sabato 10 novembre 2018

SETTECENTOVENTI


Mi sono avviato al nuovo anno
con un cuore già più antico,
le scarpe nuove di coppale
per il ballo finale della notte
di San Silvestro.

E poi scoppi pure la guerra
atomica il giorno dopo, 
trenta anni di carestia,
un decennio di siccità,
di malattie veneree, 
che cosa importa

purché io passi le ultime ore
di quest'anno, che 
maledicendo tutto scompare,
a strapazzar lenzuola
con l'ignota signora mascherata
dalle natiche opulente
e dalle cosce calde
avvinghiate ai miei fianchi.

Che è valso inaridire
oppresso da rinunce dolorose,
da castità coatta, rifiutando
alcooli estremi e sigari cubani?
Invece fedeltà, orpello di schiavitù,
rinunciare al trionfo della
libidine dei sensi, strozzare l'urlo
che ti brucia dentro le carni
più inaccessibili, dimenticate,
occulte oramai perfino a te stesso?

Non ci sarebbe stato
alcun bisogno
di tirarla avanti
così a lungo
se si fosse trattato
solamente
di rispettare le regole.
Ma quali?
Le vostre, illiberali,
tiranniche,
ottuse e cieche?
Stare dentro o fuori?
Rimanere incolonnato,
cieco e muto,
in un pigiama a strisce
dentro un reticolato,
oppure se tenti
la ribellione sei dannato?

Vivere da morto,
per esser chiari,
biascicando preghiere,
odi e salmi, 
ovverosia bestemmie
tanto chi distingue le sillabe
in un murmure soffocato?

Ah, non fossi mai stato
generato, se questo era il prezzo
da pagare: l'indifferenza, 
la sopportazione silenziosa,
la testa sempre china,
il giogo sulla gobba
per un tozzo di pane
e una caraffa
d'acqua dove
navigano mosche.

Ma vi è andata male.
Questa è la vita che
mi sono costruita
controvento,
contro tutto
contro voi.
Le scarpe nere di coppale
sono pronte,
pronta è la signora
vorace, si avvicina
l'ultima notte dell'anno,
la più attesa,
quella che più di tutte
in queste notti ho sognato.


*****
Maximiliansau, 10 novembre 2018

Questo è il mio Post numero 720

15 commenti:

  1. Chissà perché questa tu bellissima poesia mi fa ricordare questa.

    PRIMA PARTE
    Prologo
    [2]Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
    vanità delle vanità, tutto è vanità.
    [3]Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno
    per cui fatica sotto il sole?
    [4]Una generazione va, una generazione viene
    ma la terra resta sempre la stessa.
    [5]Il sole sorge e il sole tramonta,
    si affretta verso il luogo da dove risorgerà.
    [6]Il vento soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana;
    gira e rigira
    e sopra i suoi giri il vento ritorna.
    [7]Tutti i fiumi vanno al mare,
    eppure il mare non è mai pieno:
    raggiunta la loro mèta,
    i fiumi riprendono la loro marcia.
    [8]Tutte le cose sono in travaglio
    e nessuno potrebbe spiegarne il motivo.
    Non si sazia l'occhio di guardare
    né mai l'orecchio è sazio di udire.
    [9]Ciò che è stato sarà.
    e ciò che si è fatto si rifarà;
    non c'è niente di nuovo sotto il sole.
    [10]C'è forse qualcosa di cui si possa dire:
    «Guarda, questa è una novità»?
    Proprio questa è gia stata nei secoli
    che ci hanno preceduto.
    [11]Non resta più ricordo degli antichi,
    ma neppure di coloro che saranno
    si conserverà memoria
    presso coloro che verranno in seguito. Qoèlet

    Buona serata.
    sinforosa

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    1. La poesia che tu citi dice in pratica che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, che è poi un principio filosofico.
      Non credo di stare sullo stesso binario. Dico io piuttosto che siamo capitati qui per caso e per caso ce ne andremo, senza troppi rimpianti ma con scarpe di coppale come se fosse una festa grande, un epilogo coi botti.
      Ma la tua interpretazione in qualche modo ci sta, Sinforosa.

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  2. Si avvicina l'ultima notte dell'anno?
    Ma manca un secolo. Anche tu con la fretta che arrivino le festività? Mi fai venire l'ansia come gli alberi di Natale allestiti a Novembre, quando qui da me ci sono ancora 23 gradi.....
    Comunque la poesia è cruda ma intensa. Come al solito.
    Buona serata. 😗

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    1. L'ultima notte per dire una festa grande, da ricordare. Va bene che tu sei donna e non ci hai fatto caso, ma mi sembri piuttosto evoluta: le scarpe di coppale si indossano sul frak e sullo smoking. Non ci si va a spasso. Quindi: grande festa da enorme apparato.
      Come tu hai ben notato, la poesia è cruda.
      Grazie Claudia del tuo intervento.

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  3. Caro Vincenzo, tu devi festeggiare con il botto...con la tua donna alla quale avrai strappato la maschera e che ti avrà sfilato le scarpe di coppale...
    Qualcuno disse: "cogli l'attimo" e dimentica ciò che è accaduto di giusto o sbagliato che sia e non pensare a ciò che accadrà (tanto, seppur lo fai, se deve succedere...).
    Buona Domenica amico splendido. Ciao! 😗

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    1. Mi piace quella delle scarpe di coppale sfilate!
      Forse volevi alludere al seguito...."e te le sbatte in testa"?Quel che dovrà accadere accadrà, sorellina, che io ci pemsi o no. Infatti me ne guardo bene dal farci pensieri: mi sento così lontano da quel momento e poi non mi fa paura affatto. Anzi ti dirò: sono curiosissimo di vedere se riuscirò a capire l'attimo della sepatazione dalla vita corporea e se dopo continuerò a pensare, oppure...plaff! E il palloncino si sgonfia.
      Grazie delle belle parole e buona domenica.

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  4. Vincenzo, nella vita ci sono sempre questi momenti in cui ci si sente invisibili o abbandonati. Si superano. E tu lo sai fare con la grinta che tieni,
    Preparati a festeggiare e ATC tutto il resto!

    ps ATC? Acronimo di An tel chi (dal piemontese barotto). Traduco?????? ahahahahah

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  5. An tel chi la conoscevo dai tempi del mio soggiorno torinese. La diceva una ragazza carinissima di Chivasso, Giuliana D.C., ogni dieci minuti, boia faus. Come potevo dimenticare l'espressione? Come dimenticare la ragassola?
    Però guarda che io non mi sento invisibile né abbandonato. Forse un po' disagiato di questi tempi, me paresse.

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  6. L'umanità di oggi, attratta e distratta dalle mille offerte, difficilmente si sofferma a pensare , come si faceva fino a ieri a" da dove vengo, dove vado?

    Tutto è parvenza e superficialità, arrivismo ed egoismo. Il tempo ha assunto un'altra dimensione.

    La base di qualsiasi religione è di ringraziere il proprio Dio per il dono che ci ha fatto : la vita.

    E qui casca l'asino, a mio parere.

    Chi nasce disgraziato, come quei bimbi di cui si occupa Telethon e i loro genitori che invece ignorano

    la ' parvenza e la superficialità e l' arrivismo e l' egoismo., condannati a soffrire , sempre.

    Quali regole non hanno rispettato questi esseri umani?

    "Tutti i fiumi vanno al mare" scrisse Qoèlet, citato da Sinforosa , ma ognuno ci va a modo suo , placido

    o tumultuso , le acque trasparenti o inquinate e la vita umana si conclude serenamente o dolorosamente

    e qui non ci sono scuse che tengano e l'engma " da dove vengo e dove vado" non avrà mai una valida risposta.

    Forse sono andata fuori tema, ma senz'altro tu mi hai capita con quel cervello che ti ritrovi,

    che sa scandagliare tutte le probabilità dei pensieri umani.

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    Risposte
    1. Ciò che hai letto sopra, la mia poesia del settecentenario, ti ha sollecitato tutte queste deduzioni? Mi compiaccio con me stesso.
      Sei precipitata su una battigia infreddolita novembrina.
      Molto mi è piaciuto il tuo distinguo sulle parole di Qoèlet: vero, ogni fiume arriva al mare a modo suo ed in questi ultimi tempi meglio stare alla larga dai fiumi, molto infidi e insicuri.
      Anche se non me lo pongo astutamente l'enigma "da dove vengo e dove vado" incombe sopra la mia testa, come su quella di ogni umano che non sia deficiente o riempito di Barbera.
      A prescindere dal mio cervello io ti ho capita, perché so come ragioni.
      Ringraziare Dio significa avere un motivo innanzitutto e poi credere che questo Dio veramente esista in qualche angolo del nostro universo, o di un altro parallelo.
      Ma se sei un bovero negro che sguazza disperatamente nel fondo di un barcone che sta affondando non ti giova niente chiedere aiuto a chi non c'è, e se c'è non sa nuotare perché nascosto nell'alto dei cieli, dove tutti sanno che non esiste acqua.
      E se sei un bambino con un enorme capoccione, ancor più grosso della sua pancia piena d'aria e vuota di cibo, anche quello -vedi caso- nero di pelle come suo padre che sta morendo affogato nel Mare Nostrum, niente ti giova racimolare il fiato per invocare il dio cristiano oppure il suo maggior concorrente, quell'Hallah Akbar nel cui nome suo fratello non ancora uomo adulto sta sgozzando infedeli, e chiedergli di salvarti la vita, che sarebbe come chiedergli che continui la tua tortura di essere inutile pieno di pustole e succhiato da vermi e mosche.
      Da dove veniamo e dove andiamo?
      Dall'Inferno veniamo e lì torneremo, Cristiana.

      Elimina
  7. Una fine per un nuovo inizio. Come arriviamo per caso hai scritto in un commento per caso ed a nostra insaputa, aggiungo io, ce ne andremo. Ed allora una grande festa per la nostra fine ma una festa che potrebbe sancire anche un nuovo inizio, fosse anche l'oblio o il nulla sempre un inizio di qualcosa sarebbe.

    Ed il tuo moto d'orgoglio finale per urlare al mondo che la tua vita l'hai costruita e vissuta secondo il tuo sentire e le tue regole è un moto meraviglioso che spero di potermi fregiare del merito di poterlo anch'io un giorno gridare al mondo con onore e fierezza.

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    Risposte
    1. Sì Daniele, arriviamo del tutto per caso, e del tutto per caso ce ne andremo, per un nuovo inizio, dici tu, che potrebbe anche essere l'inizio del nulla, ma questo è ciò che passa il convento.
      Tu continua come fai e vedrai che alla fine potrai vantarti orgogliosamente di avere sfruttato la tua occasione al meglio per poter vivere la tua vita "a modo tuo". Ne sono certo.

      Elimina
  8. Ti vedo pronto ad andarle incontro, alla signora nera nella tua veste migliore.
    Ti vedo pronto, salvo l'ultimo sguardo verso il cielo quasi a dubitare di ciò in cui credi.
    Ti vedo pronto amico mio eppure no.
    Gran bella poesia, nuda e cruda come te.

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    Risposte
    1. "Ti vedo pronto amico mio oppure no".
      Hai fatto centro.
      Lo scrivo, ma non ci penso proprio. altrimenti mi condizionerei al punto di non poter nemmeno respirare.
      Questo è il lato a sghimbescio di me in cui faccio il tifo per me stesso: rimanere così come sono, nudo e crudo, fino all'ultimo respiro. Che bello. Ma a volte proprio all'ultimo scalino avviene la scivolata.
      Se la temo? No, ma mi darebbe assai fastidio.
      Un abbraccio.

      Elimina
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