venerdì 5 aprile 2019

QUANDO IMPARAI A PIANGERE


Questa notte
ho imparato a piangere.

Il dolore invece
qualcuno lo aveva spalmato fuori
e dentro di me prima che nascessi,
e poi brevi sorsate ogni tanto ne bevvi sempre
e qualche boccone al giorno
senza lunghi intervalli.

Il crudele destino di tutti i maschi invano
attesi femmine, come tali allevati,
con boccoli e vestitini color rosa.

Da  questo la faccia feroce, le parole 
scurrili, gli scherzi volgari,
i pessimi istinti lasciati liberi di azzannare
tutti, e niente lacrime,
territorio elettivo delle femmine.

Da cui le punizioni, ore al buio nella stanza sotto
la soffitta, e le sberle per i brutti voti
chè non studiavo mai per ripicca
alle violenze.

Ma stanotte il mio amatissimo gatto
è morto avvelenato e me ha invaso il pianto
disperato di chi la crudeltà del mondo
inchioda ad un atroce destino.


25  03  2019


*****







17 commenti:

  1. Che grandiosità imparare a piangere. E provare compassione per chi, per tutta la vita, è stato costretto ad un destino che non aveva cercato.

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    1. Il pianto visto come disonorevole orpello alla mia mascolinità, o meglio al mio orgoglio mascolino; la commozione spesso presente e mai lasciata esplodere per non fare la faccia da femminuccia; una stramaledetta versione e manifestazione della mia provincia femminile dove tutto si risolve con lamenti e striduli strilli, come le mie tre cugine, che attaccavano a testa bassa, ma alla prima sberla urlavano come scimmie da far accorrere tutta la famiglia. Scaramucce da ragazzini, certo, ma producevano disprezzo per tutte le donne, e da noi c'erano due sorelle, le zie, che tentavano di risolvere le loro cose in un mare di lacrime.
      Ma quando poi ho capito che il pianto non significava debolezza e vigliaccheria, ma esprimeva il raggiungimento dell'apice del dolore, la liberazione, lo sgravarsi come la madre che libera l'ultima parte della sua creatura, allora tutto cambia e produce qualche cosa dentro, quel qualcosa che hai tenuto nascosta dentro di te con infinita cura, ece finalmente lasci erompere in libertà. Significa che sei finalmente nato e diventato Uomo.
      Parli di destino "non cercato". Un destino comune a tanti di noi nati maschi mentre nostra madre aveva preparato TUTTO per una femmina.
      È dura sai? Le amiche di mia madre mi chiamavano quasi tette "Enza" facendomi diventare furibondo, ma dentro mi sentivo un verme, i antesignano dei Beatles, prentarmi alla Casa del Fascio coi capelli lunghi. Per fortuna intervenne personalmente il Federale, che era amico di mio padre, capitano della Milizia solo al sabato e le feste comandate dal partito. "Mettece na pezza, Iacopò; Non vedi che tutti pigliano in giro sto Balilla?"
      E questo significò la liberazione da un condanna per me, e le lacrime di mamma per una settimana, ogni volta che mi paravo davanti a lei, povera mamma.

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  2. CarO Vincenzo, con questa poesia, ci hai dato una lezione di umiltà e compassione, solo così impareremo che il destino spessi ci farà piangere.
    Ciao e buon fine settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Grazie delle tu parole, sempre sagge. Occorre umiltà ed occorre essere compassionevoli in questo mondo, senza curarsi del giudizio della gente.
      Buon fine settimana, Tomaso.

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  3. Dei versi così belli che mi commuovono, piangere fa bene, soprattutto quando esprimono amore, amore, amore.
    sinforosa

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    1. Nel caso del mio gatto c'era nel mio pianto tutto l'amore ce avevo per lui e la disperazione di non avere più un grandissimo e sincero amico. Grazie, Sinforosa.

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  4. Mai vergognarsi di esternare le proprie emozioni anche con le lacrime.

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    1. Giusto, giustissimo, ma io ho avuto due motivi non semplici:
      Negli anno 30-40 appena nascevi eri un soldato, un foglio della lupa, nessuno aveva i capelli lunghi, ma mamma voleva una femmina. Se al mio aspetto fisico avessi aggiunto una lacrima, addio reputazione. Oggi stanno bene da prima della nascita, e poi il sesso te lo scoprono già a 12 settimane.

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  5. Ho pianto molto durante l'adolescenza : sgridate, castighi, ingiustizie varie, incomprensioni , ma il primo pianto disperato e irrefrenabile , sgorgò quando mi lasciò l'unico fratello avuto, il mio cane.
    Ma che te lo dico a fare…
    Cri

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    1. Appunto, che me lo dici a fare...?
      So quanto ami Lilla, mi figuro quanto tu amassi tuo fratello. Se apprezzi le bestie e le tratti alla pari con te, loro ti ridanno il doppio anche se dovessi trattarle male. E non ti dimenticano mai.

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  6. Ma chi è sto/a stronzo/a che lascia veleni per gli animali!?!?
    Mamma mia mi dispiace tanto Vincenzo.
    Ti capisco molto perché tempo fa un mio caro zio, che purtroppo ora non c'è più, mi regalò una gattina, piccola e nera.
    Io e mio marito la crescemmo con tanto amore. Vedessi che meravigliosa creatura!
    Purtroppo credo che sia stato avvelenata perché un giorno tornò a fatica, nel nostro cortile, in fin di vita, quasi a volerci salutare prima di morire. Una cosa straziante che non dimenticherò mai più per tutta la mia vita. Sapeva che stava morendo ma tornò da noi per l'ultimo saluto...😑😣😯😓😔😢
    Bisogna piangere Vincenzo, loro lo meritano.
    Ciao e parole grandiose le tue qui riportate, tra sofferenze e punizioni esagerate che comunque con ti faceva sgorgare una lacrima. Come un grande uomo dei tempi andati, sospeso tra coraggio ed orgoglio. Sempre bello leggerti, Grazie!

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    1. Il fatto è antecedente al mio matrimonio, dopo non potetti più aver gatti perché AnnaMaria era allergica a tante cose, tra cui i peli della pelliccia dei gatti.
      l'avvelenatrice, anche se non potei mai provarlo era tna stronza che non sopportava il malinconico miagolar notturno dei gatti maschi in amore. Quello é un richiamo cui la sposa cercata non resiste a lungo, e curiosa com'è esce a vedere ci è il pretendente e lui se la pappa, dopo un corteggiamento molto intenso, che dura però mica tanto.
      Micione tre o quattro notti si diede da fare come un tenore che prova una romanza. L'ultima notte nulla. Pensai che avesse trovato quella giusta. Invece stava malissimo. Aveva mangiato il boccone avvelenato e stava morendo. Graffiava alla nostra porta per farsi aprire e non erano nemmeno le cinque. Sentii e capii che qualcosa non andava per il giusto verso. Quando aprii stava sdraiato a pancia sotto sul nostro stuoino, non si lamentava quasi più, solo sbavando schiuma gialla. Avevo in casa un antiveleno: riuscii ad infilargli in bocca direttamente gocce, che sapevo amarissime. Non reagiva proprio più. Lo portai sul divano e mi sedetti accanto a lui. Mezzo morto e mezzo addormentato si irrigidì tutto alla fine, emise un lamento profondo, mise la testa dentro la mia mano e rimase fermo così, finché capii.
      Anche lui venne a morire da me, che lo avevo sempre accudito perché era straordinario.
      Certa gente andrebbe ammazzata immediatamente.

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  7. Caro Vincenzo, mi spiace infinitamente per il tuo amato gatto, purtroppo la piaga dei bocconi avvelenati è sempre presente...con la sua infinita cattiveria. A casa ho due cani, una gatta ed un "tartarugo", so che esseri meravigliosi siano e come son capaci d'amare. Offrono molto più di ciò che ricevono, vero, e non tradiscono. Indifesi di fronte alla crudeltà. Si piange Vincenzo, si. Sinceramente penso che piangere sia da "forti", non il farlo per qualunque cosa, ma farlo senza paura di giudizio, senza sentire intaccata per questo la propria forza interiore...sì, è da persone forti che conoscono se stessi, danno nome e sfogo anche al dolore. E poi continuano. Vanno. Portando certi ricordi, certi Amori dentro il cuore.

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    1. Fortunatamente qui dove vivo, in mezzo ai tedeschi, questa stupida e meschina abitudine non c'è. Qui chi acquista un cane o un gatto non lo fa per farsi quattro risate quando vuole lui e poi lo sbatte fuori casa quando non si vuole divertire più. Qui c'è gente che porta il suo animale dal veterinaio a vaccinrlo, a curarlo, a farlo addormentare se è ammalato definitivo e incurabile per non farlo soffrire, e sono parcelle dolorose, ma quello è l'unico modo di tenere un animale domestico, con come avviene da noi, dove spesso nemmeno il cips coi dati personali hanno. Se si vuole un animale in casa lo si deve accudire quando serve, minimo una volta ogni sei mesi, altrimenti lo si lasci nel canile municipale, e poi si può anche piangere quando se ne va per sempre perché hai perduto un vero amico.
      Piangere per ogni aggressione di pulce `cretino, ma piangere dando sfogo alla propria anima significa forza, hai ragione; non ce se ne deve vergognare.

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