venerdì 24 febbraio 2017

MI É SUCCESSA UNA COSA STRANA


Sento dire che non si era mai vista la chiesa così piena di gente come oggi. Io non posso confermare, perché non ci entravo mai e oggi mi ci hanno portato di peso. Banchi tutti occupati, tantissima gente in piedi,tutti giovani come me, una marea di popolo fuori la chiesa, sulla scalinata, in punta di piedi per sbirciare dentro e poi tutti ammucchiati nella piazzetta per ascoltare le parole che Don Pandolfi dirà, e poi quello che diranno i miei migliori amici e certamente anche qualche amica.
Elena di sicuro, anche se non credo che arriverà alla fine a leggerlo fino in fondo quel foglio di quaderno dove ha scritto i suoi pensieri con la sua calligrafia fitta fitta, che io conosco benissimo.
Elena, tutta per te si fa questa festa, ma tu non hai proprio colpa di niente. Per una volta, almeno oggi, voglio essere onesto, voglio essere sincero. Ebbene sì, mi assumo la responsabilità di quello che è successo: è stata tutta colpa mia perché l'idea l'ho avuta io, non la spartisco con nessuno. Non c'è bisogno che giuri e spergiuri: tutti i nostri amici sapevano che Roberto stava sulle palle a me, perché era stato il tuo primo ragazzo e perché adesso si stava rifacendo sotto per riaverti, anche se una ragazza lui ce l'aveva da un pezzo e ci faceva pure roba grossa. Giuliana si era accorta che Roberto ancora pendeva dalla tua parte e ti guardava con odio, perché pensava che tu ci saresti magari stata un'altra volta. A me non mi si filava nessuno, come se io fossi stato lo scemo del paese. Questo dapprima mi aveva fatto ridere. Godete, godete poveri fessi ma Elena me la sto pappando io e me la ciuccio come una caramella come e quando voglio, mentre voi, toh! Attaccatevi a questo. Però, cosa vuoi, mi cominciavano a girare le scatole come le pale di un elicottero. Fu così che mi misi a pensare al modo migliore per sputtanare Roberto, innanzitutto per portarmi in vantaggio con Elena e poi per il gusto di vederlo sguazzare nella merda, sta mezza checca, sempre tirato a lucido come un paino.
Ma dovevo fare tutto da solo e di nascosto perché non potevo fidarmi di nessuno.
Per me non sarebbe  stato facile perché io ero abituato a fare scherzi e burle chiassose, con una gran cagnara di popolo festante a sbellicarsi dalle risate; che poi finiva tutto in una gran mangiata di pizza e una gran bevuta di vino, che pagavamo come vino buono, dei Castelli romani, o Chianti delle colline senesi, tanto nessuno era un conoscitore di vino e ci bevevamo tutto quello che passava il convento, cioè l'oste di turno. Ma questa volta era una cosa mia, privata, dove l'unico a sghignazzare dovevo essere io, anche questo fatto sottobanco perché ciò che m'importava era la figura del coglione che doveva fare Roberto di fronte a Elena: era lei il mio traguardo, penso si sia capito. E così, zitto e mosca, cominciai a studiarmi un piano. C'era una strada sola: lettere anonime, non una ma una diecina in modo di rimbambirlo per bene, poi doveva partire l'attacco come una freccia a mille all'ora, zac! In mezzo agli occhi. Poi rimanere in silenzio a godermi il trionfo. Mica semplice, ma ci dovevo riuscire. Era una questione di orgoglio.
Incominciai comprando al supermarket un barattolo di colla. Serve a tante cose la colla, e poi acquistata al supermercato insieme ad altra merce chi lo avrebbe notato? Bisogna badare ai particolari quando si fanno azioni ai margini del codice. Qui non stavo preparando un delitto, mettevo su una beffa, ma vallo a sapere cosa ti può combinare un buon avvocato, meglio mettere le chiappe al muro.
Poi passando dai vari chioschi di giornali comperai pacchi di quotidiani e di riviste. Mamma mia quante se ne pubblicano, una manna per chi deve scrivere lettere anonime. Trovai in casa un vecchio pacco di guanti di lattice. Perfetto. Adesso occorrevano le buste e potevo iniziare il mio piano.
Il primo testo me lo stavo rigirando nella testa da quando avevo avuto quell'idea. Tutto a lettere belle grandi, quello dei titoli degli articoli per capirci.

CONTROLLA  I  MOVIMENTI  DI  GIULIANA
LEI  TI  STA  TRADENDO  CON  UNO  IN  DIVISA

Tanto per mettergli il sangue in agitazione e cominciare a fargli stringere le chiappe.
Preparato tutto a puntino: guanti di lattice, colla, forbici, giornali, un bel foglio candido e una busta, Roba di un quarto d'ora di lavoro molto attento, ma non c'era possibilità di commettere errori, né di lasciare impronte compromettenti. Completato l'indirizzo sulla busta, chiusa bagnando con un batuffolo di cotone imbevuto d'acqua la stretta striscia da incollare, adesso si trattava di imbucarla in una buca lontanissima da casa mia, di notte, perché nessuno potesse vedere quell'indirizzo scritto con lettere ritagliate da un giornale e capire tutto.
Nel tempo di una settimana, come da me previsto, ho inviato dodici lettere di questo tipo.
Ero sicuro che avevo terrorizzato Roberto al punto giusto.
Non avevo più incontrato Giuliana e questo non poteva che essere un buon segno: Roberto l'aveva di sicuro insultata e forse anche picchiata e lei non osava mostrare in giro i segni sulla sua faccia.
Adesso rimaneva da scrivere l'ultima lettera.

SE  VUOI  AVERE  LE  PROVE  FOTOGRAFICHE  DEGLI  INCONTRI  DI  GIULIANA  COL TIPO  IN  DIVISA  LE  TROVERAI  DOMANI  SERA  ALLE  22  DENTRO  UNA  SCATOLA ROSSA  IN  VIA  DEI  GLICINI  ANGOLO  VIA  DELLE  ROSE

Conoscevo perfettamente la zona, ci andavo da ragazzo con altri amici a giocare a calcetto. Allora era un posto appartato dove non passava che poca gente e quasi nessuna macchina; adesso era ancora più deserto e funzionava da discarica di immondizie varie e vecchi mobili. Ma quello che me l'aveva resa piena di interesse era la strada sopraelevata che vi avevano costruito, a circa quindici metri di altezza. Passava proprio sopra la discarica. Mi sarei appostato lassù e avrei fatto un video di Roberto che rovistava tra l'immondizia, gli armadi spaccati, le poltrone sventrate e materassi unti e bisunti.
Poi avrei mandato il video da "anonimo" sui cellulari di tutti quelli che conoscevano Roberto di cui possedevo il numero. Una risata gigantesca lo avrebbe sommerso e sotterrato. Anche Elena avrebbe ricevuto quel video e se ne sarebbe guardata in futuro dall'avvicinarsi al bel Roberto, che smucinava tra i rifiuti puzzolenti.
L'indomani trovai una scusa plausibile per assentarmi tutto il giorno. Non volevo che Elena si facesse venire voglia di cinema e di una pizza per la sera. Avevo un lavoro da concludere molto importante.
Alle 21,30 ero già di vedetta in un angolo ben nascosto della sopraelevata, che guardava da ogni parte. Ci avrei giurato che Roberto sarebbe arrivato prima per fare un sopralluogo e non lasciarsi fottere come un principiante. Ero arrivato fin lì a piedi. La mia macchina era parcheggiata nel mio garage. L'angolino che mi ero scelto come appostamento mi lasciava la visuale libera su tutta la strada sopraelevata e sull'intera discarica. Potevo allontanarmi e scomparire in una manciata di secondi. Veramente un piano geniale, ero completamente soddisfatto e sicuro di non aver lasciato niente al caso.
Oramai era quasi l'ora e io mi stavo guardando da ogni parte. Non era successo niente fin lì; sembrava che il luogo fosse ancora più deserto del solito quella sera.
Poi successe qualcosa o mi sembrò che accadesse, adesso non sono in grado di dirlo con certezza perché non mi ricordo più. Credo che udii un rumore, come di una macchina che procedeva assai lentamente, ma non la vidi e potrebbe anche essere che fu la mia immaginazione a farmi sentire quel rumore visto che erano ormai passare le 22 da qualche minuto. Mi sembra che mi sporsi oltre il muretto al margine della strada per vedere di sotto.
Un colpo alla nuca, credo, ma non ne sono sicuro.
Non ricordo poi che accadde.
Qualche secondo dopo, o qualche minuto chi lo sa, mi alzai da terra e mi resi conto di essere in Via dei Glicini. Ero caduto di sotto. Un volo di quindici metri e oltre senza farmi niente. Infatti stavo in piedi e non sentivo alcun dolore. Che culo, mamma mia! Questo ricordo benissimo di averlo pensato, o detto a voce alta. Una cosa così.
E poi l'ho visto.
Un uomo lungo per terra in una pozza di sangue.
Nella semioscurità ho creduto di riconoscere Roberto.
Chi lo aveva ridotto così? Ero stato io? E come? Gli ero caduto addosso? E come mai io non mi ero fatto niente e non sentivo nessun fastidio? E lui era ferito invece gravemente, lo deducevo dalla quantità di sangue che vedevo allargata a terra. Aveva bisogno di aiuto urgente.
Mi sono avvicinato con cautela. Non si muoveva, non si muoveva proprio, come se fosse morto.
Allora ho provato a toccarlo, ho avvicinato il mio viso al suo ed ho visto....
ho visto che quell'uomo non era Roberto...
ho visto che quell'uomo ero io.
Sono saltato in piedi mentre sopra sulla sopraelevata una macchina si metteva in moto e si spostava non velocemente, ma non era importante adesso. Importante era che io stavo in piedi, non ero ferito, non sentivo dolore e stavo accanto ad un cadavere che era vestito come me, che aveva il mio anello ad un dito, il mio orologio al polso e soprattutto...che aveva la mia faccia.
Mi misi una mano sul petto, con quell'altra mi palpai una coscia. Non era aria, stavo toccando carne, la mia carne, ma allora cosa significava?
Non ci capisco niente. Qualcuno mi spieghi cosa mi sta succedendo. Questa è proprio una cosa strana, assai strana e non poteva che capitare a me.
Non ricordo quanto tempo passasse con me che non riuscivo a staccarmi da quel posto.
Poi comparve un'automobile della Polizia, con le luci blu accese. Ne scesero due poliziotti, uno era una donna. Avevano lampade tascabili molto potenti. Il poliziotto frugò nelle tasche dell'uomo disteso a terra, ne estrasse un portafogli. Sembrava il mio. Ne tirò fuori alcuni documenti, poi una Carta d'identità. Illuminò e lesse a voce alta il nome del morto.
Nessun dubbio più. Lesse il mio nome, la mia data di nascita, tutto.
Allora me ne sono andato.
Non so cosa io abbia fatto. Per tre volte è sorto il sole, per tre volte è tramontato. Chissà che giorno era quello in cui sono caduto. Ma non ha importanza.
Don Pandolfi ha dato la benedizione alla bara, la mia bara, penso.
Adesso uno dei miei migliori amici sta dando il suo saluto a me, cioè a quello che sta chiuso dentro la bara. Dice cose importanti. Sembrano tutti mesti e addolorati.
Tutti? Qualcuno non lo è. Quello che mi ha colpito alla nuca, perché ora ricordo che qualcosa mi colpì, per questo sono caduto a testa in giù.
Chi di loro? Roberto sta accanto ad Elena, molto provata. Una donna le tiene un braccio sopra le spalle come per proteggerla. È Giuliana. Adesso fa l'amica sconsolata. Strano. Tutto strano. Ma quello che è più strano è che Giuliana ha una bella pancia. Giuliana è incinta e fra poco partorirà il suo bambino.
Dunque io ho calunniato una donna incinta molto avanzata. Non lo sapevo. Era diverso tempo che non la incontravo. Ecco perché. Le lettere non potevano funzionare.
Allora...uno di loro tre mi ha colpito...uno di loro tre...perché tutti e tre avevano un movente, anche Elena.. si capisce.
Il brutto di questo stato è che non si sa niente di quanto è successo e nessuno può dirtelo, perché nessuno ti può vedere.
Ci sono in lontananza certi individui vestiti come mio padre in alcune vecchie fotografie, quindi nel mio stesso stato, che però non mi vogliono parlare, né parlare tra loro. Se ne restano tutti l'uno distante dagli altri, ed anch'io rimarrò distante da solo.
La funzione è finita. Hanno sollevato la bara e la portano fuori.
In poco tempo la piazza si svuota.
Resto io e quei pochi vestiti come mio padre nelle vecchie foto. Appena mi muovo si allontanano.
Tranquilli, me ne vado. Dove? Un po' più in là. Dove non mi disturbi nessuno.


*****
Ringrazio Sabina K. che mi ha dato l'idea per questo pezzo. Anzi glielo dedico.






14 commenti:

  1. Bel racconto avvincente , tanto da leggerlo col fiato sospeso.
    Sei geniale.
    Peccato che chi andò per suonare ....Io tifavo per lui, anche se mi aspettavo un rovesciamento di fronti.
    Cri

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    1. L'ho scritto otto giorni fa, di sera tardi, volendo ottenere la suspence ed il risultato finale che ho ottenuto. Mi piaceva così.
      Poi ieri sera su RAI 1 hanno dato la prima puntata de "La porta rossa" dove c'è un morto ammazzato che sopravvive a se stesso intersecando la storia del dopo sua morte con i suoi interventi. Peccato che gli autori abbiano creato un groviglio di storie parallele allo scopo di ottenere una suspence più grande, ma complicando un po' troppo la storia centrale. Si cerca di dar vita a tanti sospettabili di essere la talpa che ha causato l'omicidio.
      Ripeto, un po' troppo.

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  2. Bello Vincenzo!!!! Altro che suspence!
    Mi aspettavo altro non questo finale! Sei un mago del... "crimine" ahahahahhaahh
    Bacio

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    1. Sabina_K scrisse un post un po' strano, che poi cancellò, ma che io feci in tempo a leggere. Mi sentii dentro la pancia un miagolio, segnale per me assai importante. Così ho ruminato un paio di giorni e poi ho scritto questo mio. L'ho dedicato a lei perché da un suo post mi è venuta l'idea.
      È un nero. Da un po' mi diletto con questa negritudine -da anni- anche il miniracconto del mio 20 febbraio, che ho mandato a Mariella, è un topolino nero.

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  3. Straordinario, ivi compreso il colpo di scena finale! Ti ammiro io non so scrivere racconti e pensare trame così perfettamente elaborate.

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    1. Anche nella vita quotidiana invento situazioni un po' abnormi che a volte incontrano l'attenzione della mia tribù, specie i più piccoli, a volte irritano Anna Maria, che non sa mai se si tratti di mie fantasie oppure di realtà detta a morsi. Mi credi se ti dico che è quello che mi diverte di più?

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  4. ...capperoni, Vincenzo!!!
    La mia storia semigotica e crudele ti ha ispirato?
    Porcaccia la miseriaccia!!!
    Però mò smettila, lévete da quella bara!
    Sabina-birbona

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    1. Sì e mi pare di avertelo anticipato in chiaro. Mi hai dato la scintilla, ho visto il focaraccio, ho atteso che la fiamma si alzasse e ho visto tutta la storia. Dopo è stato facile scriverla, si è trattato di dosare parole ed effetti, come ben sai. È divertentissimo scrivere così.
      Sta tranquilla: in quella bara faranno fatica a fammece restà.

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  5. Enzo, tu non sei nuovo a racconti di tal genere.
    Credo che per te la morte e la vita siano quasi un'ossessione.
    Il colpo di scena finale è divertente ma allo stesso tempo è estremamente triste.
    Hai voluto liberarti di qualcuno che ti infastidisce moltissimo in questo periodo?
    Devo dirti a chi sto pensando?
    No, non c'è bisogno, sai che non mi sbaglio.
    Abbraccio.

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    1. Arrivi in tempo massimo -più tardi capirai-caustica quanto basta. Da rispondere punto per punto.
      Infatti, tu che mi leggi da un bel po' lo sai benissimo. Quelli di Luca con l'angelo sul tapis roulant, per esempio.
      La vita e la morte, quel passaggio misterioso non mi ossessionano, mi affascinano. Mi affascina il mistero il non poter dare una risposta sicura, che è già di per sé una risposta.
      Il colpo finale vivacizza il tutto, altrimenti sarebbe stato qualcosa di melenso, non ti pare?
      Per liberarmi di qualcuno io non utilizzo racconti ma il silenzio. Nobile metodo assai antico.
      So a chi stai pensando. Strano, proprio tu che non ti sbagli mai, stavolta hai fatto un lungo.
      No, non è un racconto a tesi o un racconto liberatorio, ma semplicemente un racconto appena passabile che mi è venuto da scrivere e l'ho scritto in un quarto d'ora o poco più. Scrivo solamente quando il tutto è completamente coagulato nella mente.
      Sull'ultimo tuo capoverso siamo assolutamente d'accordo e ricambio.

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    2. Enzo, nom hai capito un tubo😁

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    3. È mooooolto probabile che io NON abbia capito un tubo e non sarebbe la prima volta con te, ma tu hai fatto di tutto per complicarmi la vita.
      Parli di ripetitività mia, di ossessione, di tristezza, di tentativo di liberarmi...
      e allora io che cosa potevo pensare se non quello che ho pensato?

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