martedì 16 gennaio 2018

CANTO DEL TEMPO NUOVO

In questa Italia io vivo che non crede,
in questa Italia che non vuole, che non può,
che non sa più camminare,
non sa più respirare, in questa
Italia che muore, che è già morta,
che non vuole risorgere ma restare
distesa nel buio lungo il millennio che sarà.
Tutto quello che mi circonda, tutti
quelli che convivono insieme a me, almeno
i pochi cui è rimasto il senno,
concordano nel disperato
tentativo di rimanere in equilibrio
su un suolo trepidante, che trema come
il cuore di un piccolo uccello
che ascolta battere le ali del predatore
affamato. 
Forse proprio questa paura diffusa che vibra
sospesa sopra le cime degli olmi e dei pioppi,
ne attacca gli ultimi rami,
scivolando poi lungo i tronchi e discendendo
alle radici, fa scaturire 
un torrente da terra oleosa
che imputridisce i prati, scolpisce solchi
e forre, spinge le sue luride acque
tra dirupi e salti sassosi, si disunisce in rivoli,
si riaccartoccia tra le sue sponde in un'unica
massa maleodorante e densa,
arriva al fiume e qui si lascia estinguere.

Un altro torrente nel frattempo dirompe
tra le rocce e gli spigoli di una montagna
incontaminata. Scaraventa acqua
limpida, gelata e trasparente
tra rami obliqui e scogli mai toccati;
scivola evitando le trappole di muri
ghiacciati, di livide pareti di marmo
lo stesso fiume raggiunge e lì si tace.
Ancora un torrente esplode da dove rifiuti
tossici sono stati sepolti. Il liquame
si avventa fuori con impeto selvaggio,
raccogliendo nella sua corsa tutto
lo squallore seminato da decenni d'incuria,
di sozzura, da macerie di terremoti,
da carogne insepolte e d'erbe morte;
si tuffa nel fiume e in esso muore
perché il fiume è immobile, non scorre
non travolge sponde e campi, ponti
sospesi e muri di contenimento.
Il fiume è fermo, non cerca il mare come
sbocco oppure un lago.
Il fiume non scorre, è immobile,
è morto.

Sul fiume senza movimento si fece giorno
e il sole dardeggiò senza opposizione, l'acqua
divenne fuoco; poi di notte il fiore
dell'acqua congelò, poi tutto il fiume
fu di ghiaccio e le onde anche se assenti
impietrirono, e le rive sabbiose ed il fondale
da sempre inesplorato e intatto.
Dopo mille e poi mille alternanze di fuoco
e di ghiaccio il fiume si ridusse
ad un unico blocco di marmo sporco.

Per riuscire a scrivere di questi argomenti
e rimanere indifferente
devo risultare odioso perfino a me stesso,
perfido in assoluto, schifosamente cattivo
per cui sputare bile che avveleni.
Lungamente mi sono esercitato all'odio
e alla perversione, sono oramai quasi
perfettamente abietto, diventato un mostro
aberrazione del genere umano,
fornito di mille facce e mille lingue,
allenato giornalmente da perfidi esecutori
di delitti premeditati e programmati
da altri nei secoli futuri, che già stanno
arrivando, che sono già memoria.
Ignoro oramai chi sono io,
ignoro quali sacrifici mi chiedano
queste divinità inappagabili
annidatesi dentro di me,
quali sortilegi ancora produrre, quali
menzogne ancora raccontare
per sopravvivere, forse in eterno,
spalancando voragini all'alba
richiudendole al tramonto
per nottate monotone e lentissime.

Importa solo non perdere 
la faccia; rinnegare gli amici
si può; cambiare bandiera
è lecito; dimenticare tua madre,
tuo padre, le origini tue è lecito,
è giusto, è santo se questo
ti fa balzare in testa al gruppo,
perché nessuno verrà mai a farti
domande irriverenti
quando avrai saldo tra le mani
il timone della grande barca.
Un ligneo vascello come quello
che trasse Enea sul litorale deserto di Roma
ancora ignota e non edificata dalle onde
dello Scamandro insanguinato,
solca adesso le acque inviolate
scaturite da me per me,
mentre attendo che un nuovo Zeus
più giovane e bellicoso
si rimpossessi del suo comando
riproponendo una religione
tenuta nascosta sotto i templi dorati
della perdizione, ove quotidianamente
crocifiggono il Profeta che osò
vantarsi d'esser Dio, piovuto di nascosto
in mezzo a noi. Che Zeus lo distrugga
e lasci riemergere dal fango libertà negate,
strappando veli e stracci neri come la notte,
lasciando ignudi i corpi delle fanciulle intatte,
radendo al suolo i simulacri osceni
dell'odio e delle falsa verità.

Evocate adesso i vostri incubi perché li chiuderemo
insieme ai miei in un sacco impermeabile,
che abbandoneremo sul fiore delle onde
seguendolo a vista,
pronti a tirarlo a bordo se dovesse
dar segno di inabissarsi
perché gli incubi sono parte della nostra vita.
Nati dagli errori ripetuti, irreparabili,
dagli spigoli aguzzi non visti e centrati
in piena fronte,
dall'aver constatato le nostre infinite
debolezze, le nostre sciagure,
le nostre disfatte, le fughe rovinose
inseguiti e raggiunti dal nemico folle
della nostra esistenza: la paura.
Non abbandonerò le prove dei miei insuccessi,
non abbandonerò le angosce
che hanno segnato i miei giorni e le notti
finora, tenacemente lasciando scaturire
da ogni mia fibra la certezza di vivere
questa vita malsana, ma autentica,
mai falsa, mai negletta, sempre
respirata a pieni polmoni
nel rimbombare pulsante del sangue.

Ho incominciato un sogno nel secolo scorso:
io voglio che duri fino al mio ultimo giorno
e non importa se finisse con un insuccesso
purché io possa continuare
a vivere sognando.
Chi vuole sognare insieme a me 
salga sul mio battello:
è tutto kostenlos, ma chi sbadiglia
dovrà saltare in acqua immediatamente.
Oramai immobile nel tempo come una foglia
senza vento io aspetto solo il momento 
di dire l'eterno riposo mi sia donato,
risplenda anche per me la luce eterna,
tanto nessuno potrà mai togliermi
quello che ho scritto, 
quello che ho dipinto,
quello che ho amato
e quello
che ho pensato.


*****
Maximiliansau, 16 gennaio 2018

*****







28 commenti:

  1. E prendiamolo sto battello e torniamo a quel punto del Rinascimento dove l'Italia invece che andare avanti sbagliò strada e tornò al medioevo.

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    1. Mi hai fatto fare una bella risata: di sicuro ripartire dal Rinascimento sarebbe un'idea geniale. Ma forse non c'era tutto da buttare nell'Italia del dopoguerra: la gioia di essersi liberati da una dittatura che aveva commesso il delitto di mettere fratelli contro fratelli; la speranza nel futuro radioso che sicuramente ci aspettava e che in fondo ci meritavamo; l'operosità creativa che mai nessuno ha disconosciuto al nostro popolo e che infatti ci ha permesso di risalire la china. Ma purtroppo ben presto la classe dirigente, i politici, cominciavano ad intrallazzare ed ha creare la Casta, l'inizio della fine, cui nessuno di noi ha avuto il coraggio di opporsi adeguatamente. Tutto il resto lo conosciamo. Siamo arrivati al deficit mostruoso che abbiamo e che ci vieta di eliminare la tassazione più alta in Europa. Se penso che ben due volte, nel 1960 e mel 1964, la Lira è stata premiata come la moneta più stabile e più solida al mondo mi chiedo come in una diecina d'anni abbia iniziato la discesa rovinosa che solo l'Euro ha frenato con tassi di inflazione sempre a doppia cifra.
      Ecco: io ripartirei dal 1964.
      Grazie del tuo intervento, Anna.

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  2. Ma è bellissima, un testamento spirituale di cui andare orgoglioso. Versi gagliardi, vitali, seppur venati da stille di toccante spiritualità. Complimenti.
    sinforosa

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    1. Ci ho messo l'anima e la condizione attuale del mio spirito, Sinforosa. Sono soddisfatto anche che tu ci hai intravisto "stille di toccante spiritualità", perché me ne sono accorto io stesso rileggendomi.
      Grazie delle tue parole.

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  3. S - T - R - A - O - R - D - I - N - A- R- I - A!!!! Intensa, sociale, epica nei suoni ed in certi passaggi ma al contempo moderna nel linguaggio, densa di verità contenute dentro metafore eccezionali. Aspettami vengo anch'io su quel battello che quasi ricorda l'arca, perché chi vuole salirci si salverà da questo orrore che è la nostra società mantenendo i propri sogni di vita e di futuro fino alla fine, e cercando di realizzarli per se stessi e per gli altri. E preparati a condurre quel battello per ancora molto tempo.

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    1. Ogni volta che leggo un tuo commento ad una mia poesia mi rendo conto di quanto il tuo esser poeta vero indirizzi il tuo pensiero e le tue capacità interpretative. Perché tu con poche parole di assoluto nitore sei andato al cuore di ciò che io intendevo dire: la disanima anche crudele di verità da poter guardare con distacco che però manca per l'emozione che mi dà il parlarne e quindi da questo l'uso
      voluto di matafore, come quella del battello. Sapevo che ci saresti salito: il tuo posto è accanto a me e a tutti coloro che non si aziano solamente di guardare lo sfascio e criticarlo, rimanendo seduti co le mani sul ventre.
      Non avevo fatto caso, lo apprendo così da te, che "quasi ricorda l'Arca". E allora speriamo che così finisca e che il sole di nuovo torni a risplendere non già soltanto "sulle sciagure umane" ma su una vita nuova e meravigliosa.
      Grazie, Daniele, per le commoventi parole e per l'augurio che mi fai di lunga vita. Altrettanto a te.

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  4. Non so cosa scriverti Vincenzo. Ci sei tutto tu e la tua bravura nell'espressione...
    Grazie imparo molto da te. Abbraccio forte!

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    1. Non hai bisogno di cercare paroloni evoluti, mi basta il tuo stupore che è sempre genuino come te per rendermi felice. Tu sei un regalo del web, sorellina, e credimi che così come sei basta ed avanza.
      Ciao, sorellina di Maria.

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    2. Lo sai che l'onore è sempre stato mio...notte notte Vincenzo.

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    3. Diciamo allora che è di entrambi, va bene?

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  5. Ciao nocchiero.
    Mi fido di te e salgo a bordo per respirare assieme l'aria salmastra che ci porterà in luoghi incontaminati , luoghi che solo la consapevolezza di un sogno condiviso può raggiungere.
    Un poema!
    Cri

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    1. Grazie per il "nocchiero". Aspettavo anche te, sicuro che saresti salita a bordo. Respireremo insieme quell'aria salmastra che a me manca dagli anni della mia giovinezza;
      il punto dell'orizzonte cui è drizzata la prua non lo vedremo tanto presto, ma laggiù, dove cade il sole con un bel tuffo non c'è solamente la notte tranquilla, ma il futuro. Auguriamocelo almeno molto più luminoso di questo squallido presente.
      E speriamo veramente di poter scrivere insieme un poema nuovo. Grazie del tuo gradito intervento.
      VIN

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  6. Salgo a bordo anche io, preferisco scoprire la tua Italia e i tuoi ricordi e non questo mondo schifoso di oggi :-(
    Bellissimi versi, magistro!!!!

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    1. Certamente, mettiti nei miei pressi, la più giovane vicino al più anziano. Farai come le mie nipoti, che si vengono sempre a mettere vicino a me. Dice che do loro sicurezza. Mi fanno pensare alle pecore che si mettono sempre sotto l'albero più grande, quindi il più vecchio.
      Spero che l'Italia cui credo io ed i miei ricordi ti aiutino nella tua splendida crescita, Lucrezia.
      Ciao e grazie.

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  7. Resto senza parole davanti a versi così intensi e pregni di significato, che dovrebbero far spalancare gli occhi ai finti ciechi su questa realtà che ormai ci sta soffocando. Se c'è ancora posto, io salgo sulla barca e insieme a te e a tutti gli altri continuerò a sognare e lottare per un futuro migliore.
    Chapeau magister!

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    1. Potrei fare la battutaccia alla romana che un uomo che lascia una donna senza parole è un benemerito dell'Umanità, ma non la farò! ah ah ah ah ah!
      La speranza è che qualcuno che non vede oltre il suo naso possa, leggendo poesie come questa, aprire gli occhi e uscire dal suo torpore. A volte succede.
      Certo che c'è posto sulla mia barca. Tu siedi, chiudi gli occhi e sogna insieme a noi "un futuro migliore". Puoi tenere gli occhi anche aperti: io e Daniele Rockpoeta reciteremo le nostre poesie, lui maestosamente come sa fare, io all'inizio incespicando un po' perché mai l'ho fatto, ma voi metteteci del vostro e vedrete che la forza della poesia farà il resto.
      Grazie Ofelia.

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  8. Bellissima, perfetta, dura.
    Una denuncia su un'Italia che sta morendo e che viene fatta languire da un sistema sbagliato.
    Dai, c'è posto anche per me sulla tua barca?
    Baci!

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    1. Una denuncia dolorosa assai, credimi, perché io, trovandomi nella posizione di privilegio di poter guardare il dramma dal di fuori, ne subisco dentro l'anima tutte le ferite ma sono in grado di vederne l'evidenza delle brutture che incombono su di noi, certamente anche su chi, come me, sta al sicuro all'estero. E fa un male da cani non poter far altro che denunciare, con la sensazione di impossibilità di cambiare niente.
      Al sole o all'ombra, come preferisci, in coperta o sotto coperta, come ti fa più comodo per via del mal di mare.
      Ciao.

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  9. Enzo, tu sei un poeta.
    Ma a volte la tua durezza mi sconvolge troppo.
    Ho fatto tanta fatica questa volta ad andare fino in fondo.
    E non voglio arrendermi al fatto che non possa esserci un futuro migliore.

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    1. Mentre la trascrivevo pensavo a te. Mi credi se ti dico che immaginavo la fatica che avresti fatto per arrivare fino in fondo. Di questo ti sono grato, proprio assai.
      La sofferenza che dà il dolore va provata sulla pelle per poterne parlare, ma se ne deve parlare, anche con estrema durezza per evitare che non finisca mai e che i nostri figli abbiano a soffrire perché noi ci siamo nascosti per ignavia, o per viltà.
      Essere vigili adesso, combattere oggi una battaglia cruenta contro tutto e tutti, soprattutto contro il lassismo di chi dice -e stiamo parlando almeno del 45% della popolazione che bene o male ha la pancia piena ed un tetto sopra la testa e si astiene dal voto "tanto non cambierebbe nulla"- ha battezzato perduta questa nazione e non più da salvare, per poter aiutare tutti insieme a creare un futuro migliore per le prossime generazioni di gente incolpevole.
      Se sono un poeta, in artista ho l'obbligo di gridare forte e con durezza estrema i dolori e i danni che stanno distruggendo questa nostra Italia, nazione di millenaria immensa cultura, storia e tradizioni. Pensa al Rinascimento che ha segnato la fine del Medio Evo e della Barbarie. Qui i Romani importarono la Cultura dei Greci -sensazionale dimostrazione di intelligenza e di profondità di vedute- Da qui esportarono la loro civiltà ed il Diritto Romano, che vige da allora in tutto il mondo civilizzato, perfino in Cina. Qui hanno lavorato i più grandi artisti, la maggior parte italiani. Se non lo hai ancora fatto leggi "Viaggio in Italia" di Wolfgang Goethe, e guarda cosa scrive il più grande poeta tedesco ed uno dei massimi poeti del mondo.
      Siamo noi oggi, te ed io e i tantissimi che come noi la pensano, che dobbiamo fare più degli altri, e dobbiamo metterci il cuore, il fegato e pure gli intestini per riuscirci.
      Dai Mariella, che sei una gran bella figura tu. Non ci lasciare soli.

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  10. arrivo tardi ma arrivo.
    Che dirti? Rabbia e dolore comune a tanti. In pochi però lo tirano fuori questo veleno che corrode l'anima e corroderebbe anche chi di dovere se fosse tanto.
    C'è ancora posto sulla tua nave, novello CAronte?


    Aah, dimenticavo! COMPLIMENTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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    1. Sì lo so: hai impiegato una fatica da cani a farti entrare i jeens del 56 che diventano di giorno in giorno più stretti...:-)))
      Ben arrivata comunque.
      Come dicevo sopra a Mariella, qualcuno lo deve tirar fuori fino all'ultima goccia questo veleno, e chi se non i poeti, gli scrittori, gli artisti, che da che mondo è mondo si sono proclamati difensori della bellezza, dell'arte, della giustizia. E chi legge deve poter entrare in simbiosi con queste idee prorompenti, anche se foriere di nuovi dolori e nuove ambascee.
      Ma certo che c'è posto sulla mia nave, ma non chiamarmi Caronte, altrimenti non ci monta più nessuno, oppure farebbero tutti come il Don Giovanni di Baudelaire, che corrucciato scruta l'onda sollevata dal remo del nocchiero, Caronte appunto e non guarderebbero "indove vado e indove li strascino".

      Aah, dimenticavo! GRAZIEEEEEEEEEEEEEEEE!!!

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  11. “Ho incominciato un sogno nel secolo scorso:
    io voglio che duri fino al mio ultimo giorno
    e non importa se finisse con un insuccesso
    purché io possa continuare
    a vivere sognando.”

    Io salgo sul tuo battello, Vincenzo, se non altro per conoscere chi ha dato voce in maniera così straordinaria a pensieri che non saprei come esprimere.

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    1. Posso dire che ti stavo aspettando? Bene, allora lo dico.
      Perché la tua è una voce fuori dal mucchio, come la mia, come quella di pochi, ed alcuni di costoro me li trovo accanto in questo blog che incomincia "a mi piacere", come dice un mio amico catanese esportato in Germania, con ancora addosso l'odore delle zagare.
      Sali dunque sul mio battello, Marina, così ci stringiamo un po' e incominciamo a sognare tutti insieme.

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  12. Una speranza disperata quella che esprimi, l'ultima possibile forse, coperta di sangue e di dolore, ma pur sempre speranza.
    Posso dirlo? l'ho letta trovandola piena di amore per la vita e per questo nostro Paese maledetto e bastonato fino alla morte.
    L'ho letta e non c'è stato un rigo dove non abbia respirato passione, passione forte, quella che sopravvive ad ogni possibile inferno, infine anche alla morte.
    Ti vorrei abbracciare.

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  13. Belle parole di partecipazione che potevi scrivere solo tu, per come io ti conosco.
    "La speme, ultima dea, lascia i sepolcri,
    o Pindemonte". Ce lo ricorda il Foscolo.
    Non possiamo, non dobbiamo abbandonare la speranza, mai.
    Puoi dirlo, certamente: io amo la vita e questo nostro infinitamente tradito paese, da tutti noi, anche da me, perché io vedo l'ignavia dilagante, l'indifferenza trionfante, il qualunquismo che ci fa sbattere la porta di casa in faccia a tutti i problemi che esistono e non vogliamo che esistano perché non ci devono riguardare, me, noi che viviamo all'estero e guardiamo dall'alto dentro l'arena le belve che si azzuffano e si divorano l'un l'altra senza calore umano, senza intervenire, senza tentare di porre fine all'orrore. Adesso capisco i tedeschi di Dacau, di Buchwald, di tutti i paesi nei pressi dei Vernichtungslager, che annusavano l'odore di carne umana bruciata e si tappavano il naso perché NON VOLEVANO sapere, perché volevano vivere e se avessero saputo non avrebbero più potuto vivere. Li capisco ma li condanno, come condanno adesso me e tutti noi che ce ne stiamo con le mani sul ventre ad aspettare...cosa? E questa domanda è la nostra tragedia, Sabina.
    Le tue parole mi danno il conforto di chi sente che ciì che ha scritto è stato pienamente capito. Di questo ti sono grato.
    Anche io ti vorrei abbracciare, per questo tuo atto di amore.

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  14. Iacoponi, giriamo pagina? Mica ti stai impigrendo eh😃😃😃

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    1. Sto scrivendo un testo che mi costa tanta fatica. Mi viene a volte da ridere pensando a quello che sarà il TUO commento quando lo leggerai. Ma non lo sto scrivendo per far star male te, perché per ora ci sto male io.
      Sì, potrei scrivere un raccontino bellino che ho in mente, o trascrivere brani di un manoscritto mai portato alla luce, ma il testo che sto attualizzando mi intriga forte, perché sto evidentemente attraversando un bivio cruciale della mia esistenza.
      Adesso non ci pensare, ci penso già troppo io.
      Tranquilla: il contenuto della mia capoccia ancora funziona.
      Ciao.
      Küsse, Küsse, Küsse.

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