giovedì 11 maggio 2017
DOMANI NASCERÒ
Domani nascerò.
Domani, certamente.
Ora mi basta sapere che è iniziato
il conto alla rovescia di cui mi aveva
parlato qualcuno, là da dove vengo,
quando mi sono capovolto
a testa in giù
dentro la buccia di questa ragazza,
dove ho imparato a pensare e a ridere
e a piangere da solo.
Qui si conclude il racconto
di chi sapeva, là da dove vengo;
non ricordo più niente
di allora, solo questo vaticinio,
solo questa voce che mi sussurra che tutto
avrà inizio quando infilerò
capovolto con la mia testa immobilizzata
e il corpo tutto un fremito
un tunnel odoroso
senza potermi più muovere,
e dipenderà tutto da lei,
da questo mio guscio
improvvisamente silenzioso
denso di questo profumo
che ora sento.
Finora tutto è andato come mi è stato detto:
come posso dubitare del resto?
Lei. Farà tutto Lei,
mi ha detto il mio suggeritore,
io dovrò solo assecondarne gli sforzi
e il dolore fino alla libertà.
Poi cesserà il suo odore nel mio sangue,
io smetterò di pensare,
di ricordare,
di gioire beatamente spensierato;
incomincerò a vivere.
Vivere,
capirò poi cosa significa.
Mi han detto:
"afferrerai la vita col pianto.
Fidati, andrà proprio così,
pianto e sorriso combinati in modo
che tu non possa mai
riconoscere dove l'uno comincia
e l'altro ha fine.
Fidati e adesso vai da Lei."
Sono andato,
ho fatto il bravo
e tutto si è avverato
come promesso.
Adesso aspetto domani
immobilizzato e attento.
Domani quando nascerò.
***
Maximiliansau, 26 marzo 2017
***
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Bello scritto da un'altra prospettiva
RispondiEliminaDa qualche parte ho letto che nelle ultime settimane il nascituro è in grado di pensare. Sono riusciti a monitorare impulsi elettrici in risposta a sensazioni provocate nel feto che corrispondono a reazioni ed a pensieri. Mi sono immaginato là dentro a memorizzare suoni profumi e atteggiamenti, come di chi si chieda cosa ci faccio io qui?
EliminaMi è sembrato interessante, almeno dal punto di vista squisitamente poetico.
infatti è molto bello
EliminaLasciami compiacermi del tuo lusinghiero giudizio. Vielen Dank.
EliminaNon solo hai scritto questa poesia mettendoti sotto un'altra prospettiva (quella del nascituro) ma l'hai fatto con originalità e tra l'altro anche in modo lieve, e poi quel finale, al contempo drammatico ma anche liberatorio della morte per rinascere come un ritorno al passato abbracciando il ventre di madre terra. Bella lirica.
RispondiEliminaDovevo immaginarmi una tavola piatta, la conoscenza, ma non è assolutamente possibile per chi, come noi, ha un universo di cognizioni e di sensazioni da tempo catalogate. Allora ho provato a dare una conoscenza precedente la vita, che istruisce fino all'uscita alla luce il futuro essere umano.
EliminaI tuoi commenti li assaporo lentamente, dato che tu vai oltre i testi e arrivi all'origine della mia intuizione creativa. Questo l'ho notato fin dall'inizio e tu...non ti smentisci mai.
Questa prospettiva è favolosa. Si sente la mente maschile. Una donna avrebbe parlato più di sogni e speranza. Un uomo è sempre più pragmatico.
RispondiEliminaE bravo Vincenzo
Beh, hai ragione. Immagino una donna a scrivere un testo simile, ci sarebbero dentro tutte le sue speranze di ever generato un piccolo genio, un artista, un musicista, magari UNA musicista, UNA scrittrice che diverrà famosissima. Immagino mia madre quando aspettava me ardentemente sperando di generare una bambina, gentile come lei, affettuosa come lei, bella come lei. Per poi affezionarsi ad aeternum di un maschio irascibile come me, borbottone come me, scassaminchia come me.
EliminaCiao Pat
Vedi che il pianto ti era consapevole - una volta almeno -, e il rievocarlo può aiutarti a ridargli del tu, a sollevarlo dall'imbarazzo dell'ignorarlo, del non riconoscerlo.
RispondiEliminaVerissimo, prima di nascere certamente l'ho imparato. Non è una battuta. Lessi alcuni anni fa una ricerca della Università di Boston, collegata con colleghi di Berlino e Londra, dove tra l'altro si diceva che i feti alla diciottesima settimana sanno distinguere tra il pianto, che usano spesso, ed il riso, che fanno a squarciagola ogni tanto.
EliminaMa già a pochissimi mesi di permanenza su questo globo terracqueo mia madre mi diceva che urlavo di rabbia, ma raramente piangevo. Ho centinaia di foto fattemi da papà -bravissimo fotografo dilettante- dove esibivo un muso (grugno a Roma) duro durissimo. Insomma ero già ingrugnato. Mostravo di avere capito in che guaio mi ero cacciato.
Comunque tranquillo, io piango dentro. Quel sentimento è secondo me troppo personale da esibire in pubblico, o anche da solo. Troppo intimo da lasciarlo trapelare.
Sempre un tuffo al cuore mi creano i tuoi versi, e anche molte domande sulla reponsabilità di aver scelto anch'io che della mia buccia si leberasse un essere nuovo.
RispondiEliminaCri
Sono lieto di provocarti un tuffo al cuore, perché te ne accelero i battiti e ti miglioro la circolazione.
EliminaLe domande fatte a posteriori -quando i buoi hanno abbandonato la stalla di cui hai dimenticato la porta aperta- sono salutari e mlto impegnative. Generalmente te le poni quando avverti di avere sbagliato qualcosa.
Nel tuo caso, vedendo e valutando ad occhio il prodotto che si è liberato dalla tua buccia assai aiutato da te nella liberazione, non mi sembra che tu abbia fatto nessun errore. Direi che ci hai azzeccato. Vanne giustamente fiera, soprattutto dopo che il tuo cucciolo, una volta cresciuto, ha liberato a sua volta due bellissime cucciolone.
VIN