lunedì 30 aprile 2018

DAVANTI AL LAGO DI BOLSENA 1944

Zampilli di granate
traccianti, rane
ammutolite nello stagno,
gatto aderente alla mia coscia destra
occhi spalancati a fare entrare
tutto il buio possibile,
lui frequentatore di tedeschi imberbi
e ubriachi che il suo pelo tigrato
rincorrevano con le calibro 8,5 dei loro Mauser
mai facendo centro,
per eccesso di vecchia birra
e di pessimo vino
-solo tre giorni avanti e adesso
di sicuro morti ammazzati-
e il gatto a stomaco vuoto ma vivo.
Una notte intera
e poi il silenzio e niente
da mangiare qui in tutta Valentano
e Toto e Lisetta abbracciati in fondo
alla grotta che si cercavano là sotto,
nell'ansimare della morte di fuori,
forse nemmeno mezzo chilometro
distante.

E qualche mese dopo in fondo
alla stessa grotta mio fratello,
resuscitato dalla Campagna di Russia,
trovava da Antonietta
quello che Toto cercava;
e io sdraiato all'ingresso del grottino
a montare la guardia
per guadagnarmi due lire d'argento,
ma senza gatto, sazio di topi
e di avanzi di carne di maiale
cotta nel pomeriggio.
E questo è quanto non scorderò mai più
di quell'intermezzo di vita
con vista
del lago di Bolsena.


Scritta a Maximiliansau il 27 aprile 2018

*****

20 commenti:

  1. A volte ciò che si è solo immaginato è il più tenace dei ricordi , perchè la fantasia è più intrigante della realtà visiva
    Come sempre, le tue parole e le immagini che proietti, riescono a far percepire le emozione che hai provato.
    Cri

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi diventi molto attenta ai problemi spirituali, come i ricordi di un'infanzia che non ha uguali con quella piatta dei ragazzini odierni. I miei 10 anni imparagonabili con quelli dei miei nipoti, soggiornati ieri per tre ore a casa nostra senza fiatare, intenti solo ai giochini dei loro Tablet (!).
      Rintracci le mie emozioni 74 anni dopo perché sono ancora cose accadute ieri nella mia memoria inalterabile.

      Elimina
  2. Credo che certi momenti non si possano mai dimenticare. Si assopiscono solo col tempo ma alla prima occasione zac! e saltano fuori come grilli.
    Bei ricordi nonostante il periodo infausto

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche se il periodo era infausto, anche se camminavamo tutti con la testa girata verso il cielo ruotandola da destra a sinistra e viceversa perché dal cielo veniva la morte, anche se non si mangiava che mezza volta al giorno chi con un accetta infilata alla cintola, chi con un coltellaccio per avventarci sulla prima carogna di animale abbattuto da pallottole o schegge impazzite per staccarne pezzi e ossa, tuttavia io avevo solo dieci anni e trovavo anche il modo di giocare ogni tanto alla guerra francese o a pallone con un pallone riempito di stracci. Tutti davanti al piazzale della Chiesa Cattedrale col naso in su un minuto sì e uno no, pronti a veri fugoni quando appariva un aereo, che sicuramente era americano perché nostri non ce n'eran più ed i pochi tedeschi svolazzavano più alti che potevano.
      Hai ragione: tempi che non posso scordare. Indimenticabili.

      Elimina
  3. Da piccola, senza tablet allora, di memorie di guerra ne ascoltavo tante. Ritornavano altri, ricordo la frase che più di tutte mi ha segnata: Ah, bisognava conoscerlo prima.
    Perché dopo non non resta traccia del prima. Questa è la guerra.
    Come gli "occhi spalancati a fare entrare
    tutto il buio possibile".
    Intensa!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Verità sacrosanta. Quando mio fratello partì nel '40, aveva appena venti anni, una massa di capelli nerissimi, nemmeno una ruga in faccia ed un sorriso incantevole. Era veramente bello il mio fratellone, il mio idolo. Una licenza, due, poi via nel 1942 per il fronte russo.
      Subito il disastro. Un anno e mezzo senza ricevere notizie, solo una lettera dal Ministero della Guerra: "disperso in Russia", una delle centomila gavette di ghiaccio. Sbarcato di nuovo in Puglia si aggregò alla VIII Armata e lentamente se ne tornò indietro, facendo l'autista di un automezzo in retrovia.
      Rivederlo e NON RICONOSCERLO fu tutt'uno. Magrissimp, senza capelli, pieno di rughe e, soprattutto, Polo Nord e Polo Sud con l'uomo che era partito quattro anni prima.
      Rimaneva minuti in silenzio sul suo letto in posizione fetale, poi d'improvviso scatarrava saliva sulla parete che sembrava non finisse mai più.
      Dopo tanti anni riuscii a fargli raccontare cosa fosse successo. Parlava a ruota libera per una ventina di minuti, arrivava alla ritirata e si bloccava. Muto. Dopo un po' cominciava a piangere e si chiudeva da solo in camera.
      Veramente aveva gli "occhi spalancati a fare entrare tutto il buio possibile.
      Grazie Santa.

      Elimina
  4. Resto sempre sospesa, quando "ascolto" i ricordi della guerra, tra domande e pensieri. Mi faccio tante domande a cui non riesco a dare una risposta e neanche ne faccio perché conosco già le ovvie risposte, sempre le stesse. Si doveva andare avanti, bisognava avere coraggio, fare le scelte giuste, nascondersi se necessario...
    Ma la domanda maggiore è come sarebbe stato se fossi stata io al vostro posto? Quale sarebbero stati i miei comportamenti e quali le mie scelte? L'unica risposta è sempre stata solo una, avrei fatto tutto a modo mio. Chissà se sarei riuscita a sopravvivere.
    Sempre belli ed a volte complicati per me i tuoi versi.
    Ti abbraccio Vincenzo, grazie.

    RispondiElimina
  5. Una cosa nessuno dice: ogni mattina svegliato guardi il soffitto e gli angoli dei muri portanti per vedere se ci siano nuove crepe. La mia fottutissima paura era fare la morte del topo, soprattutto dopo aver visto estrarre dalla macerie della sua casa Marcellino, il mio migliore amico insieme a suo padre, sua madre e sua sorella.
    Poi iniziare la giornata andando a scuola camminando raso muro per la via più stretta con le orecchie diventate conchiglioni per ascoltare un suono, quello solo, di un aereo in avvicinamento. e tenere d'occhio ogni sporgenza o portone per sparirvi dentro.
    Ti racconto questa. In quattro della mia età con una grande cesta eravamo andati in campagna per rubare ciliege. Era giugno quindi.
    Tornavamo con la cesta piena camminando ai bordi della strada.
    Ci fermammo perché una colonna di quattro camion tedeschi arrivava alle nstre spalle. Tre insieme e uno staccato di una cinquantina di metri. A un tratto si buttarono tutti fuori strada e i soldati uscirono di corsa fuggendo nei prati. Noi non aspettammo due secondi: mollammo la cesta e ci nascondemmo sotto l'ultimo dei camion, che ci stava più vicino. Un attimo dopo già fischiavano proiettili coi loro sibili assordanti. Durò cinque minuti, non era solo un caccia ma almeno due. Rimanemmo lì sotto mentre i tedeschi riuscivano dai loro ricoveri. I tre camion più avanti erano tre rovi di fiamme e carcasse. Solo il nostro era intatto. Quando i tedeschi si accorsero che sotto c'erano quattro mocciosi, ridevano come matti. Un graduato prese me per un braccio, mi tirò fuori, alzò il telone e mi sollevò per le ascelle per farmi vedere quello che c'era dentro: GRANATE DI ARTIGLIERIA, tantissime. Sarebbe bastato che uno di quei proiettili centrasse il camion e di noi quattro non avrebbero trovato nemmeno in ossicino. Videro il cesto e ci mettemmo tutti a mangiar cerase.
    Questa è la guerra, Pia. Non sapevi mai alzandoti se avresti di nuovo dormito nel tuo letto alla sera oppure sotto terra.
    Ciao sorellina di Maria.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Senza parole...
      Ecco queste son le cose che amo "ascoltare", voi siete eroi della vita.
      Grazie Vincenzo, smack!

      Elimina
    2. Dici? Non mi sento un eroe, ma un predestinato. La bomba che ha sfiorato il cornicione di casa mia portandosene via un pezzo e poi andando ad esplodere 200 metri dopo dentro la cucina della casa di Marcellino poteva scoppiare cinque metri sopra la nostra testa e ti saluto stella.
      Ma non era solo quello: era la fame boia, erano i pidocchi. C'era sempre un paiolo pieno d'acqua e varechina sul fuoco che bolliva. Dentro bollivano maglie e mutande. Mezzora. Poi tiravi fuori, lasciavi asciugare e rindossavi le maglie. Pochi minuti dopo qualcosa ti pungeva sulla schiena e ricominciavi a grattarti. Arrivava mamma con il pianto negli occhi, ti spogliava di nuovo e cerca cerca, tirava fuori il pidocchio ancora vivo.
      Questa è la guerra e mi fanno ridere Trump e Notarniau, che la farebbero a tutti sti deficienti.

      Elimina
  6. Immagini forti che ricordano un periodo storico che è drammatico.Il ricordo di tuo fratello (se ho inteso bene i tuoi versi) è forte e strazia il cuore, lo strazia e lo intenerisce al contempo. I tuoi versi sono sempre taglienti ma questa volta si avverte anche una nostalgia nel ricordare momenti duri ma nei quali forse l'umanità vera dentro il buio della guerra, usciva imperante con momenti di grande forza. Oggi siamo avvolti dalle tenebre ma nessuno lo capisce e la solidarietà . l'amore e la passione per la vita sono solo un vaghi ricordi appassiti nel tempo.

    RispondiElimina
  7. Hai inteso benissimo. Dalla Russia tornò una larva, non mio fratello ma la sua pessima copia. Mia madre riprese vita in un sol colpo dopo essere morta ogni giorno per un anno e mezzo. Ma il ragazzo era distrutto, uno straccio sporco. Le cugine di mia madre cercarono di tirar su un uomo di 25 anni trovandogli una ragazza. Durò pochi mesi, perché il suo cuore era arido.
    Hai ragione: tutta crudeltà ed egoismo ciò che è rimasto oggi in queste generazioni in avaria. Mi pare proprio che manchi la passione e l'amore come dici tu.

    RispondiElimina
  8. Scusami Enzo per l'assenza.
    Torno domani per la tua bellissima poesia.
    Smack.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non c'è niente da scusare. Mi trovi sempre qui, al solito indirizzo.
      Bacio.

      Elimina
    2. Una delle tue poesie più belle.
      In questi anni ho avuto modo di leggere molto dei tuoi ricordi legati al periodo della seconda guerra mondiale.
      Ma la tenerezza che mi hai ispirato questa volta, pensando a te piccino, che proteggevi tuo fratello, non l'avevo provata mai.
      Questo è essere poeti.
      Bacio.

      Elimina
    3. Ha intenerito anche me ricordando quel fatto in quella grotta, la stessa dove ci eravamo riparati noi ed i nostri parenti locali per salvarci dao bombardamenti. Allora da dove stavo non capivo il senso del loro ansimare, ma ti giuro che non stavo lì una mattinata solo per le due lire d'argento. Mia madre mi ha sempre raccontato di aver sopravvissuto a quell'anno e mezzo di silenzio assoluto di mio fratello chiedendomi cosa mi dicesse il cuore. E io allora rispondevo sempre: "il cuoricino mi dice che Dado è vivo". Con quella parole l'ho mantenuta in vita.
      Grazie delle tue parole. Di te mi fido, non incensi mai e dici proprio quello che pensi, sempre.
      Bacione.

      Elimina
  9. Bella! Il lago di Bolsena lo conosco bene, ci andavo a fare il bagno da piccola e meno. Non distava che venti chilometri da casa.

    RispondiElimina
  10. Bellissima, ha qualcosa nella forma che si allinea alla perfezione al tempo del tuo racconto.
    Un abbraccione

    RispondiElimina