domenica 2 aprile 2017

PARIS, PARIS


L'autostrada francese A4 che da Strasburg porta a Parigi è di una noia mortale: attraversa le colline dei Volsci ma le guarda da lontano mantenendosi nel piattume più desolato possibile. Mi domando come i francesi durante la prima guerra mondiale abbiano lasciato massacrare a Verdun e su la Marne il loro esercito, dato che oltre quel fiume niente affatto imponente non c'erano altri ostacoli naturali. Ma si sa che entrambi gli alti Comandi francese e tedesco amavano queste ammucchiate ingloriose con tanti morti e moltitudini di amputati. I moderni invece hanno imparato a fare bene i loro affari. In 552 chilometri, attraverso il pedaggio pagabile in quattro diverse stazioni, incassano 57 euro e 50. più di dieci centesimi a chilometro. Ci guardano dall'alto con falsa modestia.
La prima impressione che ho avuto da Paris è stata l'esaltazione della "grandeure": una marea di piazze intitolate a tutte le loro battaglie, archi ed obelischi a profusione, cupole dorate in oro fino da quella della Cattedrale Saint Louis des Invalide, dove è sepolto Napoleone, alle statue doratissime del ponte Alessandro III fino alle due piazze più famose, Place de la Concorde e Place de l'Etoile poste di fronte e separate dall' Avenue des Champs Élysées, forse e senza forse il viale le plus grand, le plus beau e le plus prestigiese du mond. Detto fra noi i Campi Elisi e Notre Dame mi hanno impressionato assai di più della Torre Eiffel, un uccellaccio senza ali borioso e tronfio di ferraccio aggrappato al suolo, attraente certamente più di notte che di giorno, illuminato a luci intermittenti ad ogni inízio di ora. 
Il palazzo del Louvre ti arriva addosso dopo avere girato intorno al Palazzo dell'Opera, anche questo carico di ori come una vecchia signora imbellettata.
A me è piaciuto il contrasto tra la piramide di 673 pezzi di cristallo voluto da Mitterand e il palazzo del secolo XIV che fu reggia di Louis XIV per poi diventare dopo la rivoluzione quello che è adesso.
Io sono rimasto mezzora a guardare la Nike di Samotracia, e mentre tutti i cinesi e gli inglesi fotografavano la Gioconda corazzata e inattaccabile, io me ne stavo a guardare la magnificenza de "Le nozze di Cana" di Paolo Veronese.  
Tanto più che nella sala vicina c'era "La vergine delle Rocce".
Montmartre, Moulin rouge, Pigalle, la chiesa del Sacro cuore posta in cima alla collina tutto bellissimo, ma sarebbero occorsi non quattro giorni ma due settimane per vedere e visitare tutto ciò che di bello ha questa città. Ci torneremo Anna Maria ed io, anche perché ho visto che il francese non l'ho dimenticato del tutto, anche se approfittavo del fatto che Kim è francese e Cristina lo parla benissimo.
Però bisognerà allenarsi un po' di più perché si cammina troppo e alla sera si crolla a letto. Si fanno tanti chilometri a piedi, tanto per dire gli Champes Élysées sono una passeggiatina di quattro chilometri, così per gradire.
Insomma, valeva la pena.
Ieri sera a cena in un ristorante vicino alla Torre facevano il Karaoke. Una stranezza tipicamente parigina, in un locale ricercato dove puoi bere vino solo in bottiglia, vedere loro come si divertono cantando i motivi di Charles Aznavour.

In Hotel ho scritto questa poesia.


PARIS

Il contatto fisico con una città
millenaria che non ti
accoglie a braccia aperte
ma nemmeno ti sbrana,
indifferente
ti annovera tra le sue
rotture di coglioni quotidiane,
dovrebbe esaltarti nella misura in cui
ti enumera tra i mali
minori, e inghiotte
la tua bocca aperta
e il tuo stupore di vecchio contadino,
che oltre le sue zolle niente conosce
che sia degno 
di ricordo.

Passano bus di diciotto metri rapidi
come l'acqua di un torrente,
schivando motorette di giovani
fornitori di pizze al taglio
e minuscole auto in successione
a Place de l'Etoile, tu solo sperando
che il taxi che velocissimo si è mosso
non debba raggiungere l'angolo
dell'angusta via da poco asfaltata
di lato dei prodotti Vitton
per poi di colpo fermarsi a raccogliere
il villano rifatto carico di dobloni
disceso da una Ferrari rossa
come fosse il cassero
di un galeone inglese a Trafalgar.

Tutto stravolge il rumore cupo dei motori
come se fosse la partenza in corsa
di Le Man,
dove tutto è concesso e niente
viene lasciato al caso.

Si chiude il giorno nel meriggio
avanzato senza chiedere a nessuno
se il gioco nuovo imposto
dai fannulloni che succhiano selfie
a josa possa
sostituire con la nuova religione
quella antica dei padri
oramai taccagna 
di valori.

Questa è Parigi, la mia Parigi
col suo centro storico
già avvizzito che grida al mondo
la grandezza che fu,
dove i turisti giocano
a fare i parigini
e i nativi fanno i turisti:
fotografano tutto, 
fanno i selfie
e siedono nei bistro
godendosi il traffico con mezzo
calice di bianco davanti.

Domattina ricominciamo
a bordo di bigbus scoperti che risalgono
la Senna senza porre domande
né tentare soluzioni a problemi
che non si possono risolvere
se non inventando bugie,
e corte diaspore
di intelligenza.


***
Paris, 30 marzo 2017 















17 commenti:

  1. Bellissimo reportage mi sono ritrovata in quei luoghi che ho visto e amato pure io.
    La poesia è superba.
    Bentornato amico mio.

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    1. La cosa che veramente mi ha impressionato è la capacità dei conducenti di qualsiasi mezzo di locomozione parigini di stravolgere ogni regola del buon senso e della prudenza del trafficone di punta -almeno quattordici ora al giorno- senza che si senta non dico un botto o un tonfo sul pavimento ma "una sola frenata". Incredibile, anche che a dirlo sia uno abituato al traffico di Roma o di Napoli, roba da educande. Nelle grandi piazze, tutte immense rotonde per intenderci, non ci sono strisce bianche per terra che indichino corsie e tutti si comportano come fossero attaccanti di una immensa squadra terrestre che attacca un'immaginaria palla cercando di agguantarla per primi, tagliando traiettorie, schizzando davanti al muso -di lato, tagliando e passando immagino anche sotto gli enormi bus scoperti di almeno tre compagnie diverse. Il risultato è un carosello grandioso, dove tutti VANNO, nessuno STA e probabilmente le macchine dei parigini sono sprovviste di freni, ma hanno quattro acceleratori. Una cosa fantastica. Valeva la pena di venirla a vedere, perché me l'avessero raccontata non ci avrei mai creduto.
      E poi le dorature, incredibili. E poi quante battaglie hanno vinto, ricordando con piazze anche quelle perdute.
      In una cosa ci eguagliano, anzi direi che ci battono: non si può camminare col naso in aria. Una marea di cani NON randagi espelle in continuazione produzioni intestinali assi variegate, che vengono lasciate sulla strada come sul banco della spesa di un supermarket, tutto fresco di stagione.
      Sì, sono nostri cugini in questo; una città abbastanza sporca, ma ci si fa l'abitudine. Va di mod l'usa e getta.
      Insomma, l'è un bel Paris.
      Felice comunque di essere ritornato.

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  2. il tuo post in prosa mi ha fatto ricordare e rivivere Parigi quando ci sono andato, la tua poesia però me l'ha fatta respirare, vedere, toccare. Un'esperienza, per certi aspetti, sensoriale ed emotiva grazie ai tuoi versi.

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    1. Come dicevo a Mariella si resta col fiato sospeso attendendo lo scontro, il pedone volante che rimbalza su carrozzerie diverse. Si drizza l'orecchio attendendo lo stridio della frenata che non avrà mai luogo. Na roba, Daniè. E non succede niente, nemmeno sirene di autoambulanze o polizia. E poi sti taxi che marciano con due luci rosse che illuminano la scritta in alto, se sono occupati o in servizio, mentre hanno le luci verdi se sono liberi. Alzi una mano e zac! lui ti si ferma davanti, che come fa lo sa Dio.
      Gente allegra, che si diverte e sa come fare. I bar hanno tutti una buon serie di tavolini fuori e le sedie TUTTE rivolte verso la strada, come a teatro. E tutti siedono guardandosi lo spettacolo e chiacchierando col vicino al ritmo di una consumazione all'ora. Molto ordinati sti parigini. Muoiono sicuramente anche loro, ma col sorriso sulle labbra.
      Grazie per la tua critica, sempre puntuale e precisa.
      Dovremmo andarci insieme io e te. Questa città è assai vivibile per artisti e Montmartre è uno dei quartieri popolari più incredibile che io abbia visto. Nessuno fa niente e tutti hanno un gran da fare. Fantastico.

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    2. Stupendo il quartiere di Montmartre lo ricordo! Due artisti come noi alla "conquista" di Parigi :-))) ? Sarebbe interessante.

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    3. Una robetta da niente, se ci pensi bene:-)))

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    4. Dato che, della Francia ho visto solo la Provenza, e non tutta, ma su per monti a cercar fossili.
      Me posso accoda' a sta banda de artisti, sto bona bona, non ve do fastidio...
      Ciao Vince', ciao Danie' e a tutti i commentatori specialmente a Mariella!
      P.s. Complimenti sempre Vincenzo per i tuoi scritti, io da un po' non ho voglia di scrivere i miei sgangherati pensieri sul mio blog...anche perché cose piu' pressanti e bruttarelle, mi fanno avere la testa in altre faccende affaccendate.

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  3. Parigi, malgrado la sua prosopopea di città eterna numero 2. ha i parigini che sanno vivere da padreterni, fregandosene de lo mommo infame. Ma nei quartieri popolari, dove la gente non deve stare attenta a dove mette i piedi non solo per la cacca dei cani, ma perché calpesta la Storia -l'Histoire- vedi he se la spassano cogliendo ogni occasione per gigioneggiare, proprio come famo noi a Roma. I romani fanno entrà tutti, i parigini anche.
    Trova il tempo e la voglia di sfaccendarti la capoccia con il tuo blog. È salutare, credi a me. Non stare sempre a fissare il pavimento. Fatte na risata 'gni tanto.

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    1. Vince', stai tranquillo che le risate me le faccio, eccome, stante tutto e tutti, ho imparato bene dalla vita.
      E se vuoi, dato il tuo post, si puo' parlare in Grammelot, come il grande Dario Fo ha insegnato.
      Te saluto, Sior Vincenso! Dai scherzo!

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    2. Scusa Fiorè, m'era scappata. Chiaro che se hai imparato bene dalla vita ti schiatti di risate solo a vedere come certa gente si arrabatta per trovare soluzioni a minchiate quotidiane.
      Mi piace quel tuo "dato il tuo post". Avresti potuto anche dire "dato il tuo blog" non mi sarebbe dispiaciuto. Sai che io non conoscevo il Gramelot -antico linguaggio comico riesumato da Dario Fo, ma nel mio piccolo lo usavo al liceo con una tal professoressa Salimei di italiano che non lasciava mai intendere che il 70% di quel che diceva, tgliando a volte le frasi o le parole. E allora io, che allora già avevo la sfrontatezza (bada che non ho volutamente detto coraggio anche se a quei tempi ce ne volesse) che mi distingue alle interrogazioni la massacravo con un linguaggio che inventavo io, na specie di Gramelot.
      Tipo: nel Dolce Stil Novo Dante e i suoi amici prolunquiavan bruticosi alternando sentimenti a dipriloqui frassici e utompiani. Con le parole pronunciate velocissimamente con seriosissima faccia, la mia, mentre gli altri strabuzzavano gli occhi.
      Ci andavo matto.
      Finché un giorno mi mandò a chiamare il preside e mi disse di farlo da lui il mio spettacolo. E io lo feci.
      Risultato: sette in condotta per il secondo trimestre, quattro giorni di sospensione con obbligo di frequenza e venire alla fine accompagnato dai genitori.
      Smisi per un mese poi ricominciai.
      Mi piaceva troppo.

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  4. Senza dubbio una delle città piu affascinanti al mondo ( ci sono stata in viaggio di nozze e molte altre volte ), ricca di Musei
    - il mio preferito è il Musée d'Orsay per la grandiosa collezione di impressionisti tra i quali e Manet, Monet, Degas, Renoir e Van Gogh- e poi i boulevards e le piazze e i bistrot e i quartieri degli artisti. Peccato, a mio parere che vi siano i parigini, scortesi e supponenti che parlano una lingua nasale e 'birignaa'
    Dovessi scegliere una città dove vivere, volerei a Madrid più congeniale a me per orari, abitudini, cibo lingua e simpatia.
    Nessuno me ne voglia .
    Cri

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    1. Sono rimasto troppo poco tempo per poter giudicare i parigini. Mi sono sembrati, a fiuto, di una buona pasta, ma io non ho il padre francese. Sui musei ti do ragione. A prescindere sal Louvre, che è unico al mondo, il Mousée d'Orsay naturalmente e il Pompidou, dove sono tutti i moderni e modernissimi. Quello degli Invalides e delle Campagne napoleoniche, delle Gloire de France per intenderci non mi interessano proprio.
      Sono d'accordo con te su Madrid, anche se i Madridisti (o madrileni), come tutti gli abitanti di capitali sono un tantinello stronzi. Romani, parisienne, berliner, sono tutti uguali: padreterni supponenti e villanotti, ma poi se li conosci, quando smattono quella maschera, sono migliori di tanti altri burinotti.
      PS. A me non sarebbe mai venuto in mente di passare il mio viaggio di nozze a Parigi o Londra o New York. In luna di miele ci sono cose più importanti da scoprire: la sposa, per esempio, anche se quella la scopri quando ritorni a casa. Io mi sono fatto due settimane a Sirmione recitando Catullo. "Da mihi basia mille, deinde centum, dein mille andere dein, deinde centum". Indimenticabili.

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    2. Non pensare che non mi piacciono i francesi per via di mio padre. Lui, se era lui, era l'umo più gentile e altruista che si possa immginare, ma aveva la madre di Orano. I madrileni fanno eccezione, accoglienti e simpatici quali sono.
      Cri

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    3. Quella del padre era una battuta, naturelment. Penso che la gente non vada giudicata per dove è nata ma per quello che fa dopo essere nata.
      Non ho glissato, solo avevo da fare. Sbuffavi?

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  5. Sono stata varie volte a Parigi ed potuto ammirare tutte le sue bellezze. Per quanto riguarda i parigini ho vissuto un'esperienza che me li ha fatti mettere su un piedistallo: accompagnavo i miei alunni in gita scolastica quando ad uno di essi si ruppe la stanghetta degli occhiali ( il fesso aveva fatto la lotta a cuscinate col compagno senza toglierseli). Occorreva far riparare gli occhiali lì a Parigi e quindi fui costretta ad entrare in un bellissimo ed enorme negozio d'ottica negli Champs Elysées mentre ci trasferivamo a piedi verso il Louvre. Mi rivolgo al commesso e lui, presi gli occhiali, si allontana alla ricerca di una stanghetta nuova che sostituisse quella rotta. Saranno passati almeno 15 minuti ed io vedevo aumentare il costo man mano che scorrevano i minuti, così come nel tassametro di un taxi. Finalmente eccolo riapparire con gli occhiali forniti di stanghetta nuova che a me appariva tale e quale all'altra. Fa misurare gli occhiali al ragazzo, per poterglieli regolare meglio, e quando tutto si è mostrato a posto io chiedo, preparandomi alla botta, " Combien?" e lui " Rien, madame". Hai capito? Ha fatto tutto a gratis, stanghetta e tempo per cercarla! France 1 - Italie 0
    P.S. AUGURI DI BUON ONOMASTICO, BICIE'... :*

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    1. Quello che mi racconti tu non mi stupisce e guarda che avviene anche in altre nazioni rimanere allibiti per prestazioni gratuite, che da noi sarebbero impensabili. Parlo di Svizzera, Germania, Austria, Olanda per citare le prime che mi capitano sulla punta della lingua. Ad Amsterdam una riparazione volante ad una scarpa che si era scucita in punta -roba da due minuti, che in una qualsiasi cittadina italiana sarebbe costata non meno di 10 euro- e vedersi riconsegnata la scarpa kostenlos, gratis è da libro dei primati. Ma all'estero capita ringraziando Iddio.
      Grazie per gli auguri. Pensa che sei stata l'unica finora. Ma qui non si usa come da noi: il santo non paga mai, e ci siamo abituati. :-))

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