure che crescono, ma è solo il tempo che passa a farle aumentare.
    Io ti percepisco ancora come quello che le faceva a balzi!

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    1. Grazie assai. Lo farei volentieri, non sno i voli a spaventarmi e qui ho rampette di otto scalini di altezza normale, diciotto centimetri. Il balzo posso farlo, ma non garantisco la bontà dell'atterraggio, specie con la caviglia sinistra. Ora che ci penso è dal 12 dicembre 1997 che non faccio più salti, da quando saltando i 7 scalini esterni sono caduto male a mi sono spezzato tibia, perone e calcagno sinistro. Da allora, sapendo di avere una protesi con 28 viti, che ancora sta lì, che sentivo articolarmente sensibile, ho smesso di saltare.
      Però mentalmente avrei il coraggio, ed in macchina tento sempre manovre balorde contentissimo di riuscire ancora a farle. Mi dà Selbstbewustsein, che alla mia età è fondamentale.
      Grazie del tuo aiuto, del tuo vedermi ancora Springer.

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  7. Ti lascio il link di Pia che è tornata a postare. Così non ti lamenti che nessuno ti avvisa ahahahah

    https://personalitascritturaartefantasia.blogspot.com

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    1. Perché non me lo ha comunicato lei?
      Comunque grazie di cuore. Le orecchie vado a tirargliele di persona personalmente.
      Bacio.....a te, per ora.

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    2. Grazie Mari!
      Vincenzo ti ho risposto eh!!! 😗

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    3. Puro io t'ho arisposto.
      Troppa distanza, bella; nun ce riesco a agguantatte pe li capelli.

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  8. Le scale che rappresentano i giorni, i problemi della vita.
    Tu a due a due li affronti, e non avrei mai avuto dubbi in proposito. Sei leone dentro.

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    1. Vero: le scale sono i problemi di tutti i giorni che io affronto come sfide appunto di tutti i giorni. Sono leone dentro? A volte mi sento solo strafottente. Non voglio, non posso darvela vinta, allora vi fanculo e andatevene all'inferno.

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